“Alla Cattolica per studiare orticoltura e importarla in Papua Nuova Guinea”
13 Giugno 2024 03:57
Ha attraversato mezzo mondo, tre continenti e oltre 23mila chilometri soltanto per arrivare a Piacenza. La sua missione? Apprendere il più possibile in materia di orticoltura e agricoltura, per poi fare ritorno a casa e trasmettere quanto appreso all’intera comunità, migliorandone le condizioni di vita.
Balthazar Akus viene da Papua Nuova Guinea, remoto Paese dell’Oceania costituito da un insieme di isole e arcipelaghi. Un mondo distante dal nostro, ma carico di un fascino antichissimo e desideroso di affacciarsi alla modernità senza tuttavia perdere le proprie radici secolari, ben immerse nelle acque dell’Oceano Pacifico.
Ci viene incontro nell’atrio dell’Ateneo piacentino, dove da circa due mesi – sotto il coordinamento dei professori Vincenzo Tabaglio e Giuseppe Bertoni – sta apprendendo tecniche di agronomia e zootecnia.
il sogno di balthazar
“Nel nostro Paese – spiega – non siamo ancora abituati a coltivare. Sono venuto qui apposta per apprendere quanto più possibile in materia di agricoltura, per poi tornare nel mio Paese e aiutarlo a svilupparsi in questo senso”.
Conoscere Balthazar è anche un’imperdibile occasione per entrare in contatto con un mondo completamente diverso, ricco di antiche tradizioni.
“Vedete i miei tatuaggi?” ci domanda mentre mostra una croce impressa sull’avambraccio e un altro disegno dai caratteri tribali sulla spalla. “Questi simboli rappresentano la fede. È la cosa più preziosa che abbiamo e ce la portiamo sempre con noi. La cultura della Papua Nuova Guinea è agli antipodi rispetto all’Italia e all’Europa. Da noi il cibo non è qualcosa di scontato, la gente mangia come e quando può. Il sogno che nutro per me stesso, la mia gente e la mia casa è quello di riuscire, attraverso lo studio condotto anche in altri Paesi come l’Italia, a migliorare le condizioni di vita delle persone all’intero delle nostre comunità rurali. In quest’ottica, indirizzare verso un percorso virtuoso la produzione agricola sarebbe già un enorme passo avanti per combattere fame e malnutrizione”.
in bilico tra tradizioni e modernitÀ
Spesso però, la sete di modernità e la globalizzazione tendono a distruggere o quantomeno a intaccare in maniera irreversibile il patrimonio culturale di un determinato Paese. “La cultura – aggiunge Balthazar – è qualcosa che cambia. Può farlo lentamente nel corso dei secoli, oppure, come nel caso dell’epoca in cui viviamo, in modo repentino. La Papua Nuova Guinea, ad esempio, negli ultimi anni è cresciuta tantissimo: sia sotto un profilo tecnologico sia sotto l’aspetto economico. Eppure, non sempre la crescita economica coincide con il progresso: il mondo sta cambiando troppo alla svelta, ma l’umanità sta tornando indietro. Personalmente, non vedo l’ora di tornare per aiutare il mio popolo a camminare sulle proprie gambe verso il futuro”.
il progetto
Il progetto di cui Balthazar fa parte è portato avanti dalla onlus “Chicco per Emdibir”, una piccola realtà nata dieci anni fa nell’Oltrepò Pavese e che ha stretto una proficua collaborazione con l’Università Cattolica.
“Il nostro obiettivo – spiega la presidente della Onlus, Elena Passadori – è quello di portare avanti progetti di orticoltura e agricoltura che siano realmente sostenibili. Con il prezioso aiuto dei professori Vincenzo Tabaglio e Giuseppe Bertoni della Cattolica cerchiamo di aiutare le famiglie dei Paesi in via di sviluppo a capire come migliorare la propria orticoltura e di conseguenza la propria dieta. Al centro del progetto ci sono le persone di questi Paesi, perché siano promotori del proprio sviluppo. Dopo un periodo di formazione, esse ritornano nelle comunità per creare dei “centri pilota per l’agricoltura” dove le famiglie del luogo possono recarsi per apprendere a loro volta tecniche e saperi, attraverso un principio di imitazione virtuoso”.
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