Durante il lockdown problemi psicologici per l’88% degli italiani

24 Aprile 2022 04:50

In Italia durante il lockdown l’88,6% delle persone sopra i 16 anni ha sofferto di stress psicologico e quasi il 50% di sintomi di depressione.
I giovani, le donne e i disoccupati si sono rivelati i più a rischio.
Sono questi i risultati di un’indagine condotta dall’Istituto superiore di Sanità e dall’università di Padova, pubblicata dalla rivista Bmj Open (LEGGILO QUI).
Lo studio si basa su interviste somministrate via web attraverso il portale del progetto (www.prestoinsieme.com). In totale hanno risposto 5.008 persone, età media 37 anni e in prevalenza donne (63%).
L’88,6% del campione ha lamentato sintomi di stress psicologico, più frequente nelle donne (il 63% di chi ha avuto il sintomo era donna) e nei disoccupati.
Metà dei soggetti ha sofferto di sintomi depressivi moderati (il 25,5%) o gravi (il 22%), con le giovani donne hanno mostrato una maggiore probabilità di sintomi gravi.
Il 23,3% ha mostrato un impatto psicologico moderato o severo. Anche in questo caso le donne e i giovani sono emersi come i gruppi più a rischio.
In generale si è assistito ad una diminuzione della qualità della dieta, con un consumo meno frequente di latticini, frutta e verdura, e, in particolare per soggetti con sintomatologia depressiva, un incremento dei consumi di cibi ricchi di grassi e zuccheri.
IL SUPPORTO PSICOLOGICO
Gli autori hanno commentato: “Questi risultati possono essere utili nella valutazione complessiva delle risposte a nuovi outbreaks pandemici, perché forniscono indicazioni sulla necessità di implementare programmi pubblici di supporto psicologico per la comunità a fianco delle misure per il controllo pandemico. Questi dati sono anche per valutare quali sono le ricadute a livello di salute pubblica, potenzialmente a lungo termine, sulla popolazione, nel caso debba affrontare lunghi periodi di stress o costrizione. La conoscenza e consapevolezza dei possibili effetti di una pandemia anche su chi non subisce direttamente il trauma della malattia, può comunque avere delle conseguenze a medio e lungo termine su ampie fasce di cittadini. Il fatto che si assista anche ad un cambiamento in senso peggiorativo di abitudini alimentari, ci pone di fronte all’evidenza che alti livelli di stress portano al bisogno di nutrirsi in modo “consolatorio”. L’aumento di zuccheri e grassi nella dieta quotidiana, per periodi di tempo lunghi, va ad appesantire il nostro metabolismo e ha conseguenze nello stato di salute delle persone più fragili. I risultati di una cattiva alimentazione, l’aumento di peso o l’insorgere di malattie connesse, si ripercuotono anche a livello psicologico. Agire preventivamente nell’educazione alimentare, aiuta sicuramente ad arginare le conseguenze di periodi di stress, individuali o comunitari, che registrano un costo sociale”.

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