Rdb Ita sotto sequestro, preoccupazione ad Alseno per i trenta dipendenti

06 Febbraio 2025 12:16

Foto Paola Brianti

Fu esattamente un anno fa, era il 16 febbraio. Una trave lunga ventidue metri e pesante cinque tonnellate, prodotta dalla Rdb Italprefabbricati, schiacciò e uccise cinque operai, in via Mariti a Firenze. Il dolore e la rabbia, nel cantiere del nuovo supermercato Esselunga, fecero subito il giro d’Italia. E si iniziò a dire con insistenza che quella trave sarebbe partita da Piacenza. Seguirono giorni di protesta, di lutto, di “Mai più”, ma anche di analisi, di perizie, di test, di indagini e interrogatori, soprattutto sui materiali utilizzati. Poi nulla. Fino a ieri mattina: alla Rdb Italprefabbricati di Alseno, dove il sindacato era tornato più volte sui cancelli nell’ultimo anno, in sciopero, al punto di arrivare a chiedere un tavolo in prefettura sulla sicurezza (“Troppi infortuni, ora basta”, hanno ribadito Cgil, Cisl, Uil), sono stati messi i sigilli. Lo stabilimento sulla Via Emilia è finito sotto sequestro preventivo, come gli altri, gemelli, del colosso abruzzese. La prima preoccupazione riguarda ora i circa trenta dipendenti della struttura piacentina (al momento sono in ferie, in attesa di capire se si possa procedere alla cassa integrazione), che un tempo si chiamava Canova e venne rilevata e ampliata quando la Ita acquisì nel 2015 lo storico marchio piacentino Rdb, nato negli anni Sessanta, e i suoi siti produttivi tra Piacenza, Pontenure e Monticelli al tempo in ginocchio nella sezione fallimentare del tribunale di Piacenza. Poco dopo l’acquisizione la Ita trasferì tutta la produzione ad Alseno.

Chi sono gli indagati

In parallelo al sequestro dell’azienda di Alseno, ieri mattina, Polizia, Postale e ispettori dell’Ausl – diretti dai pm Francesco Sottosanti e da Alessandra Falcone – hanno passato al setaccio case e uffici dei tre indagati dalla procura di Firenze per la tragedia del 16 febbraio. Sono: il direttore dei lavori strutturali, l’ingegnere fiorentino Marco Passaleva; il direttore dei lavori strutturali nominato dalla società committente Villalta, l’ingegnere abruzzese Carlo Melchiorre che firmò il progetto della trave, responsabile anche dell’ufficio calcoli della Rdb; e Alfonso D’Eugenio, l’amministratore tra i più noti nel Paese che acquisì dieci anni fa la Rdb spuntandola su una cordata araba. I reati ipotizzati a vario titolo per la tragedia del 16 febbraio a Firenze sono omicidio colposo e lesioni colpose plurime con le aggravanti della violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Perquisizioni in corso

“Siamo come sempre a disposizione delle autorità. Le indagini nei confronti di mio padre, un atto dovuto, sono solo all’inizio”, precisa il figlio di D’Eugenio, interpellato ieri da Libertà, pronto a difendere il nome dell’azienda dalle accuse. “Già nelle prossime ore faremo richiesta di dissequestro dell’azienda di Alseno”. La conversazione si interrompe alcuni istanti: “Sono con la Polizia, scusatemi, dobbiamo fornire tutto il materiale tecnico richiesto. Ribadisco, noi siamo a disposizione”.

Le accuse

La Procura di Firenze sostiene intanto che quanto accaduto in via Mariti sia riconducibile “a un errore di progettazione che ha interessato in modo particolare la trave TL309-2P“. E aggiunge: “Venivano calcolati in modo erroneo i carichi che la trave avrebbe dovuto sostenere e veniva inserito nel relativo progetto un quantitativo di ferro non in grado di sostenere tali carichi”. Tradotto, quel che è accaduto un anno fa andrebbe ricercato nella trave non armata con una quantità di ferro sufficiente a reggere i pesi, e in progetti eseguiti male, in fretta, anche a seguito delle sollecitazioni del committente, Villata, e dell’appaltatore Attività Edilizie Pavesi.

“Siamo preoccupati”

Alberto Zucconi della Fillea Cgil Piacenza sottolinea: “Siamo stati informati di quanto accaduto ad Alseno dai lavoratori e seguiamo con apprensione l’evoluzione della vicenda. Siamo di fianco ai dipendenti e saremo in prima fila nella loro tutela”. Roberto Varani della Cisl aggiunge che “si stanno recuperando tutte le informazioni possibili per potersi muovere da subito”.

“Qualcosa si muove”

Secondo la procura, gli operai al lavoro a Firenze non avrebbero neppure saputo che le staffe dell’armatura del dente della trave si trovavano in una posizione diversa rispetto alle schede di produzione. Di certo fu un disastro, un collasso di una massa di cemento causato, dicono i periti, dal crollo del dente sul quale poggiava la trave. Così morirono Luigi Coclite, autotrasportatore 60enne arrivato al cantiere con un camion betoniera e residente a Livorno, e quattro operai di Brescia e Bergamo: Taoufik Haidar, di 43 anni, Mohamed El Ferhane, di 24, Bouzekri Rahimi, di 56 anni, e Mohamed Toukabri, 54 anni. “Siamo stati un anno nel limbo, nella condizione di non sapere chi è stato l’assassino di mio marito, ora almeno possiamo tirare un sospiro di sollievo. La sua storia non è finita nel dimenticatoio”, ha detto ieri all’Ansa Simona Mattolini, moglie di Coclite. Attesa per un vertice nazionale oggi tra sindacato e azienda.

L’ARTICOLO DI ELISA MALACALZA SU LIBERTÀ

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