Oggi con Libertà il libro dello chef Oldani: “Io, un mediano che vive in cucina”
18 Maggio 2024 11:14
C’è una bella eco pirandelliana nel racconto di Davide Oldani, 57 anni portati con slancio tutto milanese, uno degli chef più importanti e conosciuti della sua generazione. Non puoi essere uno dei centomila, e neppure nasconderti nell’anonimato: puoi essere soltanto Davide Oldani, con i tanti successi professionali che ogni sera vengono rimessi sotto la lente dalla clientela del suo quotatissimo ristorante, il “D’O” di San Pietro dell’Olmo, frazione di Cornaredo, nell’hinterland nordoccidentale di Milano.
sabato 18 maggio con libertÀ il suo libro
I lettori di “Libertà” troveranno oggi “servito” assieme al quotidiano un libro molto interessante firmato da Oldani, quel “Mangia come parli” che trae il titolo della fortunata trasmissione che lo chef conduceva su Radio24 in coppia con il giornalista sportivo Pierluigi Pardo, noto per la passione per l’enogastronomia.
Nel libro Oldani illustra i piatti presentati nel corso dell’omonimo programma condotto con Pardo, ricette presentate in modo semplice, sostenibili ma ambiziose, divise con criterio stagionale i piatti della primavera non vanno bene per l’inverno, e viceversa – e proposte regione per regione. A proposito: l’Emilia Romagna è rappresentata nel menù con quattro piatti, e uno del poker è un’elaborazione di un “must” per i piacentini, i pisarei, che Oldani propone con slancio futurista in una versione con fave, rafano e buccia di pompelmo. Da provare, se non altro per non restare imprigionati nella tradizione.
l’intervista allo chef di MAURIZIO PILOTTI
Aspettando di sperimentale la sua versione dei pisarei, facciamo raccontare a Oldani come è la vita della stella del firmamento della ristorazione, non importa quanto renitente.
“Prima di tutto: io non mi sento per niente una “kitchen star”. Sono solo uno molto dedito al lavoro. Un lavoro – racconta lo chef – che mi piace da impazzire, perché è in sintonia con quello che sono, Io dico sempre ‘Predicare bene e razzolare bene’: per questo ho sempre avuto grande attenzione per gli aspetti etici del mio lavoro di ristoratore. Insomma, faccio quello che faccio perché sono quello che sono”.
Al suo ristorante avete ancora la famosa riunione plenaria del sabato mattina con tutti i collaboratori? Ci spiega come funziona?
“Certo che la facciamo, tutti i sabati, riunendo i venti della squadra del “D’O”. Diciamo che io ricopro il ruolo del giocatore-allenatore, come nel football inglese di qualche anno fa. Del resto col passare degli anni devi capire che le tue energie non ti possono tenere in campo 90 minuti su 90: vengono utili anche se parti dalla panchina, per usare un termine calcistico (non è un caso: Oldani ha un passato da promessa del calcio, che una frattura stroncò quando aveva 16 anni, spingendolo verso la carriera di cuoco, ndr). E se restiamo nel calcio, diciamo che mi sento più un numero 4, un po’ uno da ‘Una vita da mediano’. Mi sento uno che mette in campo le proprie qualità per il bene della squadra. Alla riunione del sabato quindi parlano tutti, e non solo io: ognuno mette in circoli i propri desideri, i propri malumori, commenta le cose andate bene, quelle andate meno bene… Così sono tutti coinvolti nel progetto: siamo molto inclusivi anche in questo aspetto del nostro lavoro”.
E quindi, per concludere: “chef” o “maestro”?
“Maestro è un termine che mi fa sentire vecchio, perché ti chiamano così quando dispensi conoscenza ed esperienza. Ma non nascondo che mi faccia piacere, perché mi viene da pensare ai quattro grandi maestri – Gualtiero Marchesi, Alain Ducasse, Pierre Hermè, Albert Roux – che ho avuto la fortuna di incontrare nella mia vita. ‘Chef’ invece è un termine professionale: per questo che ricordo sempre di essere ‘cuoco per passione e chef per professione’. E poi ‘chef’ vuole dire ‘capo’: io sono uno che non vuole essere chiamato capo perché è autoritario, ma piuttosto perché è autorevole… Comunque mi sa che alla fine preferisco essere chiamato Davide, uno che mette a disposizione dei ragazzi la sua esperienza”.
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