Variante indiana, Baldanti: “Non contagia di più. Vaccini ancora efficaci”
27 Aprile 2021 13:00
Due casi di variante indiana sono stati individuati anche nel territorio piacentino. La preoccupazione riguarda la possibilità che questa variante sia più contagiosa e aggressiva di quelle già note, tanto che sono stati bloccati gli ingressi in Italia di persone che negli ultimi 14 giorni sono state in India. Abbiamo chiesto delucidazioni all’esperto, il professor Fausto Baldanti, responsabile del Laboratorio di Virologia molecolare del Policlinico San Matteo di Pavia.
La variante indiana è più aggressiva e più contagiosa?
Al momento sono state registrate nel mondo tremila varianti. Nella prima ondata, nelle prime settimane c’erano sette varianti solo in Lombardia. Le varianti sono intrinseche al Covid. In estate sono aumentate e in autunno, la seconda ondata è stata sostenuta da una combinazione delle varianti. A dicembre è arrivata quella inglese che effettivamente è più contagiosa perché è una mutazione in un punto preciso (posizione 501) della proteina Spike che la rende più “appiccicosa” per il ricettore cellulare e quindi infetta maggiormente. Si sono sviluppate poi altre mutazioni in un altro punto (posizione 484) che non rendono più contagiosa la variante ma hanno sollevato preoccupazione sulla risposta vaccinale: sono quelle brasiliana, sudafricana e indiana. Quella indiana inoltre ha un cambio leggermente diverso in quella posizione ma non ci sono motivi per pensare che i vaccini disponibili perdano efficacia nei confronti delle varianti. Abbiamo dati anche nostri che dimostrano una certa riduzione di efficacia nei confronti di quella sudafricana, ma è solo una perdita parziale e non totale.
Quindi la variante indiana non è più contagiosa e più aggressiva
Non c’è ragione di pensarlo. L’enorme numero di casi in India è perché si tratta di un subcontinente, ci sono un miliardo e 500 milioni di abitanti in un contesto socio-economico e sanitario diverso dall’Europa.
Contro lo sviluppo di nuove varianti occorre vaccinarsi?
La vaccinazione è lo strumento che abbiamo per contrastare questa terribile malattia e va applicata globalmente non solo in Italia e Europa.
Lo scorso anno l’arrivo dell’estate aveva attenuato la circolazione del virus che è tornato in autunno, cosa dobbiamo aspettarci per i prossimi mesi?
Il Coronavirus è un virus stagionale, effettivamente l’estate aiuta. Il tempo estivo però non va sprecato, va usato per aumentare la copertura vaccinale per arrivare con più tranquillità all’autunno-inverno.
Sul fronte Covid quali progetti state studiando?
Una ricerca riguarda la verifica della risposta anticorpale nei soggetti vaccinati: abbiamo completato uno studio sugli operatori sanitari e i soggetti fragili; la seconda riguarda gli anticorpi monoclonali, abbiamo potuto svilupparne uno di origine umana da cellule di soggetti guariti ed è la fusione di due diversi anticorpi monoclonali, va a colpire la proteina in due punti e consente di superare le mutazioni delle varianti.
Una persona vaccinata si può infettare di nuovo?
I vaccini danno una copertura che non è del 100 percento, la possibilità di infezione esiste. Sui 4mila operatori sanitari vaccinati al San Matteo che abbiamo preso in esame, meno dell’uno percento è risultato positivo ma con infezioni asintomatiche o con sintomi lievi. E’ comunque consigliato anche ai vaccinati di portare la mascherina, anche per senso civico, non solo medico.
Rispetto al picco della pandemia oggi lavorate con più tranquillità?
In realtà questo è un virus che ci lascia poco tranquilli. Abbiamo visto la scorsa estate cosa succede quando si abbassa la guardia.
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