25 aprile: la Liberazione e quel bocciolo donato nel giorno di San Marco
24 Aprile 2023 10:53
“Gli anfibi dei neozelandesi lungo il Canal Grande: quello fu un momento storico e non solo per l’Italia perché coi fu l’esplosione della libertà: di fronte all’esplosione della guerra poi esplose la libertà, esplose dentro di me, esplose nei veneziani…” Così Arrigo Cipriani ricordò, per la video-intervista che il Consiglio regionale gli fece per il conferimento del Leone del Veneto, la Liberazione di Venezia nell’aprile del 1945: i veneziani, ricorda Cipriani, si riversarono tra le calli e i campi fino ad allora, vuoti, tristi, impauriti, che d’improvviso si riempirono di allegria e voglia di vivere: “Ho capito che il valore più grande che noi abbiamo è la libertà”.
Ecco, la testimonianza di Cipriani riesce a trasmetterci il sentimento di quelle ore e le sue parole trovano conferma nel saggio del grande linguista Émile Benveniste “Il Vocabolario delle Istituzioni Indoeuropee” in cui, come ricordava in un suo articolo Massimo Filippi, lo studioso francese notava che “sia la radice indoeuropea di libertà (leuth o leudh da cui, ad esempio, elèutheria in greco e libertas in latino) sia quella sanscrita (frya da cui, tra gli altri, freedom in inglese e Freiheit in tedesco) derivano dall’idea di una crescita comune” . Nell’antico inglese troviamo “freo” “esente da; non in schiavitù, colui che agisce di propria volontà” derivato dal proto-germanico friaz “amato; non in schiavitù” a sua volta radice del tedesco frei, dalla radice pri “amare”. Secondo gli studiosi i termini “amato” o “amico” in origine erano applicati ai membri liberi del proprio clan in opposizione agli schiavi e ciò lo ritroviamo anche nel latino dove liber significa sia “persone libere” che “figli di una famiglia”. Del resto, la cattività è la condizione della schiavitù e la liberazione è la rottura delle catene.
Nel linguaggio comune la liberazione è il sollievo, l’eliminazione di un’oppressione, di un dolore, un pensiero o un timore che affligge. In chimica la liberazione è il risultato di una separazione e in fisica lo sprigionarsi di energia: ebbene tutte queste valenze d’uso del termine liberazione ci parlano del passaggio da uno stato all’altro, una trasformazione, l’aprirsi di nuovi orizzonti e nuove opportunità, una vera e propria rinascita.
Come notava Benveniste, e come ricordava Cipriani a proposito dell’aprile 1945, c’è una dimensione collettiva in questo sentimento di rinascita: si è liberi assieme agli altri. Ecco allora l’esplosione di gioia e allegria del 25 aprile, ecco allora la rinascita e la ricostruzione non solo materiale ma soprattutto morale di un Paese che aveva compreso come l’esatto contrario di libero fosse, non a caso, il cattivo, lo schiavo. Non si è può essere liberi se il nostro vicino, chi ci è a fianco, è in schiavitù. La liberazione è una dimensione comune e conquista quotidiana, che il nemico sia un esercito oppressore, la delinquenza, la sopraffazione, l’ignoranza o la stupidità.
E così è bello ricordare che a Venezia il giorno di San Marco, “festa granda” che parla di una grande storia secolare e gloriosa di libertà, è anche il giorno in cui l’innamorato dona alla sua fidanzata il bocciolo di rosa, una promessa e simbolo d’amore. Lo stesso amore che, come abbiamo visto, nell’intimo è radice autentica della libertà.
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