Vajont 60, Consiglio Veneto a Longarone
16 Ottobre 2023 16:53
“‘Senza memoria non c’è futuro’: l’affermazione di Primo Levi sintetizza al meglio il motivo della nostra presenza oggi qui a Longarone e spiega la grande attenzione che una parte importante dell’opinione pubblica e della comunità scientifica, non solo italiana, riserva alla tragedia del Vajont: una frattura violenta nel corso della storia, una tragedia che ha distrutto equilibri secolari e delicatissimi ecosistemi che per millenni avevano legato la comunità al proprio territorio. Oggi il Consiglio regionale del Veneto – in modo unanime, non senza autentica commozione, a nome dell’intera comunità veneta – è qui per confermare alle genti di questa vallata la nostra vicinanza e la sincera partecipazione convinta al loro dolore. Secondo le Nazioni Unite la tragedia del Vajont è al 1° posto al mondo tra i 5 peggiori esempi di gestione del territorio e dell’ambiente. ‘Il Vajont è un classico esempio del fallimento di ingegneri e geologi nel comprendere il problema che tentavano di risolvere’, dice il documento dell’Onu del 2008, redatto in occasione dell’Anno dedicato alla terra, indirizzato a governi ed esperti con il monito a non ripetere gli stessi errori, spiegando che ‘E’ tempo di crescere una nuova generazione di geologi esperti in grado di comprendere meglio i processi che hanno modellato l’ambiente terrestre e di preservarlo usando gli strumenti che oggi ci permettono di monitorare il nostro pianeta al suolo, nell’aria e dallo spazio soprastante’.
Così il Presidente del Consiglio regionale del Veneto nel presiedere la seduta consiliare, presso il Municipio di Longarone, in occasione del 60° anniversario del disastro del Vajont. All’ordine del Giorno la Risoluzione n. 98, di cui lo stesso Ciambetti è primo firmatario.
“La scienza dell’epoca e le normative vigenti non erano di certo adeguate alla sfida che la Forra del Vajont poneva. Molti gli errori umani che portarono all’ecatombe del 9 ottobre 1963 e gli studi, a iniziare da quelli di Edoardo Semenza, hanno permesso di comprendere molte delle dinamiche che portarono a quel disastro annunciato. La ricerca continua e non si ferma; c’è ancora molto da scoprire come ha dimostrato da ultimo il collega Piero Ruzzante, già consigliere regionale, autore del volume ‘L’acqua non ha memoria. Storia Salvata del disastro del Vajont’, che presenta nuove prove e inquietanti testimonianze che lasciano allibiti: se è vero infatti che la cultura scientifica dell’epoca e la stessa amministrazione statale italiana non erano all’altezza della sfida, è altrettanto vero che davanti all’evidenza dei fatti furono prese scelte contrarie a quelle che non solo la prudenza, ma anche alcuni esperti avevano consigliato”, ha proseguito il Presidente.
“Mi domando se veramente abbiamo appreso la lezione che il Vajont, questa vallata, le centinaia e centinaia di morti ogni giorno ci ripetono: noi non siamo altro dalla natura, siamo parte di essa e non possono esistere sviluppo, crescita, benessere, se non nel pieno rispetto della responsabilità che ogni essere umano ha nei confronti dei suoi simili e dell’ambiente in cui vive. Il Vajont colpisce ancora oggi non solo per la violenza incredibile che si sviluppò nel volgere di quattro minuti, per il numero delle vittime, per la dinamica degli eventi, per la concomitanza incredibile di cause e le drammatiche negligenze, ma anche perché è la manifestazione visibile, concreta della distruzione di quei delicatissimi equilibri degli ecosistemi che erano andati formandosi nel corso di milioni di anni lungo la forra del Vajont, ai piedi del monte Toc. Lo tsunami che colpì Longarone, Erto e Casso fino a giungere a Ponte nelle Alpi e Belluno, fu causato dall’uomo, non da un imprevedibile evento naturale. La memoria di quanto accadde qui ci dice che le ragioni del profitto ad ogni costo, le ragioni di una economia sregolata che non rispetta né gli esseri umani, né l’ambiente non sono più ammissibili”.
Proprio quest’anno ‘l’Archivio Processuale del Disastro della Diga del Vajont’ è stato inserito nel Registro Internazionale del Programma UNESCO Memory of the World: un disastro di proporzioni spaventose, da un punto di vista processuale generò ben poca cosa. Gli atti di quel processo dimostrano l’incapacità che ebbe lo stato italiano nell’affrontare la vicenda e il ruolo che ebbero quanti vollero seppellire le responsabilità giuridiche, penali, ma anche etiche e morali grazie a una rete di complicità, connivenze e subordinazione di tanti attori economici, politici nonché di interi apparati dello stato. Lo stesso stato, del resto, avrebbe dovuto essere sul banco degli imputati. Quell’ecatombe, invece, vide solo un paio di condanne reali e pene peraltro veramente contenute. Ecco allora che nella memoria del Mondo non vi è solo la Tragedia del Vajont ma anche una Giustizia negata in uno stato in cui su troppe stragi accadute nel suo territorio, da Vergarolla in poi, è sceso un silenzio inaccettabile”.
“Una democrazia matura e forte può e deve affrontare le sfide più difficili e amare, una democrazia forte e matura deve dare risposte all’intera comunità e alle vittime delle stragi. Il Vajont continua a parlarci: bisogna essere grati alla comunità locale, che difendendo la memoria di quanto accaduto ha saputo difendere la propria identità e i propri valori e su questa memoria ha posto le solide fondamenta per la sua rinascita. Non posso, infine, dimenticare la solidarietà di quanti accorsero per portare il loro aiuto ad iniziare dai cittadini di Castellavazzo che pur feriti, corsero a portare i primissimi soccorsi e poi le Forze dell’ordine, gli Alpini, i soldati statunitensi della Setaf di Vicenza, gli scout, che dettero testimonianza di virtù civiche e di solidarietà ammirevoli. Al sindaco e all’amministrazione comunale che oggi ci ha accolto, ma soprattutto a quanti corsero a portare il loro aiuto nel 1963 e quanti si impegnarono nella ricostruzione, va il mio ringraziamento, ben conscio di quanto noi tutti siamo debitori verso la comunità di Longarone: la loro memoria non ci parla del loro passato, ma spiega il presente e ci interroga sul nostro futuro”, ha concluso il Presidente.
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