“Tre vitelli sbranati in due settimane all’interno di in una stalla: è davvero troppo”
03 Novembre 2023 17:10
“I lupi mi hanno ucciso un vitello in stalla e non ho detto nulla, poi sono tornati e ne hanno ucciso un altro, adesso un terzo. È la terza vitella in due settimane che i lupi mi uccidono direttamente in stalla”.
È quanto avvenuto a Matteo Bersani, associato di Confagricoltura Piacenza: “È davvero troppo – ha quindi proseguito – i lupi non hanno alcuna paura. Ne abbiamo avvistati otto. Sono state così uccise, senza alcuna possibilità di scampo, tre vitelle sane che tra un anno sarebbero diventate manze. È un danno da migliaia di euro – prosegue Bersani – e oltretutto è benessere animale questo? Con tutto l’impegno che mettiamo perché i nostri capi possano vivere dignitosamente e accuditi, poi vengono trucidati in stalla in questo modo”.
I lupi nella zona sono numerosi, tanto che in primavera aveva fatto il giro del web e dei telegiornali proprio il filmato di Bersani che aveva ripreso quattro lupi che amenamente trotterellano di domenica mattina nel campo di frumento dell’azienda agricola Il Chioso a Campremoldo Sotto, azienda che Matteo conduce con il fratello Fabio.
“In questi mesi abbiamo ricevuto altri filmati di lupi. Sono animali che stanno acquistando sempre più confidenza con gli ambienti antropizzati”, sottolinea Confagricoltura Piacenza che sul tema interviene costantemente denunciando una “situazione critica”.
“L’aumento dei lupi contrasta il proliferare dei cinghiali – commenta il presidente di Confagricoltura Piacenza, Filippo Gasparini – ma non possiamo davvero sperare come sarcasticamente avevamo già denunciato qualche anno fa che il problema della fauna selvatica possa essere gestito semplicemente lasciando proliferare una specie a discapito di quella che soccombe. Dopo i cinghiali, i lupi, dopo i lupi, gli orsi, dopo gli orsi?”
Negli ultimi 50 anni – si legge nella nota di Confagricoltura – le popolazioni di lupi in tutta Europa sono rifiorite: solo nell’ultimo decennio è stato segnalato un aumento di oltre il 25% dell’areale del lupo. Tanto che il Parlamento europeo ha votato una risoluzione sui grandi carnivori riconoscendo l’esistenza di un problema di coesistenza che andrà monitorata sulla base di dati scientifici. Confagricoltura aveva portato la questione all’attenzione dei parlamentari europei, evidenziando come l’eccessiva presenza dei grandi carnivori, in particolari lupi, abbia causato attacchi sempre più frequenti alle greggi e agli allevamenti, procurando ingenti danni economici alle aziende agricole e pericolo per le comunità dei territori montani. Secondo i dati del Copa Cogeca, l’Italia è lo Stato Ue che ha aumentato più di tutti la popolazione del lupo, con una crescita dell’87% negli ultimi cinque anni. I dati dell’ultimo monitoraggio sulla specie Canis lupus in Italia pubblicati da Ispra nel 2022 e riferiti al biennio precedente – per stessa ammissione dell’Istituto sottostimati – parlano di circa 3.300/3.600 esemplari distribuiti in quasi tutte le Regioni Italiane ad esclusione delle Isole. L’incremento della popolazione di lupi in Italia, assieme al fenomeno dell’ibridazione con i cani randagi – un aspetto questo preoccupante e troppo spesso sottovalutato per la conservazione della specie – ha inevitabilmente comportato un aumento delle occasioni di incontro, accrescendo il rischio di incidenti, conflitti con gli animali di allevamento, attacchi e predazioni da parte dei lupi nei confronti di cani da caccia e anche dei cani domestici.
“Ben venga la proposta di declassamento del lupo da specie strettamente protetta a ‘semplicemente’ protetta, ma il problema è più generale: non si può continuare a ignorare la situazione sino a quando sarà divenuto ingestibile, come purtroppo abbiamo visto con nutrie e cinghiali. Il lupo non ha alcuna responsabilità – ricorda Confagricoltura Piacenza– la colpa è di chi non assumendo decisioni lascia che le situazioni degenerino invocando un equilibrio naturale che qui è evidentemente sovvertito, perché in natura il lupo non passeggia in pianura e, sempre in natura, non può scambiare le stalle per il proprio fast-food”.
“Dopo ormai almeno dieci anni di questa nuova era di ambientalismo esasperato – riflette Gasparini – il pegno che gli agricoltori pagano per siffatta rinaturalizzazione e per il proliferare di tutti questi animali quale beneficio per l’ambiente e per l’uomo porta? Abbiamo forse un mondo migliore?”.
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