CRV – Presidente Ciambetti: “Vincoli europei e conti pubblici”
19 Giugno 2023 18:27
“Il dibattito sull’equilibrio di bilancio e sul complesso rapporto tra l’ordinamento europeo, statale e regionale è di straordinaria attualità: proprio la settimana scorsa, a Bruxelles, è stato dato il calcio d’inizio al negoziato sulla riforma del Patto di stabilità e crescita con Germania e Francia che si sono trovate agli opposti. Berlino chiede ‘regole automatiche’ con parametri numerici per la riduzione del debito, senza spazio per negoziati bilaterali con la Commissione Ue. Parigi è contraria a ogni forma di automatismo: ‘Il patto di stabilità è uno strumento tecnico – così il ministro Bruno Le Maire – al servizio di un obiettivo politico che è garantire la prosperità economica”. Così il Presidente del Consiglio regionale del Veneto Roberto Ciambetti ha introdotto il seminario che si è svolto oggi a palazzo Ferro Fini, sede dell’Assemblea legislativa, sul tema ‘L’equilibrio di bilancio tra Unione Europea, Stato e Regioni’ illustrato da Guido Rivosecchi, Professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università degli Studi di Padova.
“Su questa scia – ha aggiunto Ciambetti – mi chiedo innanzitutto quanto le norme degli equilibri di bilancio varate stante le indicazioni comunitarie siano effettivamente al servizio della politica, ovvero siano invece degli strumenti che limitano fortemente, condizionandola, l’azione politica. Questa domanda nasce da un’altra riflessione: siamo ancora nella strada indicata dai padri fondatori dell’Unione Europea o ci siamo allontanati in maniera inquietante imboccando un percorso imposto da tecnocrati che avevano, e hanno, una malcelata insofferenza verso la democrazia, insofferenza, per non dire peggio, che si manifesta nella palese disistima nei confronti della classe politica? Tecnocrati affrancati da qualsiasi critica che sfuggono a ogni vaglio democratico e che sono in grado di condizionare la vita di milioni di milioni di persone e di intere nazioni. Il tecnocrate come versione moderna dell’Uomo della provvidenza, ma che di provvidenziale ha ben poco, sempreché non si consideri provvidenziale l’essere al servizio dell’oligarchia finanziaria, quella che governa anche attraverso improbabili Agenzie di rating o manovrando ad arte lo spread causando la caduta di governi non allineati ai loro desideri”.
“Una decina di anni or sono – ha ricordato il presidente Ciambetti – ho avuto a che fare in maniera pressoché continua con Mario Monti e il fiscal compact: ero assessore al bilancio, un bilancio che eravamo costretti a riscrivere a giorni alterni, tanta era l’ansia a Roma di introdurre norme su norme che progressivamente minarono il bilancio di Regioni ed enti locali comprimendo al massimo le spese discrezionali, incidendo sui conti della sanità, operazione questa che l’intera comunità avrebbe pagato durante la pandemia e oltre; oppure rompendo poi il patto fiduciario con i cittadini come nel caso della materia previdenziale quando d’imperio, senza consultazione effettiva e sostanziale con le organizzazioni sindacali, furono mutati tempi e modi di pensionamento creando situazioni devastanti come nel caso degli esodati. Ricordate la riforma delle Province e chi andò poi a pagare in concreto quella riforma? Oppure, pensate alla spending review: sarebbe stata un’operazione importante, di grande valenza, un’autentica apertura al domani, ma che oggi è la Salerno-Reggio Calabria della finanza pubblica italiana, cioè un’opera annunciata ma mai realizzata”.
“Le norme sui bilanci di stato, regioni, enti locali – ha aggiunto il Presidente Ciambetti – sono frutto di una stagione particolare, di scelte a mio avviso sbagliate a partire da Bruxelles, ad iniziare dall’ampliamento dell’Unione Europea a tutti i paesi dell’Est Europeo senza quel vaglio e quell’attenzione che un tempo invece caratterizzava l’ingresso di nuove nazioni, a lungo sospese come accadde a Spagna e Portogallo. La divisione a cui accennavo all’inizio tra Germania e Francia è emblematica e non a caso giovedì scorso la Germania ha presentato un documento firmato insieme ad altri dieci Paesi Ue: Repubblica Ceca, Austria, Bulgaria, Danimarca, Croazia, Slovenia, Lituania, Lettonia, Estonia e Lussemburgo. L’articolo chiede di «lavorare per norme fiscali affidabili, trasparenti, facilmente misurabili e vincolanti in Europa». Io sono convinto che oggi paghiamo a caro prezzo quelle scelte che hanno spazzato via, nel volgere di pochi anni, il lavoro di decenni, di prudenza e cautele che avevano aperto la visione di una nuova Europa capace di affrontare i bisogni dei più deboli e non trincerarsi dietro un presunto rigore imposto appunto da tecnocrati spesso senza volto e senza consenso. Così penso al lungo periodo del presidente Delors, un presidente molto carismatico ed energico, sotto il cui mandato venne istituito il mercato unico, riformata la politica agricola, firmati l’atto unico Europeo, gli accordi di Schengen e soprattutto il Trattato di Maastricht che istituì l’Unione Europea con l’introduzione della sussidiarietà quale pilastro comunitario e, di conseguenza, delineato una Europa dei Popoli e delle Regioni che è cosa ben diversa dell’Europa dell’alta finanza, dei vincoli di bilancio che limitano l’autonomia: una Europa unita, non una Europa divisa”.
“Proprio Delors – ha concluso Ciambetti – rilanciò l’idea della Difesa comune, che è cosa ben diversa dalla NATO. Delors, come Altiero Spinelli e i grandi padri dell’Europa Unita, credevano in un’Europa forte, salda nei valori democratici, un’Europa autonoma, che fonda la sua forza nella democrazia che vive grazie al confronto, al dibattito, all’analisi politica. L’esatto contrario della tecnocrazia che si sottrae ad ogni giudizio e che antepone agli interessi dei cittadini, dei più deboli, gli interessi della finanza”.
© Copyright 2024 Editoriale Libertà