CRV – Presenza della criminalità organizzata e mafiosa nel tessuto socio- economico veneto
04 Maggio 2021 17:05
La Quarta commissione consiliare permanente, presieduta da Andrea Zanoni (Pd), vicepresidente Roberto Bet (ZP), ha ospitato in audizione il prof. Antonio Parbonetti dell’Università degli Studi di Padova.
Tra Consiglio e Giunta regionali e il Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali ‘Marco Fanno’ dell’ateneo patavino – Dipartimento di cui Parbonetti è Ordinario – è vigente un Protocollo d’Intesa per contrastare l’infiltrazione mafiosa nel tessuto socio- economico regionale. Il Protocollo è previsto dalla Legge regionale n. 48/2012 ‘Misure per l’attuazione coordinata delle politiche regionali a favore della prevenzione del crimine organizzato e mafioso, della corruzione nonché per la promozione della cultura della legalità e della cittadinanza responsabile’.
Oggi, il professor Parbonetti ha approfondito in particolare la presenza della criminalità organizzata e mafiosa in Veneto, sotto l’aspetto economico, giuridico e sociale, con un focus sul ruolo ricoperto dalle aziende criminali, sulla confisca e il sequestro dei beni appartenenti alla criminalità organizzata per un rapido riutilizzo degli stessi.
“Nella nostra Regione, la Ndrangheta è largamente l’organizzazione mafiosa più presente. Gli immobili confiscati alle mafie sono prevalentemente concentrati nelle provincie di Vicenza e Venezia – ha esordito il professor Parbonetti – Con riferimento invece alle aziende connesse alla criminalità organizzata, esse hanno ottenuto ricavi complessivamente per quasi due miliardi e sono presenti soprattutto nelle province di Verona, Vicenza, Venezia, Treviso e Padova. È vero che le aziende criminali sono fortemente presenti nel settore dell’edilizia e dell’immobiliare; pur tuttavia, non vanno trascurati altri ambiti in cui si sono infiltrate, come il manifatturiero, la logistica e il commercio. Il Veneto si connota per una percentuale significativa, superiore alla media nazionale, per le attività professionali. Le aziende in odore di mafia hanno una dimensione significativa, il doppio di quelle non criminali; sono fortemente organizzate, con una chiara separazione tra attività illecite (in primis droga, estorsione, usura, attività economiche e appalti, contrabbando e gioco d’azzardo) e lecite. Il rapporto delle aziende criminali con la società civile, l’imprenditoria e la politica avviene attraverso persone che svolgono ruoli professionali, imprenditoriali e culturali del tutto presentabili, soggetti i quali non hanno nulla che a prima vista possa indurre a sospetti di alcun tipo”.
“Le mafie sono presenti in modo particolare in Veneto perché siamo una regione ricca e le organizzazioni criminali seguono il filo dei soldi – ha spiegato Parbonetti – Le aziende criminali sono fortemente presenti anche in Lombardia ed Emilia Romagna e, in generale, in tutto il Nord Est. Invece, gli investimenti e la liquidità mafiosi sono concentrati soprattutto nel Sud Italia, attraverso ditte individuali e società di persona attive nel commercio, che utilizzano lo stratagemma della falsa fatturazione”.
“Il 77 percento delle imprese criminali e mafiose sono radicate nella filiera dell’edilizia – ha evidenziato Antonio Parbonetti – Questo vuol dire un controllo mafioso della filiera stessa, utile per tessere poi la rete dell’usura. Le mafie mettono in atto attività di concorrenza sleale perché alterano il rapporto tra cliente e fornitore; impongono i fornitori a costi superiori a quelli di mercato, mentre hanno accesso alle risorse a prezzi inferiori. La rimozione delle aziende criminali porta come effetti positivi l’aumento delle performance e degli investimenti da parte delle aziende sane; si riduce, inoltre, l’elusione fiscale”.
“Le mafie hanno come principale obiettivo quello di rilevare quote di capitale societario per acquisire il controllo delle aziende sane in difficoltà – ha aggiunto il prof. Parbonetti – Porto solo un esempio: nelle province più colpite dal terremoto dell’Emilia Romagna, c’è stato un aumento del controllo mafioso quantificabile in circa l’11 percento in più”.
“Tra le proposte di intervento normativo – ha concluso Antonio Parbonetti – credo che sia opportuno investire di più sulla formazione degli operatori chiamati a valutare il rischio di infiltrazione mafiosa, per una pronta segnalazione delle operazioni sospette da parte delle Pubbliche Amministrazioni. Va previsto un controllo ex post delle gare e dei soggetti assegnatari di appalti, incrociando i dati raccolti. Vanno create strutture ad hoc di supporto e analisi. Inoltre, sarebbe molto importante far decadere la responsabilità limitata dei soci di Srl che non pubblicano i bilanci, che sono esclusivamente funzionali all’arricchimento delle imprese mafiose e destinate quindi a fallire”.
© Copyright 2024 Editoriale Libertà