Soprintendenza: “Nuovo ponte Lenzino sul tracciato attuale. Altrove è alienante”
25 Marzo 2021 00:05
La ricostruzione del ponte Lenzino, crollato il 3 ottobre scorso, continua a far discutere. Mentre prosegue il cantiere per la realizzazione del ponte provvisorio, che in base al nuovo cronoprogramma sarà pronto a fine maggio, i sindaci dell’Alta Val Trebbia hanno alzato le barricate contro la costruzione del ponte definitivo sul tracciato di quello crollato come confermato da Anas nei giorni scorsi.
Sul tema è intervenuta in una nota la Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio per le province di Parma e Piacenza.
“In merito alla proposta del progetto definitivo per il ponte in questione, si fa presente che fin dal primo incontro, ottobre 2020, direttamente in loco, Anas aveva proposto l’attuale progetto, così come prescelto dagli organi centrali ministeriali, Ministero della Cultura (ex Mibact) e Ministero delle Infrastrutture.
Il progetto proposto da Anas, nel contesto paesaggistico precostituito, ha una triplice valenza: rappresenta il valore storico e identitario contenuto nel profilo di tutela del bene culturale, recupera il documento storico e lo trasmette a chi abita e/o fruisce il territorio. Inoltre il progetto prescelto qualificherà lo spazio che lo circonda evitando di omologarsi a forme appiattite, mute e avulse. Va precisato che per quanto riguarda il profilo geografico contenuto nella tutela paesaggistica, l’attuale assetto stradale, storicamente, si identifica quale miglior soluzione secondo il profilo orografico presente in questo ambito territoriale. Si rammenta infatti, che il tracciato in questione è stato studiato e volutamente scelto alla fine dell’Ottocento, in seguito a valutazioni di economicità, di sicurezza e di minore esposizione al clima invernale, che rappresenta uno tra i fenomeni di maggior degrado del tessuto viabilistico. Qualora si dovesse realizzare un ponte, con un nuovo percorso stradale inseguendo il cosiddetto processo di “modernizzazione”, si avrebbe un manufatto privo della necessaria lettura e interpretazione del contesto paesaggistico, producendo un senso di alienazione sia in chi vive il territorio che in chi lo attraversa, con la naturale conseguenza della perdita valoriale del bene culturale così come riconosciuto nell’atto di tutela del 2010”.
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