Mari ed oceani in pericolo, ecco i 15 problemi più urgenti per gli esperti
11 Luglio 2022 11:00
Il problema più pressante oggi è la siccità. Ne sentiamo parlare nei notiziari ogni giorno, e ancora di più vediamo con i nostri occhi ciò che la mancanza di piogge ed il caldo stanno facendo ai campi ed ai fiumi: il Po a Piacenza ha raggiunto livelli bassissimi, come non se ne vedevano da decenni.
Ma che succede dall’altro lato della medaglia? Perché se nei fiumi l’acqua scende, al contrario continua a salire nel mare e negli oceani, tanto in pericolo quanto i primi a causa del cambiamento climatico.
Non è solo l’innalzamento delle acque salate che preoccupa, ma il mantenimento stesso degli habitat marini e oceanici: se infatti la tropicalizzazione influisce in maniera decisiva in questa mutazione, l’inquinamento ha forse colpe ancora maggiori.
È questo il focus di uno studio che ha coinvolto 30 esperti di ambienti marini provenienti da 11 Paesi, pubblicato sulla prestigiosa rivista “Nature Ecology & Evolution”, e che ha sintetizzato i 15 maggiori problemi che minacciato gli ecosistemi abissali. Attenzione, non gli unici: il gruppo di scienziati infatti si è concentrato solo sulle minacce “a breve termine”, a cui è necessario prestare immediata attenzione.
Per una maggiore chiarezza i problemi sono stati suddivisi in 3 temi: “impatto sugli ecosistemi”, “sfruttamento delle risorse” e “nuove tecnologie”.
Tra i problemi più pressanti e ai quali si pensa meno quando si parla di mari e oceani c’è l’estrazione di litio dai fondali: questo elemento infatti, fondamentale e ricercatissimo per la costruzione delle batterie di veicoli elettrici, per esempio, si trova in abbondanza in particolari ambienti sottomarini chiamati anche “piscine salate”. Zone peculiari, con ecosistemi unici e non replicabili, e nelle quali l’intervento dell’uomo crea scompensi irrecuperabili.
La pesca, e ancora di più l’allevamento di pesce destinato all’alimentazione umana, sono altri argomenti rispetto ai quali è necessario approfondire: l’utilizzo di mangimi specifici per questi pesci potrebbe anche nuocere alle specie “abissali”, o comunque non utilizzate dall’uomo, che si trovano tra 200 e 1.000 metri di profondità.
Anche le azioni che noi reputiamo “ecosostenibili” però possono avere cattive conseguenze: i nuovi materiali biodegradabili infatti, sui quali oggi si punta per ridurre l’inquinamento da rifiuti, potrebbero non essere così benefici per le specie animali e vegetali che vivono in queste acque, risultando tossici. Commenta a tal proposito James Herbert-Read del Dipartimento di Zoologia dell’Università di Cambridge: «I governi stanno spingendo per l’uso di materiali biodegradabili, ma non sappiamo quale impatto potrebbero avere questi materiali sulla vita oceanica». Ciò non significa che sia necessario smettere di investire in tal senso, ma piuttosto considerare più aspetti nelle fasi di ricerca.
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