Microchip di Taiwan come
il gas russo: i venti di guerra cinesi spaventano la Ue
22 Ottobre 2022 14:00
L’Unione europea deve prendere in considerazione lo scenario di un attacco cinese a Taiwan e comprendere quali sarebbero le relative conseguenze al suo sistema economico. È la posizione emersa dai lavori del Consiglio Europeo, dove si è tenuta una più ampia “discussione strategica” sulle relazioni con Pechino.
“L’Ue in quel caso non potrebbe stare a a guardare e le conseguenze sarebbero pesanti: basta pensare che il 98% dei nostri chip viene da Taiwan: occorre, quindi, lavorare per ridurre da subito le dipendenze nei settori critici per non trovarsi spiazzati e in seria come accaduto con il gas russo”, la posizione comune.
La a mappa dei principali produttori di semiconduttori nel mondo vede primeggiare Cina e Taiwan, ma Usa e Ue inseguono da lontano, ma con diversi piani di investimento. In Oriente corrono anche Corea del Sud e Giappone.
Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, si è richiamato alla strategia Ue che prevede il raddoppio della quota di mercato entro il 2030 e 43 miliardi di euro in investimenti pubblici e privati nella catena di approvvigionamento dei semiconduttori: “Il dibattito sulla Cina si è ricollegato al tema dell’indipendenza tecnologica, l’European Chips Act servirà a proiettarci nel futuro della tecnologia”.
Il punto nevralgico del confronto tra i leader Ue sulla Cina ha riguardato il rapporto di dipendenza che al momento il continente europeo rischia di correre sul piano dello sviluppo delle tecnologie e dell’approvvigionamento delle materie prime critiche. “Dobbiamo ricordarci la lezione appresa con la dipendenza energetica dalla Russia”, ha avvertito la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, parlando con la stampa al termine del vertice e richiamandosi all’allarme già lanciato al Tallinn Digital Forum dello scorso 10 ottobre.
Tutti i Paesi membri dell’Unione devono “diversificare le forniture materie prime, facendo affidamento su partner affidabili”, mentre è compito di Bruxelles sviluppare legislazioni e strategie comunitarie: “È per questo che abbiamo presentato l’European Chips Act e faremo lo stesso con l’Atto sulle materie prime critiche”, ha assicurato von der Leyen.
Per Bruxelles il rischio riguarda strettamente le transizioni digitale e verde, con un impatto diretto sul Green Deal Europeo: tutte le infrastrutture per le rinnovabili hanno bisogno di materie prime critiche e terre rare, e si prevede un aumento della richiesta in Europa di cinque volte entro la fine del decennio. La Cina “domina il mercato” e per la presidente della Commissione la ricetta per “non commettere gli stessi errori energetici con la Russia” è quella di “sviluppare partenariati sugli scambi di materie prime con altri partner affidabili”, dall’Africa all’America Latina e il resto dell’Asia.
La necessità di “riequilibrare i rapporti” con la Cina passa anche dallo sviluppo di una maggiore consapevolezza dell’Unione sulle priorità nei confronti dei partner: “Dobbiamo interfacciarci con la Cina sui temi globali, a partire dal cambiamento climatico”, ha messo in chiaro Michel, chiedendo ai Ventisette di “parlare in modo chiaro, il dibattito di questa mattina è voluto andare oltre l’ingenuità, utilizzando una logica di confronto sistematico” con Pechino.
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