“L’economia piacentina resiste alle crisi grazie alle medio-piccole imprese”

26 Maggio 2023 04:30

“L’economia piacentina è come la piccola-media impresa italiana, è flessibile e pronta ad affrontare qualsiasi crisi perchè non ha vincoli particolari dovuti a comparti molto forti” sono le parole di Dario Costantini, presidente nazionale della Confederazione dell’artigianato e della piccola e media impresa, a margine dell’evento organizzato dalla Banca di Piacenza per presentare lo stato di salute del sistema economico locale.

E’ “positivo” il quadro che emerge dal Report 2023 sull’economia piacentina. Dopo sette anni di interruzione, dallo scorso anno – su iniziativa della Banca di Piacenza, dell’Università Cattolica e della Camera di Commercio – è dunque ripresa la pubblicazione del Rapporto annuale sul sistema economico piacentino, distribuito a tutti gli intervenuti al termine dell’incontro. Rapporto dove si legge che “a fronte dei principali vincoli strutturali allo sviluppo, come la debolezza della demografia, la scarsa presenza di grandi imprese, la decrescente propensione imprenditoriale, la perdita di importanti centri direzionali e di proprietà di rilevanti realtà industriali locali, la capacità di “resilienza” delle imprese si è confermata diffusa e significativa, al pari delle prestazioni positive dei territori della regione Emilia-Romagna e del Nord Italia in generale. In termini di qualità della vita l’aspetto negativo preoccupante rimane lo squilibrio ambientale, che colpisce da anni anche le altre province confinanti, sia per il tipo di struttura produttiva presente che per le particolare condizioni geomorfologiche della pianura padana. La velocità del cambiamento sociale ed economico richiede risposte calibrate e condivise dagli operatori economici e dalle istituzioni locali. Di qui il monitoraggio permanente dell’evoluzione del tessuto produttivo locale e più in generale del sistema socioeconomico territoriale, insieme ad una lettura condivisa degli scenari economici, sembrano sempre più urgenti per individuare risposte collettive coerenti ed evolute da parte sia degli operatori economici sia delle istituzioni sociali e politiche del territorio”.

Lorenzo Turci, ricercatore del Lel, ha passato in rassegna alcuni dati significativi del sistema Piacenza riguardo l’andamento della popolazione (le nascite sono in aumento ma il tasso di invecchiamento cresce), l’anagrafe delle imprese, con una debole crescita di quelle attive nell’ultimo anno, l’export (in calo), l’ambiente (non bene l’inquinamento, con il livello dell’ozono troppo alto). Il prof. Rizzi ha preso in esame i due settori sui quali il Report ha posto maggiore attenzione, il commercio e i servizi alla persona, illustrandone punti di forza e debolezza e ha chiuso il suo intervento ricordando una frase ripetuta spesso dal presidente Sforza: “Dopo aver perso negli anni tanti centri decisionali, bisogna invertire questa tendenza. Piacenza deve tornare a contare di più, molto di più. Soprattutto, deve sveltirsi a tenere a Piacenza le risorse che Piacenza produce”.

Roberto Ruozi, professore emerito della Bocconi, ha posto l’accento sulla “buona capacità di resilienza” del sistema Piacenza e sulla difficoltà a trovare margini di ulteriore crescita. Secondo l’illustre ospite «occorre puntare sull’internazionalizzazione e sulla “coltivazione” di talenti. Il 2022 ha consolidato la ripresa dell’anno precedente anche a Piacenza, dopo la crisi pandemica del 2020. Il valore aggiunto provinciale ha raggiunto i 9,6 miliardi di euro con una crescita del 3,9% a prezzi base, con un incremento relativo inferiore alla regione (+4,1%) e all’Italia (+3,9%), ma che ha compensato le perdite dell’anno terribile del Coronavirus. Allo stesso modo l’occupazione è cresciuta di oltre 1.000 unità, raggiungendo i 125.265 addetti nel 2022, migliorando ulteriormente il tasso di occupazione ormai prossimo al 70%. Anche il numero di imprese attive è salito di 55 unità, seppure con un trend di lungo periodo del tutto negativo, a parte la dinamica delle società di capitale, che salgono a 5.587 e contribuiscono a rafforzare il tessuto produttivo piacentino. Va tuttavia segnalato come il tasso di disoccupazione abbia ripreso a crescere (+6,5%) con oltre 8.600 disoccupati in provincia di Piacenza, trainato dall’aumento del tasso di disoccupazione femminile. Preoccupa soprattutto il costante aumento della quota di contratti a tempo determinato, che ha raggiunto nell’ultimo anno il 57,4% del totale delle attivazioni.

Sul fronte dei rapporti con l’estero, le esportazioni si riducono in modo drastico, scendendo a 5,8 miliardi di euro per un calo soprattutto delle vendite in Europa che rappresenta oltre il 75% del totale dell’export piacentino. Il contemporaneo incremento delle importazioni (7,6 miliardi di euro) ha determinato un peggioramento del deficit commerciale provinciale. Il quadro demografico presenta luci ed ombre: da un lato il totale dei residenti si riduce di oltre 300 unità con una popolazione provinciale che scende a 283.435 unità; dall’altro lato i nati sono risaliti a 1.986 unità (+140) per l’aumento del tasso di fecondità. Tuttavia il saldo migratorio sempre molto elevato (7,0) non è più sostenuto dalla crescita della popolazione straniera, che, dopo trenta anni di continuo aumento, scende a 42.124 unità (‐552), lasciando intravedere scenari demografici preoccupanti in termini di incremento degli indici di dipendenza strutturale e degli indici di vecchiaia, già oggi nettamente superiori ai livelli medi nazionali.

Se allarghiamo l’analisi alle componenti sociali ad ambientali dello sviluppo locale, come evidenziati dai rapporti sulla qualità della vita del Sole 24 Ore e sull’ecosistema di Legambiente, possiamo elencare gli indicatori in cui Piacenza registra posizionamenti negativi. In primis gli infortuni sul lavoro, per i quali il territorio si pone al 106° posto nella graduatoria nazionale, poi la qualità dell’aria, consolidato punto di debolezza dell’area (97°), la qualità ricettiva e la densità di posti letto (rispettivamente 98° e 95°). Emerge quindi una scarsa competitività dell’offerta del settore alloggi a fronte di una crescita notevole della domanda e dei flussi turistici in entrata. Ancora la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (eolico, idroelettrico, solare e geotermico) in cui il posizionamento di Piacenza è modesto (94°), così come il tasso di imprenditorialità giovanile (75°). Si conferma l’ambito ecologico come il più penalizzato in provincia di Piacenza, con i dati davvero negativi su emissioni di polveri sottili (82°), biossido di azoto (67°) e soprattutto ozono (90°), nonostante i netti miglioramenti nell’ultimo decennio. Ma anche la quantità di rifiuti urbani per abitante (105°), le vittime da incidenti stradali (90°), il tasso di motorizzazione (80°), i consumi idrici procapite (81°), a testimoniare un modello di sviluppo e consumo ancora poco orientato alla decarbonizzazione e alla transizione energetica. Il bicchiere mezzo pieno è al contrario legato ad alcuni indicatori sicuramente positivi. Dal punto di vista demografico il saldo migratorio e la quota di immigrati regolari sulla popolazione (2° posto in Italia), così come il numero di imprese straniere (16°), nonostante l’inversione di tendenza dell’ultimo anno. Nell’ambito economico si conferma la ricchezza del territorio, con il terzo posto nella graduatoria nazionale per i depositi bancari per abitante, l’elevato tasso di occupazione (11°), l’elevatissima propensione alle esportazioni (11°), nonostante il calo inatteso dell’ultimo anno.

La pandemia del 2020, le spinte inflattive precedenti e successive alla crisi energetica causata dalla guerra in Ucraina hanno certamente acuito le pressioni sul lato debole del mercato del lavoro piacentino e sul tessuto sociale del sistema locale. Di qui l’urgenza di interventi condivisi da parte delle istituzioni locali e delle associazioni di categoria, sempre più consapevoli della necessità del coordinamento delle iniziative, come dimostrato nella progettazione legata al PNRR o nei nuovi progetti per l’attrazione di investimenti non solo nel settore logistico. Il nuovo Piano Territoriale di Area Vasta di Piacenza (PTAV 2021) propone come vision di sviluppo una “provincia attraente, snodo territoriale ed eccellenza nel sistema padano”, che cerchi quindi di superare il modello della “capitale della logistica”, e riconosca il valore strategico delle vocazioni storiche del territorio: la food valley fondata sui comparti della trasformazione della carne, del caseario, del vitivinicolo e del pomodoro; l’automation valley, che rappresenta un vero e proprio distretto attivo nei comparti delle macchine industriali, della raccorderia e della meccanica avanzata, con fortissima propensione internazionale e deciso orientamento all’innovazione tecnologica; il settore dei servizi alla persona, che offre una rappresentazione emblematica della partnership pubblico‐privato con realtà nel sanitario e nel sociale capaci di integrare efficienza economica, sensibilità solidale, risposta creativa ai bisogni crescenti di una popolazione sempre più vulnerabile. Le nuove sfide del sistema piacentino sono quindi legate al consolidamento dei tradizionali fattori competitivi e cooperativi del tessuto locale, ma richiedono un ripensamento continuo dei modelli di consumo e produzione nell’ottica della sostenibilità, ovvero dell’equilibrio tra dimensione economica, sociale e ambientale della vita collettiva.

 

 

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