“Quello che sento dentro”, un viaggio tra la le luci e le ombre della mente

30 Agosto 2024 11:57

Parlare di salute mentale significa spesso avventurarsi nei meandri di un tema ancora avvolto da un alone di stigma e incomprensione. Nonostante nella società odierna siano stati compiuti notevoli progressi, le persone affette da disturbi mentali sono ancora spesso emarginate e fraintese, a causa dei pregiudizi che portano all’isolamento, un atteggiamento che impedisce a molti di cercare aiuto e che rischia di aggravare i sintomi, rendendo ancora più difficile il percorso verso una piena serenità. Il libro
“Quello che sento dentro” di Matteo Confortola, pubblicato per il Gruppo Albatros il Filo, si pone in contrasto con questo stigma: l’autore, infatti, condivide la propria esperienza alle prese con un disturbo mentale, per permettere ai lettori di comprendere meglio le proprie battaglie quotidiane.

“Quello che sento dentro” apre una finestra sull’esperienza intima e cruda del protagonista, Perseo, durante alcuni dei momenti più bui della sua vita. Si alternano infatti i
periodi di quiete e apatia a crisi esplosive e ricoveri in ospedali psichiatrici, nei quali non si astiene mai dal lanciarsi in accesi dibattiti con i medici con cui entra in contatto. Il libro, infatti, non si limita a raccontare soltanto i fatti e le esperienze vissute, al contrario, questi ultimi sono l’espediente per cimentarsi nelle riflessioni più profonde sulle percezioni e i pregiudizi che, per l’autore, finiscono per permeare persino i professionisti. Confortola descrive le sue esperienze con vividezza, servendosi ampiamente del dialogo e traghettandoci contemporaneamente tra i suoi pensieri: sono spiazzanti, per esempio, la lucidità e il controllo che cerca di mantenere durante tutte le conversazioni. L’autore si definisce infatti un curioso e uno studioso, che si è sempre dedicato ad ampie ricerche riguardo i temi della salute mentale e del benessere psicologico, tanto che in certe occasioni sembra persino dare del filo da torcere ai medici
che lo interpellano. È un doppio piano che permette al lettore di immedesimarsi ancora di più nel suo vissuto e di cogliere le stesse contraddizioni che l’autore non perde mai occasione di evidenziare.

Al centro della riflessione di Confortola c’è il suo scetticismo nei confronti delle cure tradizionali per i disturbi mentali. Esprime dubbi sulla reale efficacia dei farmaci e dei trattamenti psicologici, spesso sentendosi più come un oggetto di esperimenti piuttosto che come un paziente in cura. Questo scetticismo nasce da ripetute delusioni, dall’osservazione che, nonostante le numerose terapie provate, alcuni dei suoi sintomi persistono. Un episodio cardine del libro, che segnerà profondamente il giovane, avviene durante il ricovero al St. Ann’s Hospital di Londra, nel 2018. Durante una delle sue passeggiate per i corridoi della struttura, Perseo vedrà la propria diagnosi scritta su un foglio di carta, ma ciò che leggerà è per lui talmente sconcertante da fargli mettere in dubbio tutto il sistema di cura per come lo aveva conosciuto fino a quel momento.

A colpire e impressionare il lettore sono i momenti in cui il protagonista afferma persino di percepire alcune variazioni nel modo in cui sente le emozioni. Durante un dibattito, Perseo incalza la sua psichiatra su questo tema, con domande importanti, mai banali: “è possibile che, io “malato”, debba delega­re il mio “star bene”, la mia felicità, a qualche pillola? Un centimetro cubo di litio giornaliero è il responsabile della mia felicità? Perché, invece, a distanza di tre anni ormai che lo assumo, mi è successo solo una volta di piangere? Questo farmaco inibisce le emozioni e i sentimenti?”.

“Quello che sento dentro” contesta l’idea che i disturbi mentali debbano essere trattati come malattie nel senso tradizionale del termine. Sostiene infatti che l’etichetta di “malato” possa portare a una ulteriore stigmatizzazione, che finisce per peggiorare la condizione del paziente. Invece di vedere i disturbi psichici come malattie da curare, li interpreta come esperienze umane complesse che richiedono comprensione e supporto, non soltanto dei semplici trattamenti farmacologici. Questa visione emerge chiaramente nelle sue conversazioni con i medici, dove esprime il timore che accettare una diagnosi di malattia mentale possa ridurre la sua autostima e cambiare il proprio senso di sé. È per questo che cerca di trovare un equilibrio tra la necessità di riconoscere i suoi problemi e il desiderio di non essere definito soltanto da essi.

Un ruolo cruciale nel percorso del protagonista è giocato dalla famiglia e dagli
affetti: la presenza e il supporto dei suoi cari sono fondamentali soprattutto per provare ad attraversare i momenti più difficili. Non mancheranno momenti di scontro, che l’autore definisce come delle “sberle in faccia” di cui però sente di avere bisogno, ma nonostante le piccole fratture il sostegno della sua famiglia – per il quale l’autore sottolinea di essere profondamente grato – non viene mai meno, anzi, si rafforza con il tempo.

Confortola sa affrontare i temi più dolorosi con sfrontatezza e ironia, che aggiungono colore alla narrazione. Il suo stile di scrittura è diretto e provocatorio, atto a sdrammatizzare situazioni altrimenti insostenibili. Spesso, infatti, intervengono alcuni personaggi che abitano la sua mente, e con i quali si lancia in dissertazioni polifoniche, a volte più meditative, altre volte brillantemente ironiche.

Arricchiscono il libro le canzoni che l’autore suggerisce e menziona tra le pagine, fino a comporre una colonna sonora che guida il lettore verso una più piena comprensione emotiva del suo vissuto. I brani suggeriti – alcuni universalmente noti, altri da scoprire – diventano parte integrante del racconto e riflettono i suoi stati d’animo, “ispirazione, forza, lacrime, gioia e aiuto”, come specifica l’autore stesso, specialmente nei momenti di maggiore attivazione emotiva.

L’elemento che emerge con maggiore forza tra queste pagine è l’amore per la vita: Perseo non ha intenzione di rinunciare ad alcuna emozione, ad alcuna esperienza tra quelle che la vita può offrirgli, che si tratti di lavorare in locali notturni all’estero o di girare il mondo, conoscere persone nuove o godersi la straordinaria bellezza della quotidianità. È per questo che rifugge ad ogni modo qualsiasi elemento esterno che potrebbe mettere a rischio la sua libertà, la sua fame di godimento, soprattutto se lo ritiene superfluo.

“Quello che sento dentro” è un viaggio nei recessi più profondi della mente e dell’anima dell’autore. Confortola ci accompagna attraverso esperienze intime e travagliate, in un mosaico di emozioni complesse e spesso in conflitto tra loro. È un libro che offre una prospettiva lontana dagli stereotipi e dalle semplificazioni, che ci permette di immergerci nella mente e nelle emozioni di chi convive con un disturbo mentale. Le sue riflessioni critiche sulla psichiatria tradizionale, supportate dai riferimenti a grandi pensatori come Thomas Szasz, aprono un dibattito necessario su come possiamo migliorare l’approccio alla cura della mente, riportando al centro la persona e il suo vissuto. La sensibilizzazione sui temi della salute mentale ha ancora tanta strada da fare, è un percorso che non esclude ostacoli e difficoltà, ma è attraverso testimonianze come quella di Matteo Confortola che possiamo confrontarci con le nostre paure e i pregiudizi. E in un mondo che spesso ci vuole freddi e distaccati, più efficienti che efficaci, forse è questa la speranza più grande.

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