Lievita la bolletta di luce e gas, tutto quello che bisogna sapere sui rincari
29 Settembre 2021 06:00
In breve:
- Dal primo ottobre l’energia elettrica costerà il 29,8% e il gas il 14,4% in più rispetto ai mesi estivi
- Per la famiglia-tipo un aggravio da circa 300 euro in più all’anno
- Il governo è intervenuto limitando gli aumenti
- Grafici e spiegazioni semplici per capire cosa c’è dietro al rincaro delle bollette
Il momento tanto atteso – per così dire – è arrivato. Ieri pomeriggio, martedì 28 settembre, Arera ha comunicato a quanto ammonta il caro bollette. Non ci sono buone notizie ma, viste le premesse, non c’era nemmeno da aspettarsele. Ecco quanto costeranno luce e gas a partire da venerdì 1 ottobre, tariffe che il mercato italiano si porterà dietro almeno fino al primo gennaio 2022.
Un inverno rigido per il portafogli
Si prospetta una stagione problematica per il portafogli delle famiglie, ma anche per i bilanci delle imprese. Nel suo aggiornamento trimestrale Arera – Autorità di regolazione per energia reti e ambiente – ha comunicato che nei prossimi tre mesi la bolletta dell’elettricità salirà del 29,8% e quella del gas del 14,4%. Questi aumenti sono congiunturali, si riferiscono cioè ai tre mesi precedenti e indicano quanto tra ottobre, novembre e dicembre le bollette saranno più alte rispetto a luglio, agosto e settembre. Un dettaglio non da poco, visto che già nei mesi estivi si era registrato un aumento notevole delle tariffe (+9,9% per l’elettricità e +15,7% per il gas) rispetto alla primavera.
Non bisogna dimenticare che questi aumenti nelle bollette scontano già l’intervento del governo. Lunedì 27 settembre l’esecutivo ha infatti stanziato oltre 3 miliardi di euro per calmierare e tagliare l’aumento delle bollette. Queste risorse sono state insufficienti a colmare l’aumento del prezzo dell’energia, limitandosi comunque ad un contributo non indifferente sulla tariffa finale. Senza quei 3 miliardi di euro l’aumento della bolletta della luce avrebbe raggiunto il 45% mentre quello del gas il 30%. In pratica l’intervento in extremis del governo ha permesso di ridurre di un terzo l’aumento dei prezzi della luce e poco più che dimezzare quello per il gas. Ma visto il continuo aumento delle quotazioni sul mercato all’ingrosso queste cifre rischiano di essere travolte da nuovi aumenti invernali.
In termini pratici, cosa significa?
Secondo le stime, la bolletta dell’elettricità per la “famiglia-tipo” si attesterà sui 631 euro, con un aumento di circa 145 euro rispetto al 2020. Più salato l’aumento del gas, con una bolletta annuale da 1.130 euro medi e un incremento di circa 155 euro sull’anno precedente. La spesa annuale per la corrente elettrica è già il 13% sopra i livelli pre-Covid, quella del gas è invece tornata sui livelli precedenti la pandemia. Attenzione però: il costo del gas ha già superato di gran lunga i dati pre-Covid. La bolletta non è ancora “esplosa” anche nel confronto con il 2019 per una semplice questione temporale (tra tre mesi gli aumenti del 2021 non saranno più compensati dalla riduzione di fine 2020 e si paleseranno in tutta la loro portata, rendendo evidente l’aumento dei prezzi anche rispetto all’era pre-pandemica).
Si paga soprattutto la materia prima
Non ci sono scuse o spiegazioni alternative. Il prezzo delle bollette è salito notevolmente proprio a causa dell’aumento dei costi della materia prima. Nel caso della luce Arera stima che dal primo ottobre il prezzo di riferimento per il “cliente tipo” sarà di 29,70 centesimi di euro per kiloWattora. Calcolando che la spesa per gli oneri di sistema è stata persino azzerata dall’intervento del governo, il prezzo della materia prima si attesterà a 20,47 centesimi: ben il 68,9% della bolletta. Il gas naturale per lo stesso cliente costerà 96,85 centesimi al metro cubo e ben 53,34 centesimi saranno legati al costo della materia prima (+68,9% rispetto ai mesi estivi). A causa di imposte più elevate, in questo caso l’incidenza della materia prima si ferma a, per così dire, il 55,08% del totale.
Luce e gas all’ingrosso costano sempre più cari
Basta farsi un giro sui mercati all’ingrosso dell’energia, quelli dove i fornitori si riforniscono a loro volta prima di rivendere al cliente finale, per comprendere quanto la merce sia diventata cara. E ad una velocità che non ha precedenti negli ultimi decenni.
Il prezzo unico nazionale dell’energia elettrica all’ingrosso è passato dai 20 euro al MegaWattora di maggio 2020 (veri e propri saldi da lockdown) a oltre 100 euro nel mese di luglio 2021, per poi accelerare verso quota 157 euro alla fine di settembre. Rispetto alla primavera dell’anno scorso l’energia elettrica costa otto volte tanto già alla fonte, senza contare imposte, oneri e costi accessori.
Ingrandendo sul solo mese di settembre 2021 la situazione si fa ancor più inquietante. Il primo settembre ci si poteva aggiudicare un MegaWattora di energia elettrica per circa 127 euro. Nelle aste di mercoledì 29 settembre il prezzo medio è schizzato a 220 euro. A questa velocità il raddoppio nel giro di un solo mese non è uno scenario poi tanto remoto.
Stessa storia per i prezzi all’asta del gas naturale in Europa, passati da meno di 15 euro al MegaWattora equivalente (ottobre 2020) a quasi 61 euro a settembre.
Anche in questo caso si registra una preoccupante accelerazione nel mese di settembre, con il prezzo medio del gas naturale passato da meno di 50 euro al MegaWattora a quasi 85 euro nella giornata di mercoledì 29 settembre.
Oltre al prezzo della materia prima ci si mettono i permessi ad inquinare
Le politiche green dell’Unione europea c’entrano anche stavolta. Imprese e centrali elettriche devono infatti acquistare i diritti ad emettere CO2 nell’atmosfera nel mercato Ets, sempre più al centro delle cronache. Arera lo sottolinea: “Sul fronte dei prezzi della CO2, lo scorso 14 luglio la Commissione europea ha presentato il pacchetto climatico “Fit for 55”, per raggiungere entro il 2030 la riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 55% rispetto al 1990, per poi arrivare alla “carbon neutrality” entro il 2050”. In altre parole meno permessi da spartirsi per una serie più lunga di attività “inquinanti” sottoposte al meccanismo delle aste. Quando la domanda di un bene (i permessi) incontra una offerta sempre più risicata, i prezzi salgono. E molto.
Il prezzo per l’emissione di una tonnellata di CO2 è così cresciuto ulteriormente nel mese di settembre, passando da 60 a quasi 65 euro. Lo scorso gennaio domanda e offerta si accordavano per meno di 35 euro. Oggi le centrali termoelettriche e a carbone (ad esempio) si trovano a dover pagare circa il doppio solo per avere il diritto ad inquinare producendo energia. Uno dei boomerang delle politiche europee sul clima che, in queste condizioni, rischia di scaricarsi direttamente sui conti di cittadini e imprese.
Per il gas il problema viene dalla Russia (e non solo)
Se l’energia elettrica è stata colpita in maniera maggiore, oltre che dalla domanda in ripresa e dall’aumento della materia prima, da una dinamica sfavorevole dell’asta delle emissioni di anidride carbonica, per il gas il discorso è diverso. In una lunga analisi del Centro per gli studi strategici internazionali (Csis) citata anche da Bloomberg proprio per tentare di ricostruire cosa stia accadendo alla tratta del gas europeo, si menzionano le risicate scorte alle porte dell’inverno. Osservando i dati ufficiali in effetti le scorte di gas naturale in Europa, al dì 27 settembre, sono le più basse dal 2013 in termini di TeraWattora equivalenti. “Le esportazioni dalla Russia sono state inferiori alle attese, principalmente a causa del loro bisogno di soddisfare la domanda e ricostruire le scorte a livello nazionale”, recita il rapporto. Giocherebbe un ruolo fondamentale anche la Cina, con una crescita poderosa della sua domanda di gas naturale, proprio durante un vero e proprio “energy crunch”, crisi energetica che costringerà le imprese del Dragone di lavorare a giorni alterni, razionando i consumi.
L’Agenzia internazionale dell’energia ha chiesto esplicitamente alla Russia di incrementare l’offerta di gas verso l’Europa, per garantire la formazione di sufficienti scorte in vista dell’inverno. Tuttavia la situazione potrebbe non essere così semplice, soprattutto in una fase di recupero e riequilibrio successiva alla pandemia e segnata dalla ripresa (disordinata) in tutto il mondo. Per il momento è stata la Norvegia, primo esportatore extra-Ue di gas nell’Ue, a candidarsi per soddisfare la domanda dei Paesi. Ci riuscirà? Non resta che attendere, con una sola certezza di fronte a sé: non sarà un inverno facile per l’energia.
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