Colombi (Uilpa). Covid, contagi negli uffici pubblici. Il ministero se ne lava le mani
04 Maggio 2022 09:34
Dire e non dire, fare e non fare. È con queste di ambiguità che si può interpretare la Circolare n. 1/2022 a firma del ministro per la pubblica amministrazione avente come oggetto le” indicazioni sull’utilizzo dei dispositivi individuali di protezione delle vie respiratorie.”
La Circolare riprende un’Ordinanza del ministro della salute del 28 aprile scorso e regola l’uso delle mascherine FFP2 nei luoghi di lavoro pubblici. Un modo assai curioso di regolare perché in apertura il documento precisa che l’utilizzo dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie non è obbligatorio da parte de personale.
E tuttavia ogni amministrazione “nella responsabilità del datore di lavoro” deve “impartire, tempestivamente, le necessarie indicazioni al riguardo, tenendo conto delle concrete condizioni dei luoghi di lavoro e delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa dei propri dipendenti.”
Domande: cosa deve tempestivamente impartire la dirigenza dato che non c’è l’obbligo di indossare la mascherina? E di cosa è responsabile il datore di lavoro? Volendo il problema è talmente sottile da ricordare le dispute teologiche medioevali. Ma restando ai nostri tempi così poco sofisticati una sola cosa è importante per il ministero: che la circolare sia diffusa anche se è ammessa la sua inosservanza. Un bel rebus. Come è risolto? Con alcune raccomandazioni.
Per esempio, la mascherina andrebbe indossata nel corso di riunioni in presenza, in ascensore, nelle file alla mensa e così via. E fin qui siamo al buon senso. Ma come la mettiamo quando si raccomanda l’uso della mascherina in una stanza in comune anche con soli due lavoratori “salvo che vi siano spazi tali da escludere affollamenti” e allo stesso tempo la si consiglia “in ogni caso in cui, anche occasionalmente, si verifichi la compresenza di più soggetti nel medesimo ambiente”?
Ed ecco spuntare un altro rebus: in base a quali criteri un ambiente può definirsi affollato? Vicinanza interpersonale? Numerosità? Metri quadri? Rapporto fra queste tre voci? È evidente che la Circolare del ministero è volutamente ambigua, fumosa, contraddittoria. Siccome pensiamo che i suoi estensori siano persone intelligenti lo scopo allora è un altro: esimere il datore di lavoro pubblico da ogni responsabilità in caso di contagio da Covid-19 del personale.
Si tratta di un problema molto serio se è vero come e vero che nel primo trimestre di quest’anno le infezioni di origine professionale segnalate dall’Inail hanno già superato il dato complessivo del 2021. Un dato clamoroso, ma l’amministrazione pubblica scarica sui propri dipendenti l’onere della tutela: se ti ammali di Covid-19 è colpa tua. L’epidemia è così trasformata in un problema personale e il datore di lavoro pubblico se ne lava le mani. Ha scritto le raccomandazioni e tanto basta. Una furbata di talento, non c’è dubbio. Ma presenta un vulnus: la sicurezza è garantita dal datore di lavoro. Noi non saremo furbi ma abbiamo buona memoria.
Sandro Colombi, Segretario generale UIL Pubblica Amministrazione
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