“Pensieri di una vita”, le sognanti pennellate di un’esistenza

28 Luglio 2023 14:27

La memoria, spesso fugace, tende a cristallizzare soltanto i ricordi più cari, lasciando scivolare ciò che non conta, scordando tutto quello che sia futile, che non contenga insegnamenti, gioia o dolore.

La narrazione di “Pensieri di una vita” sembra imitare proprio questo criterio, descrivendo la vita del suo protagonista, Dodo, così come la ricorderebbe a posteriori: con tono sognante e la consapevolezza di ciò che gli eventi descritti gli hanno lasciato, racconta brevi e intensi episodi che seguono cronologicamente lo scorrere del tempo dall’infanzia di Dodo fino ai più recenti sviluppi; i primi amori e le amicizie, il lavoro, il matrimonio e il divorzio, la narrazione di Domenico Pacefluttua leggera sopra gli avvenimenti più importanti della vita raccontata e li descrive con brevi pennellate dai colori intensi ed evocativi: non vuole soffermarsi su inutili dettagli e non si appesantisce mai di fardelli superflui nel suo scorrere, creando una profonda sintonia col suo lettore, instaurando con lui una comunicazione empatica che non ha bisogno di troppe spiegazioni, ma riesce a trasmettere grande serenità.

È un’opera profondamente emotiva, commovente nella sua semplicità ma senza mai voler essere strappalacrime, parla della ricerca della felicità, di ottimismo e positività, e non ignora la crudeltà umana né le ingiustizie del caso (o della sorte), ma le assimila e le elabora, senza mai perdere quell’amore per la vita che permea l’intera opera, sia nei momenti felici che in quelli più drammatici.

Le parole di Domenico Pace trasportano il lettore in una dimensione intima, personale, dove si può spogliare dei propri giudizi, delle preoccupazioni e di qualsiasi distrazione, godendo soltanto del ritmo tranquillo della narrazione che lo accompagna placidamente lungo il percorso di una vita che non è la sua, ma con cui non potrà che provare armonia: perché la ricerca della felicità del protagonista, il suo desiderio di serenità, suscitano immediata approvazione, strappano un sorriso quando si manifestano in momenti felici e fanno riflettere quando prevalgono sulla tristezza dei giorni peggiori.

Domenico Pace affida alla sua opera la speranza di riuscire a regalare consapevolezza a chi ne vorrà fruire, dedicando i ringraziamenti proprio ai suoi lettori e dimostrando uno spirito fortemente altruista e intrinsecamente felice. “Pensieri di una vita”, pubblicato dal Gruppo Albatros Il Filo, incarna tra le sue pagine le speranze e la memoria di un autore positivo anche nelle avversità, un valore ammirabile, affascinante da osservare nel suo svolgersi e da cui si può anche imparare molto, seppure l’autore non pretenda di insegnare con paternalismo né soprattutto imporre niente: vuole soltanto mostrare e raccontare, sarà il lettore a decidere cosa trarne.

Così si osserva la vita di Dodo, sospendendo momentaneamente il giudizio per immergesi in quegli avvenimenti che più si snodano più sembrano appartenerci, guardando attraverso occhi altrui, sempre velati da uno sguardo rapido e attento, che non indaga ma accoglie le immagini che la vita gli propone trasformandole in fotografie, brevi momenti immortalati nel tempo, sulle pagine di questo romanzo.

È importante ribadire che questa non si tratta di un’opera che racconta vicende esclusivamente positive: sono infatti presenti momenti di profonda intensità emotiva che riguardano anche episodi negativi e drammatici. È piuttosto improbabile, se non impossibile, vivere senza mai sperimentare dolore e talvolta anche profonda infelicità: ognuno conosce la propria tristezza, i traumi e i ricordi negativi, conservandoli come monito per se stessi, sepolti sotto la vergogna o costantemente alimentati dalla rabbia, ognuno impara a proprie spese come farci i conti. Seppure tutti naturalmente tendano a cercare la felicità, non esiste un metodo oggettivamente corretto, valido per tutti, che spieghi come raggiungerla: “Pensieri di una vita” assume l’inestimabile valore di una testimonianza personale, che consente di osservare un uomo “comune” percorrere questo sentiero. Comune non è però da intendersi come aggettivo sminuente della personalità del protagonista, che anzi si dimostra ben poco ordinaria nel suo ottimismo (caratteristica forse più rara del tipico pessimismo odierno), significa soltanto che Dodo non è un eroe, l’autore non lo descrive come una creatura superiore che vanta una migliore comprensione della realtà e promette la via per l’assoluta felicità, tutt’altro: la serenità che Dodo riesce a ottenere è alla portata di chiunque la voglia davvero trovare. Lui non smette mai di cercarla e non si lascia distrarre da disperazione, rabbia o paura, che non mancano di presentarglisi perché lui, appunto, non è un eroe fiabesco, ma un personaggio tangibile e reale, ben costruito dal suo autore che probabilmente ha affidato a Dodo le sue riflessioni ed esperienze personali, e proprio per questo inestimabili. Perché se non esiste una via che corra dritta verso la felicità, è senz’altro utile e piacevole leggere come sia riuscita a conseguirla chi ce l’ha fatta, sempre tenendo a mente che la felicità non rappresenta una meta, un vero e proprio punto d’arrivo: è sfuggente, mutevole e per raggiungerla è necessario continuare a seguirla sempre, anche nei momenti di maggiore difficoltà.

“Arrivato poi a ripararsi sotto il porticato della chiesa, guardando in basso le onde che si infrangevano contro la roccia, gli sembrò che il mare gli stesse parlando. Si rammaricò di non conoscere l’alfabeto morse. Perché le ripetute ondate descrivevano appunto un susseguirsi di bianche linee e punti. Gli piacque pensare che forse erano parole di conforto e di speranza. Qualche tempo dopo, rientrando a casa alla fine di una giornata di lavoro, vide Regina venirgli incontro e, dimostrando una forza che solo l’amore sereno conosce, gli rivolse una preghiera: «Non mi lasci mica morire da sola, vero papà?» Con la scusa di lavarsi le mani, corse in bagno: il groppo in gola gli impediva di parlare”, le parole di Domenico Pace rimangono impresse, evocando immagini dense di significati evidenti e nascosti e le riflessioni di Dodo arricchiscono la narrazione dandogli profondità. “Quell’episodio chiarì definitivamente a se stesso cosa pensare delle religioni: per pochi, il modo di assicurarsi potere e ricchezza; per molti, un’illusoria speranza, panacea di tutte le paure e le ignoranze. Dodo non sa se c’è un Dio, ma se esiste è di gran lunga migliore di tutte le divinità inventate da noi uomini. “Credo”. Questo termine, che da molto tempo è sinonimo di fiducia e armonia, al contrario esprime divisione, separazione, differenza. Ogni volta che pronunciamo questa parola con convinzione, ogni altro pensiero vi si contrappone: le religioni si accusano l’un l’altra, le differenti parti politiche si contendono le simpatie degli elettori criticando i reciproci operati, le tifoserie sportive si insultano e ogni volta l’amore viene accantonato.”

Domenico Pace insegna a non lasciare mai da parte l’amore né la speranza, raccontando con poetica leggerezza la storia di una vita intensamente vissuta.

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