Un anno dopo l’attacco di Hamas, Donne in nero in piazza: “Basta violenza”

07 Ottobre 2024 18:48

“Tutte le vite sono preziose”. Oggi è il 7 ottobre ed è passato un anno dall’attacco terroristico di Hamas in Israele. Efferatezza che ha portato ancora più violenza e instabilità in tutto il Medio Oriente. In occasione di quel terribile anniversario sono tornate a manifestare le “Donne in nero” di Piacenza. Vestite a lutto per protestare contro un mondo dove prevale la legge dell’occhio per occhio invece che quella della pace.

“Fuori la guerra dalla storia” recitava lo striscione che ha caratterizzato la manifestazione organizzata stamattina all’angolo tra via Cavour e via XX settembre. Un sit-in per dire basta alla guerra di Netanyahu perchè “dalla violenza non può nascere la pace”.

La lettera aperta del comitato “Donne in nero”

Siamo donne in nero.

Donne, innanzitutto, sorelle di tutte quelle che, nel mondo, subiscono le guerre, non le decidono.

In nero, il colore che nella nostra tradizione si indossa per il lutto.

Il lutto per tutte le morti, di tutte le parti, di tutti i paesi.

Il 7 ottobre 2023 l’aggressione di Hamas oltre i confini della Striscia di Gaza faceva 1200 morti, soprattutto ragazzi e ragazze che non potevano essere considerati obiettivi militari. Persone inermi, uccise barbaramente o trascinate indietro oltre quel confine, e detenute come ostaggi. Non possiamo dimenticare l’immagine di quella ragazza denudata e trascinata su un camion dai terroristi.

Ma subito dopo la vendetta di Israele faceva a Gaza 43000 morti, sempre tra donne, vecchi e bambini inermi. Lo stato ebraico sostiene di aver colpito strutture del terrorismo: e la gente che abitava in quei palazzi, che si faceva medicare in quegli ospedali, che passava di lì per caso ed è morta senza colpa? E i bambini costretti a bere acqua contaminata sviluppando gravi malattie, e i feriti e mutilati che non avevano più un ospedale in cui farsi curare, e le file di camion di generi alimentari bloccati oltre il valico di Rafah? La fame usata come arma di guerra è condannata dalle leggi internazionali.

Eppure, molti paesi del mondo, compresa l’Italia, continuano a vendere armi a Israele (nonostante la legge 185 proibisca di venderne a paesi in guerra), siglano lussuose collaborazioni militari tra università e si rifiutino sia di riconoscere lo stato di Palestina (solo dalla giustizia nascerà la pace…) sia di chiedere la fine dell’occupazione.

Nel frattempo, Israele porta avanti la sua aggressione genocida con l’attacco al Libano, un paese già martoriato da anni di guerra civile, dove l’esercito israeliano ha fatto 2000 morti in un anno di guerra…

Un orrore non giustifica un altro orrore. Una strage non si lava con un’altra strage. Quando l’Aja e l’ONU parlano di “eccesso di difesa”, si riferiscono a Israele, e al suo capo ormai fuori controllo. Perché l’Occidente e il mondo continuano ad applicare due pesi e due misure, condannando i massacri di una parte e autorizzando quelli compiuti da Israele, spingendo la situazione mediorientale sull’orlo della Terza Guerra Mondiale? Perché nessuno lo ferma?

Gli autori dell’orribile strage del 7 ottobre durante l’operazione israeliana contro Gaza denominata “Piombo Fuso” (2008) erano bambini: cosa possono aver sedimentato dentro di sé? In questo 7 ottobre non ricordiamo solo la strage di Hamas, ma le centinaia di risoluzioni ONU che imponevano a Israele il rispetto della giustizia internazionale e che non sono mai state rispettate dai governi israeliani, le innumerevoli operazioni militari contro Gaza e nella West Bank, la distruzione di case, lo sradicamento degli ulivi, la deportazione della popolazione, un regime che tutte le voci indipendenti hanno giudicato di apartheid.

La società israeliana, già da tempo dà segno di non sopportare più questa situazione: manifestazioni di piazza, giovani che si rifiutano di arruolarsi e molte associazioni che chiedono le dimissioni di Netanhayu per avere finalmente la pace.

Siamo donne in nero: un movimento nato in Israele e fatto di persone che avevano capito che l’occupazione della Palestina danneggiava anche il loro paese, rendendolo disumano. Che condannavano un regime che semina odio nel mondo arabo, facendone una polveriera.

Perché l’odio genera solo odio. La violenza genera altra violenza, in una spirale che non si fermerà.

 

© Copyright 2024 Editoriale Libertà