“La ragazza di Pozzallo”, una Sicilia oscura nel giallo mozzafiato di Alessandro Salvatore Ferrara
30 Novembre 2023 13:20
Il rumore delle onde è un suono che, per chi è nato su un’isola, suona come una nenia, un dolce canto che accompagna il sonno e riordina i pensieri.
Il mare, però, sa essere anche un mostro terribile, il luogo della paura, agli occhi di chi non lo ha mai visto, per chi è costretto ad attraversarlo. La Sicilia è il grande teatro in cui coesistono entrambe queste sensazioni: da una parte splendida, lenta e sempre assolata, dall’altra meta agognata di chi, dall’Africa, rischia la vita attraverso il Mediterraneo per raggiungerla. Nel nuovo romanzo giallo di Alessandro Salvatore Ferrara, l’Ispettore Capraro si troverà a confrontarsi direttamente con la dualità della sua amata isola. Non solo: un infittirsi di fatti criminosi sta scuotendo il tranquillo scorrere della vita nella sua bella città in riva al mare…
“La ragazza di Pozzallo”, pubblicato per il Gruppo Albatros il Filo, è un romanzo che ben si aggiunge alla tradizione letteraria siciliana, raccontandone la pluralità che la rende al tempo stesso madre e tiranna. Cattura i gesti, le parole di una lingua dal canto duro, il riso della gente per le strade e le minacce sussurrate tra i denti di una malavita che cerca, ancora oggi, di prendere il sopravvento sull’isola. È con un rumore interrotto da un improvviso silenzio che si apre il romanzo, del quale conosciamo subito il protagonista: è un ispettore sui generis, Michele Capraro, scapestrato e sregolato nonostante abbia già superato i sessant’anni. Con lui passeggiamo per il lungomare di Pozzallo e ne tracciamo il contorno mozzafiato, sogniamo di vivere per sempre al mare, su una barca, lontano dai problemi della terraferma. Il suo quieto immaginare viene tuttavia interrotto bruscamente dall’incontro con due migranti: sono appena sbarcati in seguito a un naufragio, gli chiedono aiuto in un inglese che capisce a malapena e lui, senza pensarci due volte, li segue.
Questo avvenimento dà il via a una significativa riflessione del protagonista, che si domanda se l’aver teso una mano ai due migranti possa rappresentare un reato, soprattutto per lui, un poliziotto dalla parte della legge a qualsiasi costo. Uno scrupolo di coscienza che tuttavia risolve in fretta: di fronte all’umanità sofferente, come può volgere lo sguardo altrove, lui che è un uomo in divisa? Alessandro Salvatore Ferrara compie un interessante excursus sul senso della giustizia, che non sempre segue di pari passo la burocrazia: se infatti quest’ultima spesso complica i processi e impone limiti e paletti, la giustizia è il fuoco che arde nell’animo degli uomini, il sentimento puro che cancella le differenze e si connette con la parte più viscerale della nostra umanità. Acceso da questo fuoco e sospinto dalla sua irrefrenabile curiosità, l’Ispettore scopre che i due profughi provengono dall’Eritrea e si documenta sul passato del Paese, sulle colonizzazioni spietate da parte degli italiani nel periodo fascista, sulla povertà che i nostri stessi progenitori hanno portato in quelle terre. È proprio per questa presa di coscienza che lui non può rimanere a guardare.
Come se non bastasse, Capraro sarà presto informato dell’omicidio di due fratelli: una sparatoria, probabilmente di stampo mafioso. A questo si aggiunge la morte – almeno all’inizio così si credeva – di un noto gioielliere del luogo. Quel paese tranquillo e privo di scossoni si trova quindi di punto in bianco nell’occhio del ciclone di un’indagine che nasconde più di quanto si pensi. Seguirà una serie di interrogatori serrati, dialoghi densi nei quali il nostro Ispettore cercherà di scoprire i più piccoli dettagli dei protagonisti di queste tragedie. La sua curiosità si manifesta spesso con l’uso di un siciliano serrato, probabilmente eredità dell’efficace e colorato uso della lingua camilleriano. Più di qualsiasi descrizione è infatti la lingua a far immergere i lettori nel cuore della vicenda, allo stesso modo in cui sono proprio i dialoghi a trasmettere in maniera forte ed evidente il carattere dei personaggi.
Gli interrogatori offrono al lettore un’ottima occasione per raccogliere indizi e compiere la loro personalissima indagine, affrontando il susseguirsi di tensioni e rivelazioni. Ferrara sfrutta con grande sapienza questo strumento narrativo per trasmettere un senso di suspense e incertezza, spingendo il lettore a esplorare i segreti più oscuri dei personaggi e a cercare di indovinare le sfumature più intricate della trama. Un indizio dopo l’altro, il lettore cercherà di raggiungere la verità prima dell’Ispettore, di svelare i misteri avvolti nella nebbia della criminalità del paese siciliano: la penna dell’autore è però tanto abile da tracciare più piste che portano a vicoli ciechi o a false verità che confondono le acque. È senza dubbio una sfida da cogliere, per aguzzare la vista ed eguagliare la finezza di intuito di un professionista del calibro di Capraro.
Nonostante l’infittirsi delle indagini, l’Ispettore non dimentica la promessa fatta ai due migranti, diventati ormai amici. Fa di tutto per dar loro una mano, perché possano ricevere le giuste cure mediche e ricongiungersi ai loro cari. Nel frattempo, però, entra in contatto con una realtà che per i migranti si presenta quasi all’ordine del giorno: il caporalato, lo sfruttamento per attività di stampo malavitoso di chi si trova profugo in terra straniera e in condizione di povertà assoluta, le minacce e le angherie subite da chi prova a sottrarsi ad esse. Non solo: anche la gestione degli hotspot che dovrebbero garantire l’accoglienza è spesso precaria. Molte persone attendono mesi in uno stato che non si discosta di molto dalla prigionia, in attesa di documenti che, per cavilli burocratici, non arriveranno mai; altri non ricevono il supporto psicologico necessario a chi è stato vittima di tortura o di traumi estremi. È toccante la lettera scritta dagli stessi migranti alle alte cariche del governo: in quelle poche pagine è raccontata tutta la sofferenza e la difficoltà della loro condizione, per la quale è importante agire affinché vengano rispettati pienamente i diritti umani. È questo uno dei temi più cari all’autore: ricordare che ognuno di noi compartecipa della stessa umanità, dunque ha diritto al rispetto della propria vita e della propria dignità.
Lo spirito ardito e combattivo di Michele Capraro rischia di essere messo a dura prova, nel momento in cui dovrà scontrarsi non soltanto con istituzioni che sembrano cieche e sorde di fronte agli appelli umanitari, ma anche con le persone che, a causa di falsi convincimenti e pregiudizi, si oppongono con forza sia alla presenza dei migranti nel paese e nei territori limitrofi. Intanto le campagne si macchiano di sangue ancora una volta, una carneficina di bocche che la malavita sta cercando di serrare per sempre per portare a termine i propri loschi affari. Sembra essere arrivati al punto di non ritorno, a una strada senza uscita che Capraro dovrà ammettere di non saper superare. Ma le risorse dell’Ispettore non sono finite: l’ultima parola non è ancora stata detta e forse il ritrovamento della “ragazza di Pozzallo” permetterà di scrivere un finale diverso per questa storia.
In un crescendo di suspence e contraddizioni, la narrazione di Alessandro Salvatore Ferrara riflette la realtà della Sicilia. Il romanzo è scandito con precisione nelle sequenze narrative e arricchito da dettagli meticolosi, tanto da permettere ai lettori non soltanto di leggere, ma di “vedere”, come fossero le scene di un film. La ragazza di Pozzallo è un poliziesco avvincente, una riflessione profonda sulla complessità della società siciliana, un appello verso un impegno umanitario al quale tutti siamo chiamati.
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