“Pillole di Antropologia”, un saggio divulgativo per esplorare la nostra umanità
29 Marzo 2024 17:13
L’antropologia è una branca scientifica che suscita grande fascino e curiosità: il suo sguardo, impegnato nello studio dell’umanità in tutte le sue manifestazioni, si presta a una vasta gamma di interpretazioni e approcci che tuttavia rimangono ancora in larga parte oscuri ai non addetti ai lavori. I testi divulgativi sull’antropologia svolgono un ruolo cruciale per incoraggiare un approccio più accessibile alle sue teorie e metodologie, così da raggiungere un pubblico più ampio. Nel suo ultimo libro, l’antropologa Gabriella Marucci, professore associato dal 1985 al 2008 presso il Dipartimento di Culture Comprate della Facoltà di Lettere dell’Università di L’Aquila, già autrice di numerose pubblicazioni di carattere scientifico e direttrice della Collana Antropologia e Storia e della Sezione di Antropologia Storica dell’AISEA, si cimenta per la prima volta con un testo di carattere divulgativo, nato dalle curiosità dei suoi studenti e dal desiderio di diffondere in senso più ampio l’interesse nei confronti della propria materia.
“Pillole di antropologia”, pubblicato per il Gruppo Albatros il Filo, racchiude dodici interessanti argomenti che trovano la loro collocazione nelle aree dell’antropologia storica, delle religioni e sociale. L’autrice racconta che, durante le proprie lezioni all’Università, ha riscontrato un alto livello di interesse e gradimento da parte dei suoi studenti su una serie di temi di varia natura e sempre presenti sotto i nostri occhi, ma sui quali spesso non ci si interroga: è da queste riflessioni che nasce il suo libro. Analizzando i fenomeni da vicino, sia in senso orizzontale (quindi nelle varie culture del mondo) sia verticale (quindi in un arco di tempo più vasto, tornando indietro di anni e secoli), ci rediamo conto di quanto la nostra percezione della realtà sia fluida e mutevole, capace di modificarsi fino a diventare l’esatto opposto di ciò che era in origine.
Dei vari temi trattati l’autrice descrive origini, storia, simboli, curiosità e stranezze, in grado di incuriosire e svelare i segreti nascosti dietro alle azioni e ai fatti che, nella nostra quotidianità, diamo per scontati. In questo modo Marucci offre ai lettori una panoramica completa sugli argomenti, impegnandosi a mantenere un equilibrio tra l’accessibilità del linguaggio e la profondità concettuale, una sfida che affronta con successo nel libro. Una delle principali qualità dell’opera è infatti la capacità di integrare teoria e pratica attraverso una serie di esempi concreti e casi che l’autrice stessa ha studiato durante gli anni di ricerca.
L’argomento che apre il libro è “Il concetto di bellezza”. Si tratta forse del tema più più prismatico tra quelli trattati, ma che più ci riguarda da vicino. Sarà capitato a chiunque almeno una volta, infatti, di rimanere esterrefatti davanti a chi – e a cosa – viene considerato bello dall’altra parte del mondo, oppure di guardare delle vecchie fotografie e chiedersi perché mai i soggetti ritratti avessero ritenuto ragionevole indossare questo o quel capo di abbigliamento, questo o quel taglio di capelli. L’analisi di Marucci parte da molto più lontano, ripercorrendo la storia del corpo e della sua percezione: “È nel Medioevo che inizia per la cultura occidentale il “tormentone del corpo”, di volta in volta esaltato, glorificato, represso, respinto.” Per raccontare le declinazioni del concetto di bellezza menziona il caso emblematico della principessa Qajar di Persia, considerata una bellezza secondo i canoni del tempo, ma molto diversi dai nostri; allo stesso modo evidenzia quanto un dandy di fine Ottocento potrebbe apparire ridicolo di fronte agli uomini palestrati, tatuati e rasati di oggi. Le considerazioni dell’autrice, dopo un’attenta disamina fatta di aneddoti e cenni storici, offrono spunti di riflessione che aprono le porte al dibattito e al desiderio di approfondimento, che l’autrice cerca di soddisfare aggiungendo i riferimenti bibliografici da poter consultare per saperne di più.
L’unione tra la parte divulgativa e l’approfondimento bibliografico è una caratteristica che troveremo in tutti i capitoli a seguire: questa impostazione permette al libro di aprirsi a un pubblico ancora più vasto, così da garantire, a chi è incuriosito dall’antropologia, ma ancora digiuno di tomi scientifici, la possibilità di iniziare a orientarsi tra i titoli da scegliere per dare inizio alla propria formazione.
Come già accennato in precedenza, parte degli studi di Marucci si è rivolta all’antropologia delle religioni, per questo troveremo diversi capitoli dedicati ad alcuni aspetti legati alle radici religiose del nostro Paese, o in senso più ampio del mondo occidentale. Menzioniamo, per esempio, le sezioni dedicate ai miracoli, agli esorcismi, ai santi e alle reliquie, per concludere con i votivi che ancora oggi scorgiamo, in prossimità delle icone sacre, con il celebre acronimo “P.G.R.: per grazia ricevuta”. L’autrice, tuttavia, direziona l’attenzione dei suoi lettori anche verso culti meno conosciuti, indagando alcune declinazioni del Soprannaturale che solo da pochi decenni sono entrati a far parte della nostra sensibilità culturale. Nel capitolo “Pietre e acque taumaturgiche” si addentra nel campo della cosiddetta medicina alternativa, muovendosi poi a ritroso verso quella che viene definita come “medicina sacra”, fatta di guaritori e sciamani. Il ricorso a pietre o acque alle quali viene attribuito un potere curativo ha radici molto più profonde di quanto immaginiamo: scopriamo essere infatti una pratica diffusa già in tempi antichi e presente in quasi tutti i culti e religioni. Allo stesso modo, impareremo che è a partire dal Neolitico che si è attribuito un valore sacro alle grotte, all’interno delle quali si svolgevano rituali e cerimonie di culto.
L’inclinazione di Gabriella Marucci per l’insegnamento e la divulgazione si fa evidente andando avanti con la lettura. Benché infatti l’antropologia possa essere una disciplina densa e ricca di termini tecnici, l’autrice riesce a incuriosire i lettori attraverso un linguaggio chiaro e diretto, a volte sottilmente ironico, evitando l’eccessivo utilizzo di termini tecnici che potrebbero confondere i lettori meno esperti. Anche la copertina del libro vuole trasmettere un senso di apertura ai lettori: l’illustrazione, infatti, non ha nulla della formalità dei volumi accademici, ma richiama una dimensione di giocosa scoperta, attraverso il disegno di un mappamondo sovrastato dai più celebri monumenti del mondo, oltre che da sagome di uomini provenienti da ogni epoca e cultura.
Attraverso questi brevi esempi abbiamo iniziato a scorgere giusto alcuni dei temi toccati dall’autrice, che nelle altre “pillole” parlerà di esercito al femminile, di medicina e dell’effetto placebo, dell’importanza e del significato della risata, ma anche dei tentativi dell’uomo di soggiogare la morte – a volte in modo grottesco, come nel caso di alcune tanatoprassi –, al senso che restituiamo a un tempo che a volte fugge, altre sembra non trascorrere mai, fino alla bellezza dei viaggi, sia quelli fisici in giro per il mondo, sia quelli virtuali, nei quali possiamo persino permetterci di diventare qualcosa che non siamo. “Pillole di antropologia” è un’opportunità straordinaria per esplorare la complessità della nostra umanità. Avvicinarsi all’antropologia, infatti, ci permette di superare stereotipi e pregiudizi, di apprezzare la diversità culturale in tutte le sue forme. In un’epoca in cui il mondo sembra diviso da muri invisibili, comprendere e apprezzare le molteplici espressioni dell’umanità diventa essenziale per costruire il dialogo interculturale, per promuovere la pace e la comprensione reciproca.
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