Peste suina africana, secondo caso di positività in un allevamento piacentino

09 Gennaio 2025 10:42

Riscontrato un caso di positività alla peste suina africana in un allevamento suinicolo nel comune di Vigolzone. L’Ausl di Piacenza nella mattinata di oggi, giovedì 9 gennaio, ha infatti confermato il secondo caso di Psa nel Piacentino, dopo quello accertato lo scorso luglio a Ponte dell’Olio.

Grande preoccupazione per l’intero settore suinicolo che torna a rivivere un vero e proprio dramma. L’allevamento dove venne rilevata la prima positività alla Psa dovette abbattere tutti i capi presenti e il territorio circostante venne inserito nella zona di restrizione 3, quella più stringente.

Il nuovo caso di peste suina è stato registrato a Vigolzone nelle carcasse di suini morti in un allevamento da riproduzione.

L’analisi virologica sulle carcasse, dopo il conferimento del veterinario aziendale alla sezione di Parma dell’Istituto zooprofilattico della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, è stata condotta dalla sede centrale di Brescia dello stesso Istituto e l’esito positivo è stato confermato dal Centro di referenza nazionale dell’Istituto zooprofilattico di Umbria e Marche.

Cosa dice il regolamento

In base al Regolamento europeo (2020/687) è previsto che negli allevamenti con casi confermati di peste suina africana siano abbattuti tutti i suini presenti e, in base a una valutazione del rischio, che la misura possa essere estesa anche ad allevamenti che hanno avuto contatti con il positivo.

L’unità di crisi regionale, riunita ieri alla presenza del Ministero della Salute e del Centro di referenza nazionale, ha concordato di dare immediata applicazione a quanto previsto dal regolamento, per controllare rapidamente l’infezione ed evitare la diffusione ad altri allevamenti e ulteriori restrizioni su animali e prodotti della filiera suinicola.

“Danno enorme per il comparto suinicolo”

“L’attenzione della Regione è massima – hanno commentato gli assessori regionali Massimo Fabi (Politiche per la salute) e Alessio Mammi (Agricoltura, Agroalimentare, Caccia) -, per questo appena confermato il nuovo caso è partita immediatamente la profilassi prevista, con l’obiettivo di isolare la diffusione del virus ed evitare modifiche allo stato sanitario dell’area. Ricordiamo che la Psa non comporta nessun rischio per le persone, ma rappresenta un danno enorme per il comparto suinicolo. Negli ultimi due anni abbiamo investito oltre 11,1 milioni di euro per rafforzare la biosicurezza negli allevamenti, sostenendo interventi in più di 150 aziende su tutto il territorio regionale. Il nostro impegno, al fianco degli allevatori, continuerà a essere costante a tutela e difesa del lavoro delle nostre imprese e delle nostre eccellenze agroalimentari”.

L’area, dal novembre scorso, era stata declassata in zona di restrizione di tipo II per Psa (zona con restrizioni a seguito di positività rilevate nei cinghiali).

L’allevamento infetto si trova in un’area boschiva dove di recente erano state riscontrate positività per Psa in cinghiali abbattuti, per cui è ipotizzabile che l’infezione sia entrata tramite un contatto con l’ambiente esterno contaminato.

Confagricoltura: “situazione surreale”

“È annichilente, oltre lo sconforto.  Il nuovo caso accertato di peste suina si è verificato in una zona collinare ad alta densità di cinghiali positivi, esattamente come il caso di quest’estate – le parole della presidente della Sezione Suinicola Giovanna Parmigiani -. Si continua a puntare il dito su possibili falle nella biosicurezza di allevamenti che ormai, tra procedure e zone di disinfezione, non sanno più come schermarsi. Il rischio zero non esiste e in estate ci dicevano di innalzare al massimo la biosicurezza, perché gli operatori entrano ed escono più frequentemente dagli allevamenti. L’incremento dei casi di positività in allevamento era stato correlato a questo aspetto, ma ora siamo in inverno e non c’è l’andirivieni dai campi. Fino a quando continueremo a non considerare che la malattia è portata dal vettore e quindi dal cinghiale, non risolveremo il problema”.

“Facciamo il vuoto dentro agli allevamenti, ma non attorno. E questo per quanto riguarda i casi di positività, ma la situazione è tragica per tutti gli operatori del comparto.  Le maglie appena allentate sulla movimentazione dei suini si stanno di nuovo richiudendo – prosegue la nota di Confagricoltura – ancor prima che vengano modificate le zone di restrizione in virtù di questo nuovo caso e quindi anche chi ha gli allevamenti con i suini sani non può più spostarli, a meno di mandarli al macello, ammesso di trovarlo e con deflazioni speculative di prezzi. Il risultato sarà quello più volte denunciato e vissuto di trovarsi animali che vivono in stato di sovraffollamento tale da portare ad aumenti vertiginosi di mortalità e ovviamente a sforare ogni basico requisito di benessere. A ciò si aggiungano costi di gestione incalcolabili perché si ha anche un’enorme difficoltà a trovare macelli disposti a ricevere questi animali sani. Non è possibile che questa situazione sia dovuta solo all’inefficacia delle azioni previste, un simile disastro presuppone quantomeno delle intenzioni, a quale livello non riusciamo a capirlo”.

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