“… da piccola volevo essere Lillini…”, commuovente testimonianza di un amore lungo cinquantadue anni
30 Marzo 2023 19:13
Scrivere di se stessi, sapersi raccontare con oggettività e ponderazione, è forse una delle sfide più difficili per un autore: prevede infatti una grande consapevolezza. In questi casi non è sufficiente avere una storia da raccontare, è necessario saper riflettere sulle proprie esperienze e bisogna sapersi liberare dall’inevitabile giudizio che ognuno ha di sé, che potrebbe portare lo scrittore ad essere troppo indulgente o troppo critico nei propri confronti, distorcendo così la veridicità della narrazione.
“… da piccola volevo essere Lillini…” è il perfetto esempio di ciò che dovrebbe puntare a essere un’autobiografia: Andrea Censi racconta la sua vita nelle pagine di questo romanzo senza la pretesa di voler lanciare un messaggio ai suoi lettori, non vuole ergersi a esempio da seguire e non cerca approvazione, perdono, né tantomeno di suscitare invidia o glorificazione: lui racconta la sua storia. Lo fa con sincerità e sembra non voler nascondere nessuno dei suoi pensieri e delle sue emozioni, con notevole dovizia di particolari parla di eventi passati dimostrando la maturità di chi non soltanto ha avuto tempo per riflettere sulle proprie esperienze, ma ha anche saputo farlo.
Ciò che colpisce di questa narrazione sono la quantità di dettagli che l’autore rievoca e con cui fornisce ai lettori piccoli approfondimenti sulla realtà in cui si ambienta la storia, una realtà che cambia e progredisce durante lo svolgersi della trama che dal 1945 arriva fino a oggi: il protagonista che da giovane si sente inibito durante le conversazioni telefoniche perché sa che c’è una centralinista sempre in ascolto dall’altra parte e vive l’avvento del cellulare come una liberazione da questa preoccupazione; oppure trovarsi a leggere di quando per i docenti non era stato ancora introdotto il divieto di fumare nelle aule; o i ricordi della guerra ancora freschi che alcuni personaggi si portano dentro, sono alcuni elementi che, senza interrompere la trama ma anzi integrandosi elegantemente, arricchiscono la narrazione e le danno spessore.
Per parlare di “… da piccola volevo essere Lillini…”, pubblicata da Europa Edizioni, occorre conoscere il suo autore: Andrea Censi nasce a Savona nel 1945, “per pochi mesi ancora suddito di sua maestà e non cittadino della Repubblica”, come scrive egli stesso in questo romanzo, si diploma come attore alla scuola Teatro Stabile di Genova, lavora come insegnante prima nella scuola elementare, poi alle superiori, finché non gli viene offerta l’opportunità di lavorare come comandato ministeriale in materia di integrazione per il provveditorato degli studi di Savona, un ruolo che svolge per più di trent’anni e che “costruisce con le sue mani” cominciando a compilare lui stesso (a macchina) il primo elenco di alunni con disabilità frequentanti le scuole della provincia di Savona: “Impiegai più di un mese a ricopiare a macchina il contenuto dei rotolini su schede che avevo predisposto; poi ogni scheda trovava collocazione in una cartellina. Raggruppai le cartelline scuola per scuola, aggiungendo ad ogni caso le lettere e la documentazione che trovavo nel faldone originale. A metà novembre disponevo di un primo archivio che avrei tenuto aggiornato per molto tempo”.
Ma tutto questo non fa che da sfondo alla storia su cui si incentra quest’opera: la storia di un amore stabile e duraturo, che scavalca gli ostacoli più ardui senza mai perdere di intensità; un sentimento raro di cui l’autore racconta ogni gesto: sembra voler catturare in queste pagine ogni sguardo scambiato con Giuseppina, anche lei protagonista di questo romanzo, ogni sigaretta che lei accende aspettandolo, la forza del suo carattere che dimostra in ogni dialogo che l’autore cita. Andrea Censi descrive un amore meraviglioso ma che non risulta fiabesco, in quanto non è privo di difficoltà, sembra non voler idealizzare i suoi ricordi e ne parla invece con evidente sincerità; la storia che racconta di per sé già sarebbe sufficiente a commuovere anche il lettore più apatico, ma è il modo in cui è raccontata a renderla davvero unica: lo scopo dell’autore non è quello di suscitare empatia o emozioni artefatte, lui si limita a raccontare la storia per ciò che è stata e per come l’ha vissuta, giorno dopo giorno, in una quotidianità lunga cinquantadue anni. L’empatia che suscita il racconto dunque non è forzata, ma spontanea e inevitabile, frutto del semplice svolgersi di questo amore con tutta la sua forza che non è irruenza: non condanna gli amanti e non brucia in un fuoco di paglia tutta la sua passione; è la forza di una fiamma sempre accesa, il fuoco di un camino accogliente che neanche il tempo riesce a spegnere. La percezione dello scorrere del tempo è un’impressione sempre presente nell’opera che segue le vicende di Andrea e Giuseppina nel corso degli anni, questo dà l’opportunità al lettore di conoscere l’evoluzione dei personaggi, seguendoli nelle loro conquiste e nei momenti di lutto, purtroppo inevitabili, che, raccontati dalla penna raffinata dell’autore, risultano fortemente dolorosi anche per chi non li ha vissuti sulla propria pelle, perché questo è il potere della narrazione di Andrea Censi: riesce a immergerti nel suo punto di vista senza alcun attrito.
La memoria dell’autore si imprime sulle pagine con precisione tale da risultare realistico e immediato quasi come fosse un diario, soprattutto per come ricorda con intensità ogni emozione vissuta nella propria esperienza e per l’accuratezza con cui descrive i personaggi: ognuno parla con la propria voce, e chiunque compaia anche solo per una breve parentesi viene delineato nei suoi tratti distintivi, caratteristica che rivela lo sguardo attento con cui Andrea Censi guarda alla realtà e che si riflette spontaneamente nella sua ponderata scrittura. Inoltre, sempre come un diario, la narrazione si sofferma sulla quotidianità del protagonista e in ogni capitolo si trova un riferimento alla data in cui si svolgono gli eventi raccontati ma, per quanto riguarda lo stile, non ha niente a che vedere con un diario vero e proprio: vengono raccontati soltanto gli eventi più significativi della vita del protagonista e non sempre in ordine cronologico, con una maturità di pensiero che riesce scendere in profondità. Anche per questo motivo l’opera non annoia affatto, ma al contrario cattura e affascina, dà l’impressione che niente sia in mano al caso, quasi dimostrando che l’uomo possa davvero essere artefice del suo destino, a cui il protagonista va incontro con quasi due ore di ritardo, una sera di luglio del 1969: il suo primo appuntamento con Giuseppina.
Un romanzo commovente e delicato nella sua intensità. Ha il raro potere di saper scuotere nel profondo l’emotività, penetra sotto la pelle e non può lasciare indifferenti. Nel respiro lento e ponderato della sua prosa trovano dimensione eventi lontani nel passato che risultano improvvisamente tangibili e vicini, contiene tutto il tempo trascorso da allora fino a oggi, o almeno tutti quei momenti salienti che l’autore ha saputo individuare e ricordare con grande efficacia, traendone un’opera completa e piena di vita.
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