La scelta delle “ciappe” frena il cantiere per salvare la chiesa di Peli. Un sopralluogo
04 Giugno 2021 05:15
Sull’altare della chiesa di Peli a Coli si legge, in latino, “Siate pronti perché non conoscete né il giorno né l’ora”, e uscendo dal perimetro sacro questo pare valere ormai anche per i cantieri da tempo attesi per salvare la chiesa. I soldi per sistemare almeno il tetto (fa impressione la croce penzolante dal campanile) ci sono, li ha destinati la diocesi con l’otto per mille, e i lavori sono già stati affidati all’impresa Fedeli di Santa Cecilia. Ma intanto le ferite nella chiesa, che per meraviglia ieri ha lasciato di stucco la responsabile della Soprintendenza Emanuela Rossi qui in sopralluogo, si allargano, andranno puntellate, c’è una questione di sicurezza, ma c’è anche in parallelo la questione della scelta delle pietre con cui rifare il tetto e per arrivare al risultato serviranno test, analisi, campioni.
Non è un caso che il tuttofare della chiesa, Sandro Agnelli, qui nato 77 anni fa, abbia lasciato a testimonianza di quel che andrebbe fatto a Peli un cumulo di macerie cadute ancora di recente, con le ultime piogge. Stanno lì di fianco all’altare, a pochi giorni dai festeggiamenti per la festa patronale di San Medardo, per ricordare la Via Crucis di questa chiesa, che tra le altre cose è anche un monumento alla lotta di Resistenza.
Ieri con l’architetto Mirco Caldini sono state analizzate diverse possibilità, ma la Soprintendenza ad una prima occhiata sembra propendere per un tetto di “ciappe”, anche se queste potrebbero rivelarsi troppo pesanti, per la struttura così cagionevole di salute. Per questo si faranno i test, le prove. L’architetto Caldini ha chiesto che i lavori finiscano “prima della neve”. Il parroco don Roberto Isola mostra intanto un crocifisso antico, nascosto dietro l’altare, dietro una porta; o ancora indica in un affresco stinto San Carlo Borromeo, un’anomalia per la zona. Ogni angolo racconta una storia. “Un pezzo di chiesa che cade qui non è solo un pezzo di muro ma un pezzo di persone, di comunità”, dice.
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