“Difficoltà a ridurre i cinghiali nel Piacentino”. Incontro in Provincia
07 Giugno 2022 15:56
Il punto della situazione sulle problematiche legate al crescente numero di cinghiali e sulle possibili misure da adottare è stato tracciato ieri nel corso di un incontro nel palazzo della Provincia di Piacenza. Nell’occasione sono state illustrate le modalità autorizzate di intervento ed è stato presentato un primo bilancio relativo all’attuazione del piano quinquennale di controllo del cinghiale in provincia di Piacenza.
Insieme al presidente della Provincia Patrizia Barbieri, al consigliere provinciale con delega ai rapporti con la Regione in materia di agricoltura, caccia e pesca Gianpaolo Maloberti, al responsabile per caccia, pesca e tartufi dello Stacp Enrico Merli e al responsabile del Nucleo tutela faunistica della polizia locale della Provincia di Piacenza, commissario Roberto Cravedi, si sono riuniti alcuni sindaci dei comuni piacentini e rappresentanti di associazioni sindacali agricole, ambiti territoriali di caccia e associazioni venatorie.
Ad oggi è consentita l’attività di controllo in autodifesa da parte dei proprietari e conduttori agricoli, che si possono avvalere di famigliari e dipendenti in possesso della licenza di caccia o di coadiutori abilitati. È inoltre consentito l’intervento da parte degli istituti faunistici (Atc e istituti privati) che si avvalgono di “gruppi di girata” composti da un minimo di quattro ad un massimo di dieci coadiutori sotto la responsabilità di un conduttore di cani limiere: in questo caso non può essere utilizzato più di un cane abilitato limiere.
I DATI – Da inizio anno sono state rilasciate 174 autorizzazioni al controllo della specie, valide fino al 31 dicembre 2022: a fronte di 78 interventi da postazione fissa di sparo in auto difesa sono stati abbattuti solo 10 capi, durante l’esecuzione di 111 interventi con il metodo della girata solo 99 capi.
LE DIFFICOLTA’ – “Risultati – si legge in un comunicato diffuso dalla Provincia – che non vengono considerati adeguati alle esigenze del territorio, e nemmeno lontanamente paragonabili a quelli normalmente raggiunti con altre modalità, in mesi identici, in attuazione del Piano provinciale in vigore negli anni precedenti. È emersa inoltre una profonda insoddisfazione da parte dei rappresentanti degli agricoltori per i tempi tecnici di prelievo, non compatibili con le brevi fasi colturali che ovviamente necessitano di interventi e di risultati immediati. Con l’avanzare della stagione primaverile e l’aumento della copertura vegetale è emersa sempre di più, in sostanza, la difficoltà oggettiva ad attuare il controllo con il metodo della girata e l’utilizzo di un solo cane limiere. La caratteristica copertura vegetativa e le grandi dimensioni degli appezzamenti destinati alla coltura del mais da foraggio e da granella, che caratterizzano in particolare la provincia di Piacenza, non consentono un utilizzo pienamente efficace del metodo della girata a causa dell’esiguo numero di coadiutori utilizzabili e per i rischi che potrebbe correre il solo cane limiere utilizzato. Preoccupa l’estrema difficoltà a ridurre dell’80% il numero di cinghiali nel territorio e quindi ad ottemperare alle disposizioni che il Commissario nazionale per l’emergenza Psa ha dato in considerazione della vicinanza con il focolaio della peste suina africana che ha duramente colpito alcuni territori delle province di Genova e Alessandria.
Durante la riunione è emerso che molti coadiutori volontari addetti al controllo del cinghiale, consapevoli delle difficoltà in cui si trovano ad operare, stanno perdendo motivazione ed entusiasmo nello svolgere tale funzione, e che risulta quindi sempre più difficile garantirne un numero sufficiente ad eseguire gli interventi sia da postazione fissa di sparo in autodifesa che con il metodo della girata”.
I presenti all’incontro di ieri hanno evidenziato, inoltre, che sono pochi i proprietari e conduttori di fondi agricoli che possono attuare direttamente l’autodifesa, o perché non in possesso della licenza di caccia o perché gli impegni lavorativi impediscono ai medesimi di avere il non breve tempo necessario da dedicare a questa attività. Sono anche pochi i cacciatori disponibili ad effettuare gli interventi in autodifesa in sostituzione degli agricoltori perché, a fronte di un impegno considerevole, vi sono risultati non soddisfacenti.
I convenuti hanno pertanto concordato sul fatto che sarebbe auspicabile poter utilizzare un maggior numero di coadiutori, con un impiego numerico di cani adeguato e proporzionale alle condizioni agro-silvopastorali del luogo e del periodo, al fine di rendere più sicuro ed efficace l’intervento di controllo.
Di fronte alle preoccupazioni dei presenti, largamente condivise, l’assemblea ha accolto favorevolmente la proposta del consigliere provinciale Maloberti – che ha ringraziato i cacciatori per il loro contributo – di istituire un tavolo di confronto ad hoc, che avrà lo scopo di monitorare costantemente la situazione e di formulare possibili soluzioni per un fenomeno, quello della presenza della fauna selvatica e in particolare degli ungulati, che è in costante e preoccupante evoluzione.
Il tavolo sarà composto da delegati in rappresentanza di sindaci, Atc, associazioni venatorie e associazioni sindacali agricole, e – per gli aspetti tecnici – dal responsabile per caccia, pesca e tartufi dello Stacp Enrico Merli e dal responsabile del Nucleo Tutela faunistica della polizia locale della Provincia di Piacenza, commissario Roberto Cravedi.
IL COMMENTO DI CONFAGRICOLTURA – Non poteva mancare all’incontro in Provincia, Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza. “Riceviamo segnalazioni di una situazione fuori controllo. Sono pericoli per la sicurezza e anche per gli stessi animali che si ammalano e si contaminano” così la presidente dell’amministrazione provinciale, Patrizia Barbieri, introducendo l’incontro. Luigino Mondani, presidente dell’Atc 10 che copre le zone di Zerba e Ottone, ha evidenziato: “A Zerba e Ottone la caccia è vietata mentre è ammessa la selezione. Con la caccia mediamente in un anno vengono abbattuti 400 cinghiali, se stiamo fermi un anno si moltiplicheranno ancora e verrà rasa al suolo anche la poca agricoltura che c’è”. Unanime il proposito di istituire un tavolo tecnico per redigere proposte concrete di attuazione immediata. “Il quadro della situazione è lampante – ha detto Gasparini – con le nuove regole avremo sul territorio oltre mille cinghiali in più. Sono terrorizzato. Il nostro Paese era un punto di riferimento scientifico per il controllo delle malattie ed eravamo leader della biosicurezza negli allevamenti. Oggi abbiamo il botulino in stalla e non possiamo vaccinare. Quando c’era la Tbc si procedeva con l’abbattimento totale dei capi in stalla, analogamente oggi con la Psa deve essere abbattuta la popolazione dei cinghiali, invece si dispone di andare senza fucili alla ricerca delle carcasse adducendo falsamente che la caccia movimenti gli animali, mentre questi si muovono alla ricerca di cibo e il fenomeno migratorio si manifesta comunque facendo spostare i focolai. Nell’immaginario della gente c’è l’idea che la fauna selvatica vada protetta perché è a rischio di estinzione, invece i cinghiali sono talmente numerosi che diventano loro stessi un pericolo per la sanità della specie. Ditemi se non è un approccio ideologico, del politico che si pone il problema dei consensi, quello alla base di queste leggi che di fatto portano a ridurre gli abbattimenti. I cacciatori sono un’arma insostituibile perché procedono con perizia e capacità, solo l’esercito potrebbe fare altrettanto e guarda caso in Belgio e nella Repubblica Ceca hanno messo in campo proprio l’esercito. Si dia, con gratitudine, facoltà ai cacciatori di procedere come ritengono opportuno con ogni forma di abbattimento, che si chiami caccia o selezione, sia braccata, girata o su altana, con l’unico vincolo della sicurezza, che loro peraltro conoscono molto bene. È assurdo che rischino di prendere un penale se cacciano con un cane in più. Quando c’è il cinghiale nel parco devo avvertire 72 ore prima, intanto il mais se l’è mangiato tutto. O è schizofrenia o qualcuno giochicchia con il Paese e con le nostre vite. Ci dicono di seminare perché serve cibo, poi non abbiamo acqua e i cinghiali devastano i raccolti”.
LA PROPOSTA – “I nostri agricoltori associati lavorano rassegnati, ma dicono ai figli di andar via. Tornando al problema contingente – ha concluso il presidente di Confagricoltura Piacenza – faccio mia la proposta presentata dal ministro Costa: che ci debba essere controllo sanitario e garanzia di biosicurezza sugli animali selvatici e in tal senso, come Confagricoltura Piacenza, propongo, che si istituisca un centro di referenza e controllo delle malattie degli animali selvatici convertendo il centro di referenza sul benessere animale di Brescia, perché è questa la vera emergenza per il benessere dei nostri allevamenti. Infine – ha concluso – da questo tavolo esce una richiesta unanime affinché si possa procedere in modo snello, efficace e subito con tutte le forme di abbattimento, di selezione e di caccia che gli esperti sul campo ritengono idonee, senza vincolo di orari né di stagione”.
RISCHI – “Il rischio è che la situazione, già sfuggita di mano, diventi irrecuperabile dal punto di vista sanitario e che nei campi gli agricoltori disperati tentino di arrangiarsi con modi che espongono loro stessi a pericoli. Qualora si sia anche ipotizzato un non allineamento tra agricoltori e cacciatori, un programma siffatto azzera qualsiasi possibile incomprensione tra agricoltori e cacciatori. Chi in questo momento preferisce disquisire di cavilli normativi è in malafede e non vuole uscire dell’emergenza”.
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