Lo stilista Bilotta inaugura il suo atelier in via Roma: “Ogni capo diventa una scultura”
13 Novembre 2024 10:35
Una veletta che si adagia delicatamente sul viso, il colore che vibra come un sussurro e il gioco sapiente di armonie cromatiche che crea una narrazione segreta. La magia della moda è un racconto silenzioso, un linguaggio visivo che non tutti sanno interpretare o comprendere fino in fondo. Solo alcuni eletti, come lo stilista Ettore Bilotta, originario di Aprilia, in provincia di Latina, possiedono l’arte di tradurre in tessuti e forme ciò che per molti rimane un mistero. Con la recente apertura del suo atelier di alta moda a Piacenza, nel palazzo Anguissola di Grazzano in via Roma, Bilotta ha portato la sua visione e maestria in una cornice che coniuga storia e contemporaneità, tradizione e innovazione. La moda, nelle mani di Bilotta, diventa molto più di un abito o un accessorio: è creatività pura, un sogno che bussa al cuore e si traduce in sensazioni. “Ogni capo – commenta lo stilista – diventa una scultura viva, un dipinto, un’espressione di emozioni che abbracciano l’individualità di chi lo indossa. Senza una qualità tangibile, mi sentirei perso”. L’atelier di Bilotta non è solo un luogo dove si creano abiti, ma uno spazio in cui la moda si fa rima visiva.
Ma cosa l’ha spinto a scegliere di trasferire il suo atelier da Milano a Piacenza? Quali idee e ispirazioni ha voluto portare con sé in questa nuova avventura? “Sentivo il bisogno di immergermi in un’atmosfera di fasto – spiega lo stilista – di lasciarmi avvolgere da quel gusto raffinato e ricercato che richiama il Settecento. Piacenza mi trasmette queste sensazioni, Piacenza è una piccola capitale. È una città meravigliosa, mi chiedo se i piacentini ne siano davvero consapevoli. Il mio trasferimento qui è avvenuto quasi per caso, ma forse nulla accade per caso. Tutto è iniziato una sera, durante una cena al Collegio Alberoni. In una conversazione informale, quasi distrattamente, chiesi a un amico se sapesse di un appartamento settecentesco in città. Una domanda fatta così, senza troppe aspettative. Il giorno successivo ricevetti una telefonata: l’appartamento c’era, ed era libero. Presi subito appuntamento con il proprietario. Una folgorazione: quel palazzo mi chiamava, evocava il fasto dei palazzi opulenti di Roma. Il legame con la città si è consolidato rapidamente, inizio anche a capire l’essenza del piacentino, ci accomuna una certa riservatezza di fondo”.
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