“Aborto, diritto sotto attacco, rivendichiamo la libertà di scelta delle donne”
01 Ottobre 2024 16:28
L’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza in Veneto è un diritto oggi sotto attacco, in particolare in Veneto. Lo hanno denunciato le consigliere e i consiglieri di opposizione nel Consiglio regionale del Veneto incontrando la stampa. Al centro delle riflessioni, condivise con le rappresentanti di alcune realtà associative femminili padovane (Udi, Padova Donne e Casa delle donne), la situazione dei consultori familiari in Veneto e la rimozione degli ostacoli che limitano la possibilità di scelta delle donne: in particolare, la presenza autorizzata delle associazioni pro life nelle strutture sanitarie e sociosanitarie, la percentuale di medici ginecologi obiettori di coscienza nelle Ulss, l’accesso alla pillola abortiva RU-486 e la norma che prevede che le Ulss venete dispongano la sepoltura dei resti del feto abortito in un’area cimiteriale dedicata. “Il Parlamento ha autorizzato con legge la presenza delle associazioni antiabortiste all’interno dei consultori lasciando alle Regioni facoltà di scegliere se avvalersene. Come movimento civico ‘Il Veneto che vogliamo’ – ha scandito la consigliera Elena Ostanel – non condividiamo e ci opporremo. Il tema non è facilitare l’accesso all’aborto, ma consentire alla donna che vuole interrompere la gravidanza di essere libera di farlo, senza nessun ostacolo. In Veneto il 66 % dei medici ginecologi sono obiettori (dati del ministero della Salute), prima Regione in Italia per numero di obiettori. Ci sono aziende sanitarie, come l’Ulss 3 Serenissima, dove l’86 % dei ginecologi sono obiettori. La rete dei consultori, primo presidio per la salute delle donne e luogo preferenziale per il rilascio delle certificazioni Ivg, è insufficiente e lacunosa: intere province come il Bellunese e il Polesine ne sono quasi sguarnite, la media regionale è di un consultorio ogni 50 mila abitanti, la media nazionale è di uno ogni 23 mila”. Tra gli ostacoli all’applicazione della legge 194 in Veneto Elena Ostanel aggiunge anche la carenza di personale, i ridotti orari di servizio e la mancata distribuzione nei consultori della pillola RU 486, nonché la sepoltura in apposite aree cimiteriali dei ‘prodotti abortivi’ introdotto nel 2017 nella normativa funeraria regionale.
“Come consiglieri del Movimento 5 Stelle non avevamo partecipato al voto nel 2017, quando il Consiglio veneto introdusse questa nuova disposizione in materia di norme funerarie – ricorda Erika Baldin (M5S) – per netto dissenso verso una normativa che calpesta i diritti delle donne. Per questo ho sottoscritto con convinzione il progetto di legge presentato da Elena Ostanel nel 2022, che elimina le disposizioni sulla sepoltura del prodotto abortivo; purtroppo giace ancora in commissione. Da parte mia, ho presentato un ulteriore progetto di legge che impegna tutte le Ulss del territorio regionale a garantire il diritto a ricorrere all’Ivg, garantendo la presenza di medici non obiettori. E continuerò a battermi perché la retribuzione di risultato dei direttori generali delle Ulss sia legata anche al rispetto dell’applicazione della legge 194”.
“La libertà delle donne non può essere un diritto discrezionale e comprimibile. Come si fa a riconoscere libertà di coscienza per un medico specializzato in ginecologia?”, ha aggiunto Vanessa Camani, capogruppo del Pd, che ha sottoscritto il progetto di legge n. 153 che abroga la norma del 2017 sulla sepoltura del feto abortito.
“I dati forniti da regione Veneto e Istituto Superiore della Sanità sull’interruzione volontaria di gravidanza – ha commentato Arturo Lorenzoni, portavoce dell’opposizione – dimostrano che c’è una grave regressione nel riconoscimento dei diritti delle donne”. Per Renzo Masolo, consigliere di Europa Verde “l’attività dei consultori familiari va rilanciata e potenziata, in modo che le persone, e in particolare le donne, siano nelle condizioni di scegliere in modo libero e consapevole”.
Alla conferenza stampa hanno partecipato Tosca Cecchinato e Silvia Aquilesi di Padova Donne, associazione che ha raccolto oltre 3 mila firme in difesa dei consultori familiari), Patrizia Guzzon dell’Unione Donne Italiane e Lucia Basso, presidente della Casa delle Donne di Padova.
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