Sementi dall’estero vendute come italiane, maxi sequestro della Finanza

09 Dicembre 2024 12:03

I militari del Comando provinciale della Guardia di Finanza Torino hanno portato a termine, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Torino, una mirata attività investigativa in materia di contrasto al fenomeno delle frodi agroalimentari, a tutela del made in Italy.

L’operazione – svolta nell’alveo di un più ampio contesto investigativo, denominato “Via dei semi”, curato dal Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino – ha riguardato la commercializzazione su tutto il territorio nazionale di sementi da orto (principalmente di pomodoro, peperoncino e fagiolini) di origine prevalentemente cinese o comunque estera ma rappresentate fallacemente come di origine italiana, in quanto sulle relative confezioni erano riportati figure, immagini e segni atti a indurre il consumatore a ritenere che il prodotto fosse di provenienza nazionale.

“Lo scopo perseguito con tale attività di servizio  – si legge nella nota – è stato principalmente quello di individuare e reprimere condotte lesive, su larga scala, del made in Italy e, in definitiva, delle produzioni agricole nazionali. Ciò in prosecuzione degli accertamenti che già nello scorso mese di settembre avevano consentito di operare nel cesenate, presso siti di confezionamento dei prodotti in questione, il sequestro di 8,2 tonnellate di sementi da orto, già confezionate in circa 218 mila buste, pronte per l’immissione in commercio.
Il conseguente sviluppo degli approfondimenti di polizia giudiziaria ha portato gli investigatori – fatta salva la presunzione di innocenza delle persone sottoposte a indagini nonché la loro possibilità di far valere, in ogni fase del procedimento, l’estraneità ai reati per cui si procede – a individuare nel piacentino un ulteriore importante sito
di confezionamento delle sementi della specie.

Su disposizione della Procura della Repubblica di Torino sono state pertanto effettuate apposite perquisizioni in provincia di Torino e Piacenza, pervenendo alla conclusiva sottoposizione a sequestro di ulteriori 263,3 tonnellate di sementi da orto, in parte già confezionate in circa 1,9 milioni di buste, recanti indicazioni fallaci circa l’origine italiana del prodotto e destinate alla commercializzazione sul mercato nazionale.

Nel corso delle operazioni di perquisizione i militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria Torino hanno inoltre sottoposto a sequestro 29 macchinari industriali utilizzati per il confezionamento illecito delle sementi, così inibendo la prosecuzione dell’attività, tenuto conto che presso il sito produttivo era presente un altro milione
di confezioni aventi analoghe caratteristiche.

Il controvalore dei prodotti sequestrati è stato stimato in oltre 38 milioni di euro.
Attraverso i riscontri effettuati gli investigatori hanno potuto ricostruire la filiera relativa all’importazione dall’estero delle sementi in argomento, che venivano confezionate presso il suddetto sito piacentino con imballi recanti la bandiera italiana e indicazioni che richiamavano il territorio della penisola italica (anche con fallace
evidenziazione delle Regioni di asserita provenienza) nonché le denominazioni di numerosi prodotti agroalimentari tradizionali italiani (quali, tra gli altri e a titolo esemplificativo, il pomodoro San Marzano e “verduro” sardo, la zucca trombetta d’Albenga, il fagiolino “stortino” di Trento e il peperoncino calabrese).

Nel complesso, le oltre 800 specie di sementi da orto che, senza alcun processo di trasformazione “sostanziale”, venivano poi immesse in commercio con le descritte modalità ingannevoli per il consumatore sono risultate in realtà provenire prevalentemente, a seconda dei casi, da Cina, India, Ungheria e Tanzania.
In tale quadro, va evidenziato come un effetto atteso dall’attività posta in essere sia anche quello di pervenire a una “legalizzazione” delle modalità di confezionamento delle sementi di origine estera da parte degli operatori interessati, a tutela del made in Italy, rimuovendo gli elementi che inducono a ritenere che si tratti di prodotti di
origine italiana e apponendo l’esatta indicazione della loro provenienza.

Ferma restando la presunzione di innocenza fino a compiuto accertamento delle responsabilità, per le suesposte condotte il responsabile dell’impresa coinvolta nella commercializzazione di prodotti recanti fallaci indicazioni di origine è stato deferito all’Autorità giudiziaria, per il reato – in ipotesi d’accusa – di vendita di prodotti
industriali con segni mendaci”.

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