Il 20% dei melanomi sulla testa: “I parrucchieri possono essere importanti sentinelle”
07 Maggio 2022 14:00
Una macchietta nera o più spesso di colore rosso o rosa nascosta tra i capelli non va sottovalutata. Nonostante testa e collo rappresentino solo il 9% della superficie del corpo, ospitano tra il 20% e il 30% dei casi di melanoma, tumore della pelle molto aggressivo.
Se per chi ha pochi capelli c’è una chance in più di individuarlo all’esordio, quando il melanoma è sul cuoio capelluto la prognosi è più spesso nefasta, proprio perché più difficile da individuare.
Proprio per questo, anche parrucchieri e barbieri possono dare il loro contributo.
A spiegarlo è l’Intergruppo Melanoma Italiano (Imi), che lancia un appello a fare squadra per la diagnosi precoce: “Acconciatori ed estetisti – sottolinea Ignazio Stanganelli, presidente Imi e direttore della Skin Cancer Unit Irccs Istituto Romagnolo per lo studio dei tumori – possono evidenziare la presenza di eventuali lesioni sospette, suggerendo all’interessato di fare una visita dermatologica”.
Per questo motivo, afferma Gianni Bassoli, presidente degli acconciatori di Cna (Confederazione nazionale dell’artigianato e piccola e media impresa), “riteniamo sia importante informarli e sensibilizzarli sul tema in modo che possano avere le conoscenze di base utili ad individuare eventuali anomalie e segnalarle tempestivamente al proprio cliente”.
“Occorre abolire i tabù e parlare apertamente – aggiunge Giovanna Niero, presidente di Aimame (Associazione malati di melanoma e tumori della pelle) – senza paura di segnalare qualche cosa che non va ed avere il coraggio di spingere il cliente a fare un controllo specialistico. E chi riceve l’alert deve avere l’umiltà di ascoltare”.
Più comune tra gli anziani che tra i giovani, il melanoma del cuoio capelluto colpisce sei volte più frequentemente gli uomini rispetto le donne.
L’età media dei pazienti è di 65 anni, quasi 10 anni in più rispetto ai pazienti con melanoma localizzato sul tronco o sugli arti. Ciò è probabilmente aa causa della maggiore incidenza di alopecia e a un danno ultravioletto più elevato sul cuoio capelluto.
COME PREVEDERE L’EFFICACIA DEI FARMACI
Predire su pazienti affetti da melanoma l’efficacia terapeutica dei farmaci, anche sperimentali e non necessariamente disegnati per quello specifico tumore, utilizzando parti dello stesso tessuto neoplastico: è il focus su cui sta lavorando, in collaborazione con diversi Istituti associati, il Working group melanoma di Alleanza contro il cancro, la Rete oncologica nazionale fondata dal ministero della Salute.
“Predire un percorso terapeutico significa far guadagnare tempo prezioso al paziente evitandogli terapie che non funzionerebbero e risparmiare ingenti risorse dirottabili altrove”, spiega Giandomenico Russo, coordinatore del working group, secondo il quale “la sempre maggiore disponibilità di terapie nel prossimo futuro, rende questo progetto particolarmente importante”.
La coltura organoide, modello innovativo in uso nella ricerca biomedica che riproduce in vitro la struttura tridimensionale di organi e tessuti umani, ha sostituito quella cellulare “che non consentiva di riproporre condizioni di sperimentazione attendibili a causa dell’assenza di microambiente nativo costituito da altre popolazioni cellulari: immunitarie, collagene, fibroblasti”.
Gli Istituti coinvolti – Idi e Ifo di Roma, Irccs Giovanni Paolo II di Bari, Ieo e Istituto Nazionale Tumori di Milano e Irccs Irst Dino Amadori di Meldola, tutti associati alla Rete – stanno applicando quattro differenti tecnologie di tipo organoide per individuare la soluzione migliore. “Nella prima – spiega Russo – il tessuto viene imbevuto in particelle di collagene; nella seconda è posizionato in una camera micro-fluidica dove vengono somministrate sostanze differenti; nella terza vengono mescolate cellule della cute con quelle tumorali; nella quarta viene utilizzato un bioreattore dove le cellule cancerogene vengono fatte crescere affinché si stabilizzino con quelle accessorie”.
I melanomi, afferma il presidente di Alleanza contro il cancro, Ruggero De Maria, “creano attorno a loro un ambiente protettivo che occorre riprodurre fedelmente in laboratorio per comprendere come individuare le migliori combinazioni terapeutiche per ciascun paziente; il lavoro del working group è fondamentale perché utilizza una serie di nuove tecnologie per riprodurre fedelmente i tumori dei diversi pazienti e il loro microambiente protettivo, in modo da poter sviluppare rapidamente terapie personalizzate e molto più efficaci”.
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