Rubata nel 1978, tela torna alla Galleria Alberoni dopo 46 anni: ritrovata dall’Arma
26 Luglio 2024 10:37
Un prezioso dipinto attribuito al maestro Bernardo Strozzi (Campo Ligure 1581 – Venezia 1644), ma che in realtà sarebbe stato realizzato da Giovanni Peruzzini (Urbania 1629 – Milano 1694), è tornato all’Opera Pia Alberoni. Si tratta di “Isacco cieco che benedice Giacobbe”, rubato nel 1978 e riconsegnato oggi alla collettività: il merito va ai carabinieri del nucleo per la tutela del patrimonio culturale, che hanno restituito il bene alla galleria in via Emilia Parmense a Piacenza. Dopo quasi cinquant’anni, così, si risolve un vero e proprio “cold case”, un crimine rimasto a lungo senza uno sviluppo.
Il quadro consiste in una donazione fatta nel 1968 al Collegio Alberoni da Oreste Carini, antiquario e titolare della Galleria Vecchia Piacenza, come simbolo di “gratitudine verso la mano di Dio per averlo sostenuto nel corso della sua vita, al Collegio Opera Pia Alberoni quale luogo ideale per conservare e valorizzare le Belle Arti”. All’epoca, la tela fu descritta come “un magnifico Bernardo Strozzi rappresentante Isacco cieco che benedice Giacobbe, sotto le false spoglie di Esaù architettate dalla madre Rebecca, proprio al momento dell’arrivo di Esaù dalla caccia, carico di quella selvaggina che avrebbe dovuto meritargli le copiose benedizioni paterne”. Ma un ulteriore approfondimento, dopo la riconsegna da parte dell’Arma, ha fatto maturare un’ipotesi, ovvero l’appartenenza dell’opera a Giovanni Peruzzini, e non a Strozzi, come spiegato da Angelo Loda, conservatore del Collegio Alberoni: “Durante il restauro abbiamo trovato la firma di Peruzzini corrispondente ad altre opere, anche con il parere positivo di alcuni studiosi”.
Il dipinto era stato rubato dall’interno della Galleria Alberoni nel 1978, in circostanze che destarono sgomento tra l’opinione pubblica, poiché i ladri si introdussero nottetempo nel collegio, scassinando due cancelli e dirigendosi a colpo sicuro lungo i corridoi dove il dipinto era esposto.
Per molti anni non si ebbero più notizie fino a che le indagini condotte dai militari di Udine, svolte nel corso del 2021, hanno consentito di individuarlo, poiché posto in vendita sul mercato dell’arte con nome e autore diversi. Il riconoscimento fatto da un anziano prelato, ancora presente nel collegio, che ricordava personalmente le caratteristiche della tela sottratta, ha confermato l’identità del quadro. L’opera era stata posta in vendita da un commerciante di settore con attività svolta sia in Trentino che in provincia di Mantova, ma è emerso che l’opera era stata acquistata da un asse ereditario di una famiglia di Milano che aveva poi messo in vendita vari beni, tra cui il prezioso dipinto.
La Procura di Trento, concordando con l’ipotesi investigativa, aveva emesso un provvedimento di sequestro per il reato di ricettazione, anche se la posizione del venditore è stata poi archiviata in quanto è stata dimostrata la buona fede nel ricevere il dipinto e rimetterlo in vendita nell’ambito della sua attività economica di settore. Nel giugno del 2021, quando i carabinieri di Udine si sono presentati nel magazzino di vendita per sequestrarla, l’opera era in precarie condizioni di conservazione, motivo per il quale è stata subito affidata all’Opera Pia Alberoni in custodia giudiziaria per il restauro. Successivamente, la Procura ha emesso un provvedimento di dissequestro e restituzione del dipinto all’ente piacentino affinché possa ritornare a essere ammirato nella galleria.
“La giornata di oggi è una festa” ha detto il presidente dell’Opera Pia Alberoni, Giorgio Braghieri. “Restituiamo all’intera città un quadro che era frutto di una donazione, ridando dignità alla volontà generosa del commendator Carini, attraverso un’attività investigativa che si fonda anche sul supporto tecnologico e sulle proficue banche dati create negli anni Ottanta per catalogare le opere rubate” ha sottolineato il colonnello Pierantonio Breda, comandante provinciale dei carabinieri. “Il risultato di oggi è un premio per la collettività” ha aggiunto il prefetto Paolo Ponta.
Anna Coccioli Mastroviti della Soprintendenza ha ricordato che “nel 2021, al momento del ritrovamento, il dipinto era in pessime condizioni, in particolare per l’azione delle muffe, perciò il restauro è stato notevole”.
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