Il paradosso dell’idrogeno: l’energia più pulita oggi si ottiene inquinando
06 Giugno 2022 05:00
Una delle parole maggiormente di moda in questo momento quando si parla di sviluppo sostenibile, transizione ecologica, fonti rinnovabili e indipendenza energetica è “idrogeno”.
Industria, trasporti e residenziale stanno facendo la corsa a sviluppare progetti collegati al suo utilizzo perché si tratta del combustibile ideale: in natura è ovunque, porta una grande quantità di energia e ha come scarto soltanto acqua, quindi non inquina.
Tutto semplice e perfetto? Assolutamente no. Perché l’idrogeno è anche ricco di paradossi.
Una miniera invisibile
Il primo riguarda la sua stessa natura: l’idrogeno è il primo elemento chimico, il più leggero e abbondante, presente nel 90% degli atomi dell’universo. Tra i combustibili convenzionali è quello con il massimo contenuto di energia per unità di peso, tre volte superiore a quello della benzina.
Ma l’idrogeno è anche il propellente di cui si alimentano le reazioni di fusione nucleare con cui bruciano le stelle.
Sulla Terra si trova allo stato gassoso, ne siamo circondati, ma non lo notiamo perché a pressione atmosferica e temperatura ambiente è un gas incolore, insapore e inodore.
Ma non si trova allo stato puro, soltanto nelle molecole combinato con altri elementi chimici. Non ne esistono “miniere” e per ottenerlo, quindi per utilizzarlo come vettore energetico, è necessario separarlo dagli altri atomi, con processi che richiedono un alto consumo di energia.
L’energia da dove arriva?
Proprio questo è il nodo fondamentale. Dato che non si trova da solo in natura e per produrlo è necessario un contributo di un altro tipo di energia, soltanto il cosiddetto “idrogeno verde”, ottenuto separandolo dall’acqua con un processo di elettrolisi alimentato da energia rinnovabile, è davvero a impatto zero.
Un procedimento che, secondo le ultime stime, sta dietro solo al 5% dell’idrogeno prodotto nel mondo.
Nel restante 95% vengono utilizzate fonti fossili, quindi inquinanti, con l’effetto di ottenere il gas che alimenta l’energia più pulita attraverso un processo con pesanti impatti ambientali.
Attenzione ai colori
È dunque raro, almeno al momento, trovare idrogeno verde.
Proprio i colori definiscono bene l’impronta ambientale della sua produzione.
L’idrogeno nero è ricavando usando energia che arriva da una tradizionale centrale elettrica a gasolio o a carbone, quello viola con il nucleare. In Europa soltanto la Francia produce idrogeno viola, mentre Germania e Regno Unito, che pure hanno centrali nucleari, preferiscono l’idrogeno verde.
L’idrogeno è detto grigio quando viene prodotto attraverso una combinazione chimica con il gas metano. L’idrogeno blu prevede lo stesso sistema, solo che le emissioni vengono catturate e depositate sotto terra, in modo da non disperderle nell’atmosfera, una pratica ambientalmente sostenibile, ma difficilmente applicabile, specialmente in Italia.
L’impatto nascosto
C’è poi da considerare l’inquinamento “nascosto” anche dietro l’idrogeno verde: la realizzazione dell’elettrolizzatore indispensabile per effettuare l’elettrolisi, ad esempio, ha ovviamente degli impatti ambientali, così come le fuell cell indispensabili per alimentare i motori elettrici di auto, camion e treni che possono sfruttare l’energia generata dall’idrogeno stesso.
La sfida è proprio questa: rendere completamente sostenibili, ma anche più rapidi ed economici, la produzione e l’utilizzo del “carburante” più green e abbondante che si trova in natura, ma che oggi è ancora il più difficile da sfruttare.
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