Mancanza d’acqua in agricoltura. “Una sfida alla sopravvivenza non stoccarla”
09 Gennaio 2023 13:26
Un inverno che stenta ad arrivare e precipitazioni con il contagocce preoccupano l’intero mondo dell’agricoltura in vista della stagione produttiva. Per Stefano Repetti, tesoriere di Confagricoltura Piacenza e agricoltore che con i fratelli Angelo e Gianni e il nipote Leonardo coltiva circa 300 ettari in Val Trebbia, “non stoccare l’acqua è una sfida alla sopravvivenza”. “Nei mesi invernali cerchiamo di far scorrere l’acqua nei canali per ricaricare le falde a beneficio di tutta la cittadinanza e degli ecosistemi del reticolo” spiega l’agricoltore. Chiuso il 2022 con tutti i problemi legati alla siccità Repetti ha fatto due conti su uno dei canali che solcano i suoi campi. “Il Rivo Banco (o Seccamelica) è lungo 5700 metri prima di confluire nel canale Rifiuto. Abbiamo aperto le paratie a monte il 12 novembre e ad oggi ha percorso 3.250 metri assorbendo 470.000 metri cubi d’acqua che sono andati in falda. Questo significa – commenta Repetti – che le falde non sono mai state così bisognose d’acqua. Fino a vent’anni fa occorreva un solo giorno perché l’acqua arrivasse a scaricare nel canale Rifiuto. Quest’anno stimo ci vorranno circa tre mesi”.
Gli agricoltori stanno già iniziando la programmazione per la prossima campagna. “C’è preoccupazione per l’irrigazione, perché le falde sono già molto basse, mentre l’acqua che scorre nei fiumi la lasciamo defluire in Po. Quando dicono, specialmente nella stagione estiva, che l’acqua del Trebbia non arriva a destinazione, voglio sottolineare che in parte va in falda e in parte viene utilizzata per produrre cibo e se la falda è bassa non è solo responsabilità degli agricoltori, ma di tutta la popolazione perché l’acqua potabile, in particolare, viene presa dai pozzi. Possiamo dire che in questo periodo agricoltori e consorzio di bonifica stanno ricaricando le falde. Si tratta di volumi enormi. Il mio canale arriverà a far immagazzinare in falda circa un milione di metri cubi, se alziamo lo sguardo su tutta la provincia sono milioni e milioni”.
Al netto di questa operazione che ha un suo valore, si pone il tema di immagazzinare l’acqua quando c’è e ragionare sul minimo deflusso vitale che di quest’azione non considera nulla. “Ci si pensi ora, che lasciamo scorrere via l’acqua invece di stoccarla adeguatamente per rispettare leggi ideologicamente ambientaliste – commenta Filippo Gasparini, presidente di Confagricoltura Piacenza -. È un sistema alimentato da un brodo di coltura di politica e società decadenti a cui si aggiunge un’Europa contraria al bene dell’economia e degli agricoltori. Quali sovranità alimentare, filiera corta e benessere animale sono possibili se manca l’acqua? Se facciamo seccare i prati e razioniamo l’acqua negli abbeveratoi? Il benessere degli animali non è forse fondato sulle cinque libertà, tra cui quella dalla sete e dalla fame? Cosa si pensa quando si parla di economia circolare? Il mondo urbano è lontanissimo dalla realtà”.
Questa schizofrenia non porta solo a costi, ma anche a situazioni paradossali – il monito di Gasparini -. Vogliamo i prodotti locali e la sovranità alimentare, ma non possiamo ragionare sull’approvvigionamento idrico adeguato allo scopo. Il comparto del pomodoro da industria, che vede la nostra provincia secondo produttore nazionale, è basato su una programmazione ferrea, compressiva di penali in caso di mancato rispetto della programmazione stessa. Come è possibile programmare gli ettari a pomodoro senza la certezza di poterli poi irrigare?” È al via lo studio di fattibilità della diga di Vetto – sottolinea il presidente di Confagricoltura Piacenza – misureremo la forza del mondo economico e politico piacentino in base alla capacità di inserire nel piano regionale anche le dighe in Val Trebbia e in Val Nure”. Confagricoltura Piacenza suggerisce tempi e metodi: “Si parta subito e, quanto a i metodi, si parta con lo studio dei fabbisogni idrici di un territorio, quello piacentino, in grande deficit. Non sia mai – conclude il presidente di Confagricoltura Piacenza – che nel piano delle grandi opere della Regione ci sia la diga di Vetto e non quello che chiediamo da tempo, le dighe piacentine: una in Val Nure e una in Val Trebbia”.
© Copyright 2024 Editoriale Libertà
NOTIZIE CORRELATE