“Nel 2035 oltre 300mila residenti nel Piacentino, ma sempre più anziani e soli”
23 Maggio 2021 05:31
Se il Covid sarà sconfitto e l’andamento demografico tornerà a regolarizzarsi, nel 2035 la provincia di Piacenza supererà i trecentomila residenti.
Ma, nonostante questa crescita, la popolazione sarà sempre più anziana e sola, soprattutto nelle aree montane, mentre quelle zone che reggeranno all’invecchiamento generale lo potranno fare solo grazie all’arrivo degli stranieri.
Questo quanto emerge dal rapporto “La situazione demografica dell’Emilia-Romagna e le proiezioni al 2050”, ricerca realizzata dall’associazione Neodemos per conto della Fnp-Cisl e della Cisl Emilia Romagna.
Secondo i modelli statistici studiati, nel 2050 quasi il 30% dei piacentini over 65 vivrà solo (perché mai sposato, divorziato o vedovo), percentuale che salirà addirittura al 70% tra gli ultra ottantacinquenni.
IL RAPPORTO NEODEMOS-CISL EMILIA ROMAGNA
IL COMMENTO DEL SEGRETARIO PROVINCIALE CISL MICHELE VAGHINI
“Oggi in regione c’è una persona over 65 su quattro, ma nel 2050 sarà una su tre e nelle zone a maggior rischio di spopolamento, come il nostro Appennino o certe aree della nostra provincia, una ogni due – commenta Michele Vaghini, segretario generale della Cisl di Piacenza e Parma – con il peso demografico delle giovani generazioni che potrebbe non essere compensato nemmeno dai flussi migratori. Sta calando il numero delle donne che decidono di avere un figlio e rimandano decisioni anche a causa delle loro precarie condizioni lavoro che spesso mortificano queste aspirazioni. Questa situazione rischia di compromettere la tenuta del sistema sociale e di welfare. Questa tendenza va contrastata con un modello adeguato di politiche famigliari – aggiunge – e con un netto miglioramento dello scenario economico, in cui la conciliazione dei tempi di vita e lavoro delle persone deve viaggiare parallelamente al livello di produttività delle imprese. Contestualmente a questo, l’invecchiamento della popolazione impone scelte obbligate anche sulla tutela della non autosufficienza e della qualità della vita delle persone anziane dove la domiciliarità deve essere la base della proposta dei servizi socio-sanitari, con servizi complementari che possano aiutare la persona anziana a mantenere una certa autonomia”.
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