Libertà è il giornale di tutti i piacentini: l’editoriale di Gian Luca Rocco

01 Ottobre 2024 15:27

L’editoriale di Gian Luca Rocco

La domanda più gettonata che mi sia stata fatta in questo anno esatto in cui ho assunto il ruolo di direttore editoriale del Gruppo Libertà è stata una e una sola: “Perché da Mediaset, da Milano ti sei trasferito a Piacenza e ad un giornale di provincia?”. La risposta è sempre la stessa: perché l’informazione locale è l’unico posto in cui i giornalisti e i loro prodotti editoriali, in questo caso il quotidiano, possono ancora fare la differenza. La differenza soprattutto per la propria comunità di riferimento.

Se Libertà scrive che c’è una buca per terra, il giorno dopo è molto probabile trovare gli operai al lavoro. Se raccontiamo la storia di qualcuno che ha bisogno d’aiuto, scatta una gara di solidarietà. Se mancano le aule, vengono trovate. Se una zona viene percepita come insicura, nascono soluzioni quasi in tempo reale. E potrei andare avanti a lungo, perché in quest’anno ho raccolto una sfilza di esempi del genere. E questo è possibile per due motivi: primo, perché Libertà da 141 anni esercita il suo ruolo di voce autorevole del territorio, di punto di riferimento per una vasta e complessa comunità. E lo ha fatto sempre nel rispetto di tutti, giocando secondo le regole e dando voce a chiunque chiedesse di averla, evitando di creare tensioni e scontri inutili ma cercando di alimentare dibattiti costruttivi. Secondo, perché questi 141 anni hanno portato ad un rapporto quasi viscerale tra testata e lettori che sentono Libertà un po’ loro.Ed è una cosa bellissima (anche quando tutti ti fermano per suggerirti qualche miglioria o per lamentarsi di qualcosa!), quasi unica nel panorama italiano dell’informazione e frutto sicuramente di un territorio particolare che conosce bene i suoi gioielli e li ammira, conservandoli gelosamente e purtroppo spesso senza indossarli.

Perché Libertà, questo giornale che avete davanti e che oggi mi viene “consegnato” è un gioiello. E di questo ringrazio il direttore Pietro Visconti che in questi sei anni lo ha custodito e cesellato, grazie anche alla Proprietà che ha sempre permesso ai suoi giornalisti di lavorare in serenità e, scusate il bisticcio di parole, libertà. Libertà è un caso quasi unico di eccellenza: non lo dico io, lo dicono i numeri (una penetrazione sul territorio quasi al 100% con gli altri nostri mezzi, Liberta.it, Telelibertà e i social), lo dicono colleghi e amici che si trovano a sfogliarlo (“ma avete una qualità da nazionale” è il commento più comune), lo suggerisce la bravura di chi ci lavora, colleghi in redazione o sparsi per il territorio che hanno qualità professionali e umane per le quali potrebbero scrivere in qualsiasi testata nazionale e una conoscenza e un amore profondo per il territorio che raccontano e per la testata per la quale lavorano.

Due elementi fondamentali per creare un prodotto sempre autorevole e soprattutto sempre al fianco della comunità. Perché, lo dico da direttore, Libertà non è e non sarà mai il mio giornale o il giornale dei giornalisti che ci lavorano, ma è il giornale di tutti i piacentini. Una verità che la nostra Presidente Donatella Ronconi ha voluto certificare con un gesto unico e irripetibile: donare, insieme a beni personali, la proprietà del gruppo a una fondazione, la Fondazione Ronconi-Prati, nel quale consiglio generale confluiscono varie rappresentanze della città, in un “unicum” che non ha simili in Italia. Il giornale è in qualche modo anche materialmente di Piacenza. Una comunità che, grazie a Libertà, riesce non solo ad avere qualche risposta, ma soprattutto una voce che altrimenti non avrebbe.

Piacenza senza i suoi mezzi d’informazione, sarebbe afona. È un discorso che vale per tutte le province, ancor di più per territori piccoli, ma che non sempre viene percepito a dovere al di fuori. In quest’anno ho avuto con colleghi e autorità del settore, anche politiche, diversi confronti sull’intelligenza artificiale e l’uso che se ne potrebbe fare anche nel nostro settore. Mi sono trovato a spiegare varie volte che la nostra intelligenza artificiale sono le orecchie, gli occhi e spesso le gambe dei collaboratori o dei redattori che, ramificati sul territorio, riescono egregiamente ad esercitare ancora il mestiere del giornalista: raccogliere informazioni, storie, talvolta opinioni e raccontarle, trasformandole in notizie leggibili, interessanti, spesso godibili, sicuramente uniche e stimolanti per un dibattito. Notizie che a volte travalicano i confini e finiscono agli onori delle cronache nazionali, sui giornali o in televisione ma che nascono dal territorio, dalla provincia, dal lavoro di persone che ogni giorno si impegnano per dare voce a chi altrimenti non la avrebbe.

Questa è in fondo la nostra missione: essere al servizio di una comunità per farla crescere e prosperare. Con tutti i mezzi possibili: Libertà è un sistema editoriale complesso, in cui televisione, internet e social hanno il compito di “parlare” a chi è registrato su una diversa frequenza, in modo da raggiungere veramente tutti. Con mezzi e linguaggi diversi, certo, che conosco bene perché ho avuto la fortuna di studiarli tutti, lavorandoci per anni. È anche per questo che oggi assumo il ruolo di direttore anche di Liberta.it e di Telelibertà (mi permetto di ringraziare il direttore Nicoletta Bracchi per la valorizzazione di queste due realtà fondamentali per il nostro gruppo, gruppo che continuerà ad avvalersi della sua professionalità): per trasformare un proposito (la crossmedialità, ossia la diffusione dell’informazione attraverso tutti i mezzi) in una realtà omogenea e funzionale. Ma con chiara in mente l’idea che la carta stampata, con tutti i suoi difetti primo tra tutti la distribuzione, resta il baluardo dell’informazione, con buona pace di chi la vorrebbe rottamare in virtù di logiche mordi e fuggi che stanno solamente impoverendo le menti e le coscienze degli italiani, sempre più convinti che leggere un titolo su internet sia sufficiente a formarsi un’opinione sulle cose o ad avere in mano le chiavi giuste per decodificare il mondo.

E sempre più convinti (maledetta logica free!) che si possa avere un’informazione di qualità gratis, come se si producesse da sola, come se la benzina che il collaboratore utilizza per andare a Vernasca o Ferriere piovesse dal cielo sotto forma di spirito, trasformando un clic in comoda manna combustibile. Purtroppo, non è così: l’informazione costa. Costa farla e costa leggerla: un euro e cinquanta al giorno è un prezzo direi più che accettabile. Ed è per questo che il giornale resta il luogo privilegiato del dibattito, del confronto e della riflessione. Certo, è un luogo che richiede del tempo e persino un po’ di fatica per essere visitato, come tutte le cose che si vogliono fare per bene. Ma è un tempo speso bene, garantito.

Chiudo questa articolessa (genere che non amo: giuro che i prossimi editoriali saranno molto più brevi) raccontando un aneddoto. Sabato, passeggiando in piazza Duomo, sento alle mie spalle la voce di un uomo che parla al telefono. “Sono sette anni che abito a Piacenza, ma di lì non c’ero mai passato”. Si alzano le antennine del giornalista e aziono il super udito per ascoltare meglio. “Il centro storico lo conosco bene, eppure scopro ogni volta posti nuovi. Ci sono strade e palazzi bellissimi, cortili nascosti dietro cancelli a volte semi aperti. È una città stupenda ma soprattutto è sorprendente. Non te l’aspetti proprio”. Rallento con studiata nonchalance per farlo passare e studiarlo e noto che non è uno studente, avrà fra i 30 e i 35 anni. Poi ricordo la mia prima volta in città. Un anno e mezzo fa, stesso senso di disarmata sorpresa. Ma quello che mi fa riflettere è un’altra cosa: come mai ho abitato per 22 anni a Milano e non sono mai andato a Piacenza? Perché siamo una città che per anni si è considerata di passaggio, soprattutto di merci e non di persone. Perché la vocazione turistica deve ancora arrivare. Perché i piacentini hanno quel tratto ligure che da genovese riconosco benissimo: una certa pudicizia, una tendenza a nascondere le proprie ricchezze, non solo materiali, con una sorta di umiltà che di per sé è positiva, ma a volte si trasforma in ostinata incapacità di raccontarsi e soprattutto valorizzarsi. Piacenza è sorprendente, ha risorse tutte da esplorare. È un gioiello, come Libertà. Ed è ora che entrambi siano tirati fuori dalla cassaforte ed esibiti: senza sfacciataggine, ma con orgoglio.

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