Piazza piena per Mancuso: “Noi i predatori e il pianeta presto chiederà il conto”

22 Settembre 2024 10:22

“Finiamola di essere i super predatori, va cambiata la nostra testa se no il pianeta ci chiederà il conto”. Parola e desiderio di Stefano Mancuso.

Lo scienziato non tradisce le aspettative e richiama una folla in piazza Cavalli, prima saluta la sindaca Tarasconi, omaggiata di un suo libro che le consegna Giuseppe Castelnuovo da parte di Legambiente. Lei sorride, anche se non mancano gli striscioni dei difensori degli alberi di piazza Cittadella. E del resto, lo stesso Mancuso in un’intervista a Libertà si era speso per il loro mantenimento.

Lo scienziato però al festival del diritto parla per più di un’ora della vita. “E’ la vita che rende speciale il nostro pianeta, non l’acqua che si trova anche altrove, su Marte e ghiacciata sulla Luna, è la vita la cosa più rara dell’universo”.

Disastri già se ne vedono: “Dal 2022 per la prima volta c’è sul pianeta più materia sintetica, cemento e plastica, che vita”. Le piante? “Da sei mila miliardi che erano dodici mila anni fa, oggi sono tre mila miliardi e due mila miliardi tagliate negli ultimi due secoli”. Come dire due estensioni pari agli Usa in meno.

E la lotta al riscaldamento globale avrebbe tratto gran beneficio da questi esseri delle foreste primarie che fissano l’anidride carbonica e la tolgono dall’atmosfera.

Un altro punto dolente è il consumo di carne, la metà della superficie abitabile del pianeta serve per la produzione di alimenti e di questa il 77 per cento per i prodotti animali. “Non sono un talebano né un fondamentalista, ma se riducessimo del 25 per cento il consumo di carne si libererebbe per incanto una estensione di terra pari agli Stati Uniti e potremmo riforestarla e taglieremmo il trenta per cento di anidride carbonica. Utopia? Forse, ammette. Ma perché non ragionarci.

La prospettiva mondiale è quella di veder sempre può crescere le città, nel 2060 il 70 per cento degli esseri umani vi abiterà e solo il 30 per cento starà in ambienti rurali. Le città hanno un loro “pessimo” metabolismo, introducono molto di più di quanto producono.

Già a luglio oggi il mondo termina le risorse e vive con “risorse non sue, che noi rubiamo ai giovani” avverte in chiusura Mancuso.

 

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