“Mi candido ma non posso”, la proposta di una rivoluzione democratica oltre i limiti dei partiti
28 Luglio 2023 14:01
“Credo nella politica perchénon ho altra scelta: esisterà fin tanto che esisterà l’essere umano ed è l’unica maniera per vivere insieme con un criterio.
Insomma, credo nella politica perché non posso fare altrimenti; e per questo sento il bisogno di assumerne tutte le responsabilità che mi competono, che poi alla fine delle finite è solo una, quella di dar valore al mio voto. Perché ho un bisogno vero e sincero: responsabilizzarmi politicamente. Per sentirmi a posto con la coscienza devo essere sicuro di rivolgere il mio voto ad una persona onorevole: devo fidarmi di chi voto”.
Queste parole, primissime righe introduttive dell’opera politica di Tomaso Picchioni, raccontano di un impegno di responsabilità e coscienza che per tanti potrà sembrare provocatorio, per altrettanti rivoluzionario: sta di fatto che, agli occhi dell’autore, c’è ancora tanto da lavorare per trasformare per il meglio l’ordinamento italiano. “Mi candido ma non posso”, pubblicato per Europa Edizioni, affronta il tema della politica contemporanea e propone una nuova propettiva democratica. L’autore, laureato in Giurisprudenza e ulteriormente formato attraverso un master in Istituzioni parlamentari e uno in Comunicazione politica, ha scelto di mettere in gioco la sua esperienza per promuovere una rivoluzione pacifica, basata sulla responsabilizzazione politica individuale.
Il punto cardine della riflessione di Picchioni riguarda la possibilità per un individuo di presentarsi come candidato indipendente alle elezioni. Si tratta di un’opzione che al momento non è contemplata dall’ordinamento italiano, per questo motivo l’autore solleva la questione per sottolineare l’importanza di un cambiamento normativo. Tomaso Picchioni sostiene che sia necessario, da parte delle istituzioni, di adeguarsi alle richieste della società civile, invitando gli elettori a reclamare il proprio diritto al voto, scegliendo direttamente i propri rappresentanti.
Le parole di Picchioni circa l’attuale classe politica sono caustiche, riconosce infatti in essa una sempre crescente incapacità, oltre alla mancanza di una morale pubblica. Inoltre, a parte i pochi nomi noti e onnipresenti tra TV e social network, la maggior parte dei parlamentari risulta del tutto sconosciuta alla quasi totalità degli elettori. Il nervo scoperto dell’autore è dunque semplice da individuare: sembra macchinoso, o perlomeno poco lineare, che un popolo sempre più lontano dalla politica e dai suoi ingranaggi debba votare alla cieca, senza poter affidare la propria preferenza nelle mani di una persona soltanto, della quale fidarsi. Dal canto suo, l’ipotesi di Picchioni tenta di riavvicinare i cittadini a una politica ormai ridotta a mera apparenza, dalla quale si fa sempre più fatica a sentirsi rappresentati. È una energica chiamata alla democrazia, verso la costruzione di una maggiore partecipazione attiva da parte dei cittadini nella scelta dei propri rappresentanti.
Uno degli obiettivi principali del libro è di promuovere una responsabilizzazione politica degli elettori. Raggiunti i diciotto anni di età, ciascun cittadino ha il dovere di assumersi la responsabilità del proprio voto e di fidarsi soltanto di candidati che ritiene onorevoli. Il crescente disamore nei confronti della politica è infatti assai preoccupante, tanto da essere giunti ormai alla quasi totale indifferenza, al di là delle idee e dei programmi. La politica scorre invece in ogni cosa e in ogni azione, ha bisogno di essere praticata attivamente nella vita quotidiana, non può essere relegata alla tiepida rimostranza di chi non si impegna per cambiare una situazione che non ritiene accettabile.
Tomaso Picchioni il coraggio di impegnarsi per cambiare le cose lo ha eccome. Il suo libro è la formalizzazione di una campagna elettorale e di una propaganda politica già avviata, nella quale quotidianamente si spende con grande energia. In questa sede sceglie infatti di esplicitare la legittimità della sua proposta, aprendo più strade di ragionamento per i suoi lettori. Sono due le possibili opzioni da percorrere, la strada parlamentare e quella giurisdizionale.
“Scrivo per ricevere il sostegno alla mia candidatura, adesso è chiaro; il fine ultimo, però, lo ripeto, è un altro: sottoporre la questione al giudice costituzionale, il giudice delle leggi” afferma Picchioni tra le sue pagine, lanciando la sua richiesta d’appoggio non soltanto ai cittadini, ma anche alle istituzioni. “Voglio chiedergli se sia giusto o sbagliato che la legge non permetta ad un singolo elettore di candidarsi liberamente al Parlamento italiano. E ciò significa rivendicare un diritto che la Costituzione ha riservato tanto a me quanto a qualunque altro cittadino. Tra il dire e il fare, poi, c’è di mezzo la necessità di raccogliere parecchie firme a sostegno della candidatura individuale. Ed è proprio in questo senso che intendo fomentare la rivoluzione: secondo il diritto, senza avvalermi di armi o di guerriglie, anzi, intendo accenderla in maniera del tutto legittima, in piena armonia con la realtà istituzionale”. In Italia, dopotutto, non esiste alcuna disposizione costituzionale che impedisca a un individuo di partecipare alle elezioni politiche come rappresentante di sé stesso. Tuttavia, non c’è mai stata una rivendicazione di tale diritto da parte di un singolo. Il suo libro vuole presentarsi come un precursore, un invito a esplorare nuove possibilità di partecipazione politica che vadano al di là del tradizionale sistema dei partiti.
Nella seconda parte del libro, Picchioni cambia approccio e passa a un’analisi ipotetica: che cosa succederebbe se venisse approvata la candidatura di un singolo in Parlamento? In questa sezione mira a alimentare la discussione sollevata nella prima parte, dimostrando che il risultato del diritto da lui rivendicato sia effettivamente affrontabile e risolvibile. Il punto di partenza è certamente la preparazione dei candidati, necessaria per una prima scrematura dei candidati. Superato questo primo step inizierebbe la campagna elettorale – qui l’autore discute della par condicio elettorale e dei relativi finanziamenti a supporto – per poi risolvere la questione della scheda elettorale, che andrebbe snellita e semplificata. Seguono poi le questioni del sistema legislativo e il Governo del Paese, argomenti che l’autore tratta con intelligenza, senza tralasciare o sottovalutare nessun aspetto, considerando anzi le possibili critiche che si potrebbero muovere a discapito delle sue proposte. L’obiettivo è quello di stimolare un confronto con chi potrebbe non essere convinto del suo ragionamento, ma allo stesso tempo spera che i lettori possano cogliere lo spirito del suo pensiero, che offre una prospettiva diversa sulla realtà politica, ma non per questo meno legittima.
Il cambiamento, soprattutto quando si presenta in maniera così sostanziale, può suscitare un certo timore nei tanti abituati ormai da decenni a un panorama politico apparentemente immobile. “Mi candido ma non posso” invita i lettori a non lasciarsi bloccare dalla paura di un futuro sconosciuto, sottolineando che il vero errore sarebbe non provare, per timore. Un cambiamento pacifico e consapevole, quello suggerito da Picchioni, basato sulla forza delle idee.
L’invito che rimane in noi lettori, una volta chiuso il libro e terminata la lettura, è la necessità di non perdere di vista la nostra intrinseca fame di libertà, attraverso una chiamata al coraggio e alla presa di responsabilità politica. Riflessione e azione, dunque, per riconsiderare il nostro importantissimo ruolo nella costruzione di un contesto politico più sano e rappresentativo.
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