Dall’Ucraina a Gropparello da soli in pullman: due bambini accolti dalla nonna
18 Marzo 2022 05:50
Pensate quanto possa essere difficile per una madre lasciare i propri figli davanti a un pullman, nelle mani di un autista mai visto prima, con la speranza che dopo un viaggio di due giorni arrivino sani e salvi in un piccolo paese di provincia a 1.600 chilometri di distanza dalla propria casa. Probabilmente è stata proprio la speranza a condurre la madre di un bambino di sei anni e di un ragazzo di quattordici a prendere una scelta così difficile. Una scelta dettata dalla volontà di allontanare i figli da un luogo che da giorni non è più sicuro. “Mia figlia con la sua famiglia abitano all’ottavo piano di un palazzo nei pressi dell’aeroporto di Cernivzi, città vicino a Leopoli – racconta con gli occhi lucidi Zinovija la nonna di quei bambini che vive da vent’anni in Italia e da dodici a Gropparello – la loro città non è ancora stata colpita, ma nelle scorse settimane il rumore delle sirene e degli allarmi era sempre più incessante”.
Un suono che fa paura e che scandiva la discesa frenetica alle cantine sotto il palazzo dove la figlia di Zinovija e la sua famiglia si rifugiavano per ore in attesa che l’emergenza missili passasse. La paura che definiva il percorso dall’ottavo piano di casa alle cantine sottoterra ha portato i genitori dei due bambini a prendere la faticosa decisione di dividersi da loro, caricarli su un pullman destinazione salvezza.
Dopo due giorni di viaggio, i due fratelli sono arrivati a Fiorenzuola dove li aspettava la nonna che li ha portati a casa a Gropparello. “Non erano mai stati qui – racconta Zinovija – ma non è la prima volta che vengono in Italia, un po’ di tempo fa, quando sembrava impossibile lo scoppio di una guerra, li abbiamo portati al mare in Romagna”.
I genitori dei due bambini non hanno potuto affrontare il viaggio insieme ai loro figli. Non hanno potuto lasciare l’Ucraina. “Il papà lavora nelle forze speciali dell’esercito, la mamma fa la giornalista per il comando di Polizia. Non possono partire” riporta Zinovija, con uno sguardo che rispecchia, allo stesso tempo, paura e speranza. I due bambini da qualche giorno sono con la loro nonna e per ora riescono a frequentare le lezioni: “il più piccolo fa la prima elementare e segue le lezioni attraverso il computer – spiega la nonna – il più grande che va in terza media le segue con il cellullare”.
Zinovija cerca di non farsi vedere da loro mentre piange pensando a quello che hanno rischiato i due bambini e a quello che rischiano tutti i giorni sua figlia e il marito. L’importante ora è cercare di avvicinarsi il più possibile a una situazione normale, anche se è davvero difficile: “Il più piccolo non ha ben chiaro quello che sta succedendo in Ucraina e quindi è più sereno – spiega la nonna – il più grande è pensieroso e parla poco”. Per fortuna “quasi tutti i giorni i ragazzi riescono a sentire i loro genitori anche solo attraverso dei messaggi, perchè a Cernivzi, a causa della guerra, il segnale non prende sempre”.
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