Piacenza Coraggiosa: “Sicurezza, stipendi sotto la soglia minima di dignità”

07 Giugno 2022 15:19

“Ai cittadini occorre dire una verità troppo spesso taciuta: oggi la sicurezza è un problema di “privatizzazione” e di condizioni di lavoro. Perché negli ultimi 20 anni è calata la mannaia sulle forze dell’ordine in termini di organici (un esempio su tutti: il posto fisso di polizia all’ospedale di Piacenza, prima chiuso, poi aperto part-time) e la sicurezza è sempre più demandata alla vigilanza privata”. Così Piacenza Coraggiosa, ecologista e solidale interviene sul tema della sicurezza a Piacenza. “E’ utile sapere che in questo contesto di sicurezza sempre più privatizzata, gli Istituti di vigilanza applicano il contratto collettivo di settore che comprende sia le guardie giurate particolari che i cosiddetti “fiduciari”, aggettivo altisonante che designa i lavoratori non armati che si occupano di vigilanza, antitaccheggio, portineria, controllo accessi. Ebbene, questi lavoratori vengono pagati 950 euro lordi mensili per 40 ore settimanali”. “L’entità della retribuzione è così misera che addirittura diversi giudici del lavoro l’hanno considerata inferiore al parametro di sufficienza previsto dall’art. 36 della Costituzione, secondo cui la retribuzione deve garantire al lavoratore e alla sua famiglia “un’esistenza libera e dignitosa” – commenta Boris Infantino, candidato di Piacenza Coraggiosa e avvocato -. Questo è un punto dove la politica deve necessariamente intervenire, creando le condizioni affinché queste retribuzioni così modeste non trovino più applicazione. A livello locale, ad esempio, il Comune di Piacenza ha appaltato il servizio di accoglienza, portineria, infopoint ad una società che applica il ccnl per i servizi fiduciari, con conseguente applicazione di questo contratto: gli addetti percepiscono una paga di circa 5,50 euro lordi per ogni ora di lavoro. Una possibile e immediata soluzione è certamente quella di inserire nei bandi di gara una clausola che obbliga il gestore del servizio e servirsi esclusivamente di personale, la cui retribuzione non sia inferiore ad una determinata soglia di dignità. E’ inaccettabile che il servizio pubblico debba avvalersi dell’attività svolta da persone che, pur lavorando a tempo pieno, percepiscono uno stipendio al di sotto della soglia di povertà”.

 

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