Cinque anni dal Covid: la generazione persa e la ferita che resta. L’anniversario
20 Febbraio 2025 08:22
La vita fa i conti con la morte, ma i morti di solito sono la parte sotterranea della vita. Cinque anni fa ci fu un rovesciamento, dove i morti sparivano nel nulla, le strade erano percorse solo dalle ambulanze, e c’era la fila al forno crematorio. “Credetti all’incredibile”, dirà l’infermiera che tentò il tampone sul paziente 1. Aveva la febbre alta, quella “febbre strana”. Era stato a Piacenza, e a Piacenza già da dicembre la gente si stendeva sul pavimento con le ossa che sembravano impazzite per quelle “strane polmoniti”. Il 21 febbraio 2020 così iniziò una lunga notte che sapeva solo di paura e disinfettante. Iniziò quello che è stato un “prima” e un “dopo”: sono cambiate le parole (sicuri di riuscire a usare oggi con scioltezza il termine positivo?) e chi più ha sofferto dice: vorrei solo cancellare, ma non ci riesco. Mille e seicento morti, una generazione cancellata, quella dei nonni, un buco nel conto finale della sanità di 50 milioni, un esercito di traumatizzati, e quelle immagini: le croci delle suore di Castell’Arquato una in coda all’altra al camposanto (morirono tutte), la bocciofila dei paesi sterminata, ma anche l’apertura del cimitero di Piacenza anche ai musulmani (il dolore unì finalmente), le bandiere perennemente a lutto, le campane a morto, le sirene delle ambulanze nelle orecchie, e poi quel tempo adrenalinico, la ripartenza gonfiata di entusiasmo fasullo, perché psicologicamente eravamo solo pugili suonati, l’odore di disinfettante nelle narici, e l’Antonino d’oro alla sanità. Fa, Si. Fa, Si, Re. Era il Silenzio, che si diffuse in piazza Sant’Antonino poco prima delle 11. Un trombettista prese in mano la sua tromba, scandendo l’addio ai caduti dell’ultima viscida guerra, quella di marzo, quella che non aveva armi e le aveva trovate, poi, lasciando sul campo mille vittime, no, di più.
L’ARTICOLO DI ELISA MALACALZA NELLE PAGINE DI LIBERTA’ DEDICATE AL RICORDO E ALLA MEMORIA
IL SERVIZIO DI DANILO DI TRANI
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