CRV – Anteprima in Consiglio regionale per il libro-intervista di Francesco Cassandro su Luigi Gui
12 Aprile 2023 15:12
Sessant’anni fa nasceva la scuola media, libera e gratuita. Fino al 1962 l’obbligo scolastico si fermava alla quinta elementare: chi voleva proseguire doveva scegliere tra il ginnasio, per i più bravi e facoltosi orientati al liceo, e le scuole di avviamento professionale, che preparavano all’ingresso nel mondo del lavoro. Autore di quella rivoluzione del sistema scolastico in senso democratico fu il ministro della Pubblica istruzione Luigi Gui, padovano, politico democristiano di lungo corso, eletto alla Costituente nel 1946 a soli 32 anni e da allora sempre rieletto in parlamento fino al 1983. A Luigi Gui “ministro della scuola media gratuita e per tutti” è dedicato il libro-intervista del giornalista Francesco Cassandro, 166 pagine pubblicate da Alba edizioni nella collana ‘Storie nella storia’. La pubblicazione è stata presentata in anteprima in Consiglio regionale dal presidente Roberto Ciambetti, dal curatore, insieme ai figli di Gui, Benedetto e Francesco, e al senatore Paolo Giaretta, già sindaco di Padova. La scelta della sede consiliare non è casuale, perché Luigi Gui, oltre ad essere uno dei 49 padri Costituenti veneti il cui nome è inciso nel marmo all’ingresso di palazzo Ferro Fini, e ad essere stato ministro della Pubblica amministrazione e delle Regioni, ha partecipato attivamente ai momenti salienti dei primi decenni di vita della Regione del Veneto. “Espressione del cattolicesimo democratico – ha premesso Ciambetti – Gui credeva nella scuola come ambiente di formazione dei nuovi cittadini. La riforma della scuola media unificata, insieme a quella agraria e a quella della nazionalizzazione dell’energia elettrica, fu una delle grandi riforme attuate dal centrosinistra negli anni Sessanta. La divaricazione tra istruzione e cultura non è avvenuta a causa di quella riforma, ma casomai per il progressivo aumento dei livelli formali di istruzione che hanno abbassato il livello dell’asticella, fino a creare cittadini formalmente istruiti e sostanzialmente incolti”. “Un ministro padovano ha varato la scuola media per tutti, un ministro trevigiano, Tina Anselmi, ha inaugurato la sanità per tutti: due veneti hanno dato concretezza al dettato Costituzionale e alla modernizzazione del Paese”, ha ricordato Ciambetti. Cassandro ne disegna il ritratto recuperando il testo di una penetrante intervista di trent’anni fa e arricchendola con le testimonianze dei figli Benedetto e Daniele, dei compagni di partito e di colleghi di scranno parlamentare: Tino Bedin, Corrado Belci, Dino Scantamburlo e il senatore Giaretta. Giovane laureato alla Cattolica di Milano, alpino nella campagna di Russia, poi tra le fila della Resistenza insieme a Dossetti e a La Pira, Gui è stato interprete dell’associazionismo cattolico in politica. E, a sua volta, è stato maestro e punto di riferimento per altri uomini di vaglia impegnati in politica: Antonio Prezioso, primo assessore alla sanità del Veneto, Ferdinando De Marzi, direttore Coldiretti e poi senatore della Repubblica in prima fila nella realizzazione della riforma agraria, Mario Volpato, presidente della Camera di Commercio di Padova e ’padre’ dell’Interporto di Padova e del Cerved (il centro elaborazione dati delle Camere di commercio di tutta Italia), Giuseppe Toffanin, presidente della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. Negli anni ’60 e ’70 Luigi Gui è stato il politico più votato e più influente in Veneto, dopo Rumor. L’importanza di Gui – spiega il giornalista-biografo – risiede nella quasi quarantennale permanenza nelle aule parlamentari, in tempi in cui il seggio non era concessione di un capo ma doveva essere conquistato a suon di preferenze, guadagnandosi la fiducia degli elettori; nello stile personale, signorile, fermo e autorevole; nella ricchezza dei suoi interessi, che spaziavano dall’agricoltura al mondo del lavoro, dalla cultura all’istruzione, da Petrarca (era presidente dell’ente nazionale Francesco Petrarca) agli studi amministrativisti, di cui si occupava con l’Associazione veneta di Studi regionali, di cui è stato fondatore. Ministro in 12 diversi governi, ai dicasteri del Lavoro, della Pubblica istruzione negli accesi anni Sessanta, della Difesa, della Sanità e, infine, nel 1974, della Pubblica amministrazione e delle Regioni, Gui ha attraversato tutta la storia della Repubblica dei partiti, fino a incappare ingiustamente nella vicenda dello scaldalo Lockeed, che ha segnato la fine della sua esperienza parlamentare. Ma non di quella politica. Sconfitto alle elezioni politiche del 1983, con grande signorilità e rispetto Gui si fece da parte, ma continuò a vivere la sua passione per la politica, aderendo prima alla Margherita e poi al Partito democratico, e continuando a distribuire, se richiesto, acute analisi e consigli. “Il suo è il ritratto di un uomo che ha esercitato molto potere – scrive il senatore Giaretta – a Padova, nel Veneto e in Italia. Lo ha esercitato in modo fermo concedendo poco o nulla agli avversari, ma sempre con uno stile e un senso del limite da vero signore. Ciò che caratterizza la sua esperienza di impegno politico è la capacità di mettere in stretta connessione politica e società e di mantenerne vivo il legame”. Tra le sue eredità di ‘ministro delle riforme’ c’è l’istituzione della scuola materna statale, nonché il disegno di riforma dell’università, a metà degli anni ’60, rimasto inattuato a causa delle resistenze delle baronìe e degli eccessi dell’estremismo rivoluzionario, ma rimasto a lungo base di confronto e di discussione perché anticipava i tempi. Forse, se attuato, avrebbe potuto disinnescare la miccia violenta delle contestazioni e lotte studentesche.
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