Lascia il lavoro da infermiera per quello al rifugio a 2.400 metri: “Un sogno”
14 Settembre 2024 08:00
A molti capita di pensare “mollo tutto e cambio vita”. Tra chi lo ha fatto davvero c’è la piacentina Morena Picchioni, 33 anni, dieci dei quali vissuti in ospedale come infermiera, compreso il periodo drammatico del Covid.
Una volta passata la pandemia, la piacentina ha vissuto in prima linea i problemi della sanità di cui siamo abituati a sentir parlare: turni impegnativi, ferie saltate, pazienti “impazienti”.
La boccata d’ossigeno per l’infermiera è sempre stata la montagna, una passione che l’ha portata a diventare istruttrice al Cai di Piacenza.
Tante volte sostando al rifugio Brioschi ha accarezzato il sogno di lavorare lì, tra quei monti a 2.400 metri di altitudine, nella Grigna settentrionale, in provincia di Lecco. Un giorno ha lasciato il curriculum e la chiamata è stata immediata: da un anno, quell’angolo di paradiso è diventato il suo nuovo luogo di lavoro.
“Ho scelto di fare l’infermiera con convinzione e ho svolto il mio lavoro con passione per anni, ma dopo il Covid la situazione è cambiata, non ero più serena – racconta Morena Picchioni -. Ho fatto anche un incidente in montagna e quando mi sono ripresa ho capito che era tempo di cambiare, così mi sono licenziata. Per un anno mi sono dedicata ai cammini in tutta Italia e poi, quasi per gioco, ho lasciato il curriculum al rifugio Brioschi. Non me lo aspettavo, mi hanno chiamata e ho iniziato subito a lavorare”.
Nella stagione fredda il rifugio è aperto il weekend e durante le festività, d’estate ogni giorno. I frequentatori non sono scalatori come si potrebbe immaginare, ma persone che amano trascorrere il weekend nell’atmosfera suggestiva di un rifugio d’alta quota.
Albe e tramonti dai colori unici, cime maestose, piatti genuini: la magia del contesto spopola sulle pagine Instagram e i visitatori aumentano.
Un mondo a parte sopra le nuvole, lontano dal caos, dove tutto sembra incantato. E lo è. Ma un conto è andare in gita fuori porta, un altro è vivere quotidianamente a 2.400 metri. Non tutti sono in grado di sostenere i disagi legati all’alta montagna.
Per salire il dislivello è di 1.600 metri, la neve sommerge tutto da novembre a giugno, d’estate se piove si è fuori dal mondo, il freddo d’inverno è pungente, l’acqua calda è un miraggio, però svegliarsi e andare a dormire con panorami simili non ha eguali.
Qualche criticità è innegabile, ma alla domanda: “Torneresti indietro?” la risposta è una sola: “No, non tornerei indietro. Con questa nuova strada che credevo impossibile mi si sono aperti nuovi orizzonti”.
IL SERVIZIO DI NICOLETTA MARENGHI
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