Rifugio Segadelli, cinque senzatetto isolati da due mesi. “Convivenza difficile”
13 Maggio 2020 04:25
“Pensavo e speravo di non vivere mai niente di simile. Questa è un’esperienza che lascia il segno. Sono stato in Africa nelle aree in cui c’era l’ebola, ma questa epidemia è diversa. Aprivo il giornale ogni giorno e nella pagina dei necrologi mi vedevo passare la vita davanti ma non c’era tempo per avere paura. Sono stato troppo indaffarato”. E’ la testimonianza di Gianni Bonadè che dal 2001 con la Ronda della Carità di cui è presidente, gestisce il Rifugio Segadelli, la casa che ospita i senzatetto nei pressi della stazione ferroviaria di Piacenza. Ogni persona può rimanere al massimo sei notti e la struttura apre alle 17 ma da quando è scoppiata l’emergenza, il Rifugio è diventato un fortino blindato. A febbraio c’erano nove persone, un ospite è stato contagiato ed è stato messo in isolamento in un appartamento, tre se ne sono andati volontariamente, gli altri cinque sono rimasti all’interno giorno e notte. Tutti uomini, due stranieri e tre italiani con una media età di 45 anni. Una situazione mai vissuta in precedenza da chi è sempre stato in prima linea come Gianni Bonadè che spiega: “Nella Fase 1 praticamente ero qui giorno e notte. Mi sono occupato di andare a prendere per tutti i pasti alla Caritas, le medicine ma anche le sigarette. Devo ringraziare i volontari che hanno lavorato in questo periodo molto critico, all’inizio è stato complicato anche trovare i dispositivi per proteggerci. La convivenza tra gli ospiti non è stata semplice, parliamo di persone che hanno dipendenze e che sono abituate a vivere in strada. Ci sono stati momenti difficili ma alla fine siamo riusciti a instaurare un dialogo costruttivo ed aprire una riflessione per il loro futuro fuori da qui”. Solo negli ultimi giorni gli ospiti sono tornati ad uscire in modo limitato. Per le prossime settimane la Ronda della Carità sta valutando con il Comune la riapertura del Rifugio.
“Ho visto l’articolo in cui ci si lamenta di chi bivacca sulle pensiline della stazione. Non si tratta di persone senza fissa dimora – precisa Bonadè – sono persone che un’abitazione ce l’hanno e ora girano con poco senso di responsabilità. I veri senzatetto trascorrono la notte in luoghi angusti, e di giorno non vogliono rimanere confinati in quei tuguri o negli anfratti. In generale sono necessari più posti per l’accoglienza dei senzatetto”:
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