CRV – Consiglio veneto approva all’unanimità legge per pari retribuzioni tra donne e uomini
08 Febbraio 2022 16:57
Parità nelle buste paga e nelle possibilità di carriera tra uomini e donne nel mondo del lavoro. È l’obiettivo della nuova legge regionale approvata all’unanimità dal Consiglio regionale del Veneto. Un testo presentato dai consiglieri regionali di opposizione, in sintonia con la riforma del Codice nazionale della pari opportunità (legge del 5 novembre 2021, n. 162), e sul quale si è registrata la piena convergenza di tutte le forze politiche, grazie anche ad un iter istruttorio condiviso che ha rielaborato e ampliato l’impianto della proposta iniziale.
Cosa prevede la nuova legge regionale? Stanzia 100 mila euro (l’emendamento della Giunta ha raddoppiato quanto inizialmente previsto dai presentatori) per interventi che premino le aziende che aiutano e favoriscono il lavoro e la carriera delle donne e per impostare campagne e azioni pubbliche a sostegno dell’occupazione femminile. La Regione dovrà istituire il Registro delle imprese virtuose in materia retributiva di genere, al quale potranno iscriversi imprese pubbliche e private, compresi i liberi professionisti, che rendano trasparenti i dati sull’occupazione, su inquadramento, retribuzione e formazione dei propri dipendenti e sugli interventi attuati per ridurre il divario di genere, tutelare la maternità e contrastare abbandoni, part time involontari e dimissioni in bianco, nonché per prevenire e contrastare molestie sui luoghi di lavoro. L’iscrizione al Registro consentirà alle imprese di accedere ad agevolazioni e benefici economici, oltre che a benefici reputazionali. Specifici benefici economici saranno previsti per le aziende che assumono donne vittime di violenza o della tratta.
Nell’ambito delle proprie competenze in materia di politiche del lavoro la Regione si impegna a incentivare l’incremento dell’occupazione femminile di qualità, anche al proprio interno, a promuovere ‘buone pratiche’ tra le imprese e gli enti locali, e a favorire “progetti di sensibilizzazione sulla parità retributiva, anche attraverso la creazione di reti di imprese che si distinguono per modelli organizzativi di lavoro paritario”.
La legge prevede ancora la stipula di protocolli di intesa con università e centri di ricerca, specifici percorsi formativi, finalizzati anche a colmare il divario di competenze, rivolti a donne disoccupate o in cerca di prima occupazione. Il sito internet della Giunta regionale dovrà offrire uno “Sportello Donna”, cioè un’apposita sezione dove trovare avvisi, bandi e informazioni utili a favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, pubblico e privato, nonché a diffondere le opportunità di formazione. Si prevedono inoltre campagne informative e di sensibilizzazione per promuovere l’occupazione femminile e la parità retributiva nel mondo del lavoro, d’intesa con le parti datoriali e quelle sociali, e per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, anche attraverso la riorganizzazione dei servizi, pubblici e privati. Tra due anni la Giunta dovrà relazionare al Consiglio su quanto attuato e sugli obiettivi conseguiti.
Nonostante la parità di retribuzione tra uomini e donne sia un principio cardine della Costituzione (articoli 3 e 37) e siano trascorsi quasi 40 anni dalla ‘legge Anselmi’ che ha abolito i differenziali contrattuali in vigore del regime fascista, le donne in Italia e in Veneto hanno più difficoltà degli uomini a trovare lavoro, a mantenerlo e a fare carriera, ha sottolineato la relatrice e prima firmataria Vanessa Camani: “Uno studio dell’Università Cattolica ci dice che un dirigente uomo guadagna circa 500 euro di più di una dirigente donna In Italia gli uomini guadagnano in media il 12,7 per cento in più delle donne, secondo il report sul Gender Gap di Job Pricing. Nel settore pubblico la disparità salariale tra donne e uomini, secondo Eurostat, è del 3,7 per cento, ma in quello privato arriva addirittura al 19,6 per cento. Ciò significa che una lavoratrice, nel settore privato, può percepire anche un quinto di stipendio in meno del suo collega uomo, a parità di mansione e di ore lavorate”. Il differenziale retributivo non dipende dai contratti di lavoro (uguali per legge) ma da bonus, premi, progressioni, straordinari, retribuzioni di risultato che privilegiano gli uomini. Tra le donne prevale il part time, che nel 20 per cento dei casi è involontario, cioè imposto dall’azienda, mentre tra gli uomini la quota di part time involontario è appena del 5,4%. “Le donne sono inoltre sottorappresentate nelle posizioni manageriali – ha aggiunto Camani – e pagate meno degli uomini a parità di mansione svolta. E la pandemia ha contribuito ad ingigantire le disparità esistenti, comprese quelle di genere: durante l’emergenza sanitaria, 1 donna su 2 in Italia ha abbandonato piani e progetti lavorativi presenti e futuri a causa delle chiusure imposte dal Covid e per seguire bambini o anziani. In Veneto il tasso di occupazione femminile post-pandemia sfiora il 59 per cento, mentre quello maschile supera il 75 per cento; su 4 lavoratori che nel 2020 hanno perso il lavoro 3 sono donne”.
“L’obiettivo della parità è interesse generale, presupposto di una democrazia vera e matura – ha ricapitolato Camani – e si persegue a partire dal lavoro, primo strumento di emancipazione delle donne. L’occupazione femminile non fa solo crescere il Pil ma aumenta il benessere sociale: più le donne sono presenti nel mondo del lavoro e più è alto il taso di natalità. Questa legge non risolverà il problema della parità di genere, ma contribuisce a superare pregiudizi e discriminazioni”.
“Molta strada è stata fatta dalla Regione Veneto nel riconoscere la parità di genere – ha evidenziato di rimando la correlatrice Silvia Cestaro (Lega-Lv) – in sintonia con i principi costituzionali e il proprio Statuto, ma soprattutto per vera volontà politica di questa maggioranza. La Regione ha valorizzato con una legge ad hoc il lavoro delle donne imprenditrici (nel 2022 per le imprese ‘in rosa’ ci sono 5 milioni di euro), ha promosso politiche di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro e, grazie alla programmazione dei fondi comunitari, ha sostenuto percorsi di formazione, di nuovo inserimento lavorativo e interventi di welfare familiare”. La condizione delle donne in Veneto è migliore della media nazionale – ha ricordato Cestaro, citando il documento ‘Veneto Sostenibile’ – sia per tasso di occupazione (59 per cento) sia per percentuale di posizioni apicali nel mondo del lavoro (31,7 per cento). “Questa legge ‘trasversale’ promuove la diffusione di una cultura organizzativa antidiscriminatoria nel mondo del lavoro e nella società – ha sintetizzato la rappresentante dell’intergruppo leghista – e rappresenta un ulteriore tassello del lavoro svolto dalla Regione nell’ambito delle pari opportunità con l’avvio di nuovi percorsi per la parità di genere, in particolare in ambito privato, senza imporre nuove oneri”.
Nel corso del dibattito sono intervenute Elisa Venturini, capogruppo di Forza Italia (“la vera partita della parità di genere si gioca sul lavoro, con questa legge scegliamo lo strumento premiale, molto semplice da utilizzare”), Elena Ostanel del Veneto che Vogliamo (“la legge sostiene anche la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, per la condivisione delle responsabilità di cura nelle famiglie, e guarda al benessere lavorativo del personale femminile a partire da quello regionale. Spero che la Regione sostenga le famiglie anche con il bonus baby-sitter”), Cristina Guarda di Europa Verde, (“la legge ufficializza l’obiettivo prioritario della parità, che dovrà essere perseguito con altri provvedimenti regionali e una vera politica di servizi”), la vicepresidente del Consiglio Francesca Zottis (Pd) che ha sottolineato il valore culturale di un provvedimento che mette al centro la libertà di scelta delle donne, Erika Baldin del Movimento 5Stelle (“Il Veneto è maglia nera in Italia nella parità retributiva tra uomo e donna”), Francesca Scatto (Lega-Lv), presidente della commissione Cultura e Lavoro, (“questa legge guarda anche alle libere professioniste, migliorare le condizioni lavorative della donna significa aiutare la famiglia, di cui la donna è perno”), e Annamaria Bigon del Pd, (“Bisogna investire sull’occupazione femminile e sulla parità retributiva perché la disparità di stipendio è anche disparità di trattamento previdenziale. Contrastare la disuguaglianza di genere significa contrastare la povertà”). Sono intervenuti anche Arturo Lorenzoni, portavoce dell’opposizione, che ha sottolineato l’efficacia della legge come “strumento per valorizzare la presenza delle donne e riequilibrare un differenziale estremamente oneroso per il sistema economico e sociale”, il capogruppo del Partito democratico Giacomo Possamai (“Una legge di alto valore simbolico, anche per il suo iter condiviso, e di indirizzo”), il capogruppo Alberto Villanova dell’intergruppo Lega-Liga veneta, che ha apprezzato “il metodo condiviso di lavoro” utilizzato per affrontare un “principio valoriale” della società. Anche il capogruppo di FdI, Raffaele Speranzon, ha posto l‘accento sul significato valoriale del tema della parità di genere e sull’efficacia dello strumento premiale adottato. Per Giuseppe Pan, capogruppo della Lega, “non dovrebbe essere necessario affermare il principio condiviso della parità di genere con una legge. Il vero problema non è il riconoscimento del valore delle donne, ma avere le risorse per creare i servizi: quando il Veneto avrà l’autonomia, potremo dare risposte vere al gender gap”.
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