Guida rapida ai codici QR, da chi li ha inventati a come funzionano davvero
10 Dicembre 2021 06:00
Dalla sua invenzione nel 1994 il codice QR ne ha fatta di strada, diventando oggi parte integrante della nostra quotidianità. Ma cosa significano quei puntini e come funzionano? Ecco una guida rapida per capirlo.
Esiste da oltre venticinque anni ma da pochi mesi a questa parte è diventato un elemento fondamentale per l’esistenza degli italiani (e non solo). Ecco la storia del codice QR e, soprattutto, cosa significano tutti quei puntini contenuti al suo interno.
Una invenzione giapponese del 1994
Il codice QR è stato sviluppato nel 1994 dalla Danso Wave, una sussidiaria del gruppo Toyota. La funzione originaria di questo particolare codice era di tracciare velocemente le parti dell’automobile durante il processo di assemblamento. Non a caso la sigla QR sta per “Quick Response”, ovvero “risposta rapida”. I codici a barre in realtà esistevano da ben più tempo ma i dipendenti della Danso Wave lavorarono per creare una nuova tipologia di codice in grado di immagazzinare una maggiore quantità di informazioni. È incredibile pensare che il codice QR in realtà sia stato ideato e sviluppato da due soli ingegneri della Danso, dei quali uno fu colui che ebbe l’intuizione iniziale, Masahiro Hara. L’invenzione venne quindi distribuita sotto licenza libera dalla compagnia, motivo per cui è giunto fino ad oggi ed è stato adottato in una così ampia varietà di campi.
La struttura di un codice QR
Il codice si presenta, per dirla in maniera semplice, come un quadrato “pieno di puntini neri e spazi bianchi”. In realtà ciascun codice QR è una matrice (una sorta di tabella) che contiene numerosi dati di diverso tipo. Si presenta in maniera incomprensibile per gli umani che necessitano di un lettore o di una specifica applicazione per lo smartphone in modo tale da decodificare l’immagine e scoprirne le informazioni.
Ciascun codice QR è differente, tuttavia presenta alcuni elementi comuni. Uno di questi è la presenza di tre quadrati più grandi negli angoli in alto a sinistra e a destra e in quello in basso a sinistra del codice. Questi quadrati servono agli scanner per rendersi conto che ciò che ha di fronte è un vero codice QR. Una specie di guida per attivare il riconoscimento. Guardando attentamente si potrà vedere come nell’area in basso a destra, invece, vi sia un altro quadrato di dimensione inferiore. Si tratta di un altro elemento utile al riconoscimento del codice e delle informazioni contenute nell’immagine. Più grande è il codice e più numerosi saranno questi piccoli quadratini.
I puntini neri fanno da “guida”
A collegare i tre quadrati “guida” vi sono puntini bianchi e neri alternati che permettono agli scanner di comprendere le reali dimensioni del codice. Oltre ad altre aree specifiche che riportano la versione del codice QR (dal 1994 se ne sono susseguite diverse, ciascuna evoluzione della precedente) gran parte del codice è dedicata alle informazioni. Può trattarsi di un testo o di un collegamento ad un sito. La particolare caratteristica che rende il codice QR resistente e affidabile è la struttura dei dati: sono disposti in modo tale da poter essere decifrabili e consultabili anche nel caso in cui l’immagine del codice dovesse essere danneggiata o illeggibile per circa il 30% della propria superficie. Altro elemento fondamentale è la cosiddetta “quiet zone”. Per essere leggibile il codice deve essere circondato da un’area bianca e sgombra di ogni altro segno.
Alcuni esempi reali
La dimensione del codice QR dipende anche dalla complessità delle informazioni contenute al suo interno. Qui di seguito si propongono tre esempi di codici di complessità crescente e perfettamente funzionanti (provare per credere).
In primis, un codice contente una semplice parola come “ciao” avrà bisogno di una quantità limitata di righe e colonne per memorizzare il tutto.
All’aumentare delle informazioni, in questo caso sempre testuali, la dimensione del codice aumenta, così come la sua complessità. Di seguito è riportato il codice QR che contiene la nota poesia di Giuseppe Ungaretti “M’Illumino d’immenso”.
In questo terzo codice sono invece contenuti i primi dodici versi del primo canto dell’Inferno (Divina Commedia) di Dante Alighieri. L’aumento della dimensione e della complessità è facilmente visibile anche ad occhio nudo.
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