Il direttore delle Novate, Lusi: “Ringrazio Piacenza: se abbiamo bisogno, la città c’è”
30 Gennaio 2024 22:30
Lavorare in carcere. “Sono curiosa, amo le sfide, rifiuto i percorsi scontati. Nelle comunità carcerarie ho trovato un ambiente in cui esprimermi, mettendo a nudo i miei punti di forza e di debolezza”. Quali ha affinato? “Equilibrio, determinazione e attenzione alle persone, detenuti e personale. La capacità di innescare sinergie, condividere obbiettivi, tessere relazioni autentiche”.
Maria Gabriella Lusi, direttrice del carcere delle Novate, vi ha trasferito buona parte della sua vita dal 2019. Come e perché, l’ha raccontato su Telelibertà a “Lo specchio di Piacenza”, il nuovo format di interviste curato dalla direttrice Nicoletta Bracchi.
“Se l’istituto penitenziario si chiama anche Casa circondariale significa qualcosa” ha detto Lusi. E una casa, come tale, “deve essere pulita e curata, per il bene di chi ci lavora e di chi entra a scontare una pena”. Per abitarla occorrono fermezza, sangue freddo e una particolare empatia, dove “la professionalità è chiamata a riassorbire la carica emotiva. Nelle persone detenute io continuo a credere. Non vanno identificate con il reato commesso, per non vanificare in partenza il percorso rieducativo richiesto dalla Costituzione”.
Casertana di Capua, piacentina adottiva dal 1997. Da allora, tanti incarichi nel Nord Italia. “Scelsi di vivere qui, nuove esperienze in un territorio molto diverso da quello natio. Mi trovai subito a mio agio. In quella fase di raccoglimento forse avevo proprio bisogno della riservatezza e prudenza dei piacentini”. Il padre, medico, “lasciò me e i miei quattro fratelli sempre liberi di individuare i nostri percorsi”. Anche il nonno materno era medico: “Giovanni Caso, deputato costituente, poi senatore. La nonna mi trasmise i suoi valori, benefattore attento alle persone. In queste radici ritrovo motivazioni e origini del mio percorso”.
Poi, una carrellata di parole chiave. Come pregiudizio, stereotipo: “Non tutti sono disposti a riconoscerli, occorre saper affrontare la vita con sguardo aperto”. Oppure riscatto, recupero: “Ce la mettiamo tutta, ma più importante è la prevenzione, l’attenzione alle persone dalla famiglia alla scuola”. Tra le foto condivise con gli spettatori, “una bambina che imparava il tennis, gran passione paterna”. E un ritratto con il marito Filippo alla nascita della figlia Fabrizia nel 2005, commentato con le lacrime agli occhi: “le nostre fonti di serenità vanno sempre cercate e curate. Senza di loro non potrei affrontare il lavoro con tanta energia”. Un appello alla città? “Un grazie. Perché si stanno sviluppando nuove sinergie. E per una sensazione importante che mi accompagna: so che se ho bisogno, Piacenza c’è”.
Le puntate si possono rivedere “on demand” sul sito Teleliberta.tv ed è possibile inviare segnalazioni al programma attraverso la mail [email protected].
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