In Cattedrale messa a un anno dalla canonizzazione del vescovo Scalabrini
08 Ottobre 2023 02:00
Piacenza ricorda il primo anniversario della canonizzazione del vescovo Giovanni Battista Scalabrini, proclamato Santo da papa Francesco in piazza San Pietro a Roma il 9 ottobre 2022. Con lui, sugli altari, anche il laico salesiano Artemide Zatti, nato nel 1880 nel reggiano ed emigrato in Argentina, dove ha dedicato la vita alla cura degli ammalati. Domenica 8 ottobre, in Cattedrale a Piacenza alle ore 18.30 è in programma la messa presieduta dal vescovo mons. Adriano Cevolotto. Al termine della celebrazione, ai parroci delle Comunità pastorali 1 e 2 del centro storico cittadino saranno consegnate le reliquie del vescovo Scalabrini che ha guidato la diocesi dal 1876 al 1905.
Alla messa saranno presenti le congregazioni fondate da mons. Scalabrini: i Missionari di San Carlo (la Casa madre è in via Torta) e le Missionarie di San Carlo, che hanno in piazzetta San Savino la Casa della Provincia europea della loro Congregazione. Nella giornata di domenica 8 il quotidiano Avvenire dedicherà una pagina alla diocesi di Piacenza-Bobbio, mettendo in evidenza con un’intervista a padre Mario Toffari, direttore dell’Ufficio Migrantes, il significato della messa in Cattedrale a pochi giorni dall’avvio del nuovo Anno pastorale e dalla beatificazione del martire don Giuseppe Beotti.
Chi era il vescovo Scalabrini? I tratti salienti della figura di Scalabrini, nato a Fino Mornasco di Como nel 1839, morto nel 1905 a Piacenza e sepolto in Cattedrale, erano stati illustrati da mons. Cevolotto il 23 ottobre 2022 in Cattedrale alla messa di ringraziamento per l’avvenuta beatificazione. Fra le altre cose, il Vescovo aveva sottolineato l’impegno di Scalabrini per la conservazione e il restauro del Duomo: “Un mandato – aveva precisato – solo in apparenza edile, il suo obiettivo era restituire alla Chiesa fatta di persone la sua “bellezza originaria”, cioè l’essere volto di Cristo. E poi, l’orizzonte missionario. Scalabrini da giovane sacerdote avrebbe voluto partire come missionario per l’Oriente. Di fronte al no del Vescovo di Como a questo suo desiderio, non si era perso d’animo ma aveva fatto della sua vita, nei tanti ambiti in cui si era coinvolto, dal catechismo ai migranti alle tante situazioni di povertà, una missione. Scalabrini è conosciuto in tutto il mondo per il suo impegno tra i migranti. Aveva capito – sottolineava nel 2022 mons. Cevolotto – che senza il Vangelo e il legame con le tradizioni della propria patria gli italiani all’estero si sarebbero “smarriti”. Scalabrini intuì che dietro al fenomeno migratorio c’è un piano di Dio per favorire l’unità del genere umano: “l’unione in Dio per Gesù Cristo di tutti gli uomini di buon volere” (Discorso tenuto a New York nel 1901). Oggi – aggiungeva il Vescovo – si può essere migranti perché ci si sposta fisicamente in un altro Stato, ma anche migranti nelle terre nuove delle sfide del nostro tempo e nelle strade aperte dalle nuove tecnologie. Scalabrini si rese conto che occorreva “evangelizzare il progresso”, cioè non smarrire la radice del Vangelo per orientarsi nella storia. Solo così si può – secondo una famosa espressione di Scalabrini – “uscire dal tempio, ma dopo aver attinto dalla pietà e dalla preghiera lume e conforto”.
© Copyright 2024 Editoriale Libertà
NOTIZIE CORRELATE