In mezzo al blu, ma poco green: continua a crescere l’inquinamento delle navi
04 Dicembre 2022 14:00
Le Nazioni Unite spingono il settore dei trasporti marittimi ad accelerare sulla transizione energetica, invece di moltiplicare le emissioni di gas serra.
Secondo la Conferenza Onu sul Commercio e lo Sviluppo, le navi trasportano oltre l’80% delle merci a livello globale. Le emissioni totali di carbonio della flotta marittima mondiale, però, sono aumentate del 4,7% tra il 2020 e il 2021, un dato che “sta andando nella direzione sbagliata”, avverte la Segretaria Generale dell’Unctad, Rebeca Grynspan, durante presentazione del rapporto annuale.
Con un’età media attuale di quasi 22 anni, “siamo anche preoccupati per l’invecchiamento delle navi che inquinano di più”, ha aggiunto l’ex vicepresidente del Costa Rica.
L’Unctad invita il settore a investire di più in miglioramenti tecnici e operativi per ridurre l’impronta di carbonio. Si dovrà quindi necessariamente passare a combustibili alternativi, a basso contenuto di carbonio o privi di carbonio, l’utilizzo di fonti di elettricità da terra nei porti e l’equipaggiamento delle navi con tecnologie ad alta efficienza energetica.
Ma gli investimenti in nuove navi che riducono le emissioni saranno probabilmente ostacolati dall’impennata dei tassi d’interesse, dal peggioramento delle prospettive economiche e dall’incertezza normativa, avverte l’agenzia Onu.
Il rapporto chiede quindi un quadro normativo globale prevedibile per gli investimenti nella decarbonizzazione e un maggiore sostegno ai Paesi in via di sviluppo nella transizione energetica.
Inoltre, sottolinea l’urgente necessità di adattare i porti agli effetti del cambiamento climatico, in particolare nelle nazioni più vulnerabili.
In futuro, per rimanere competitivi, i porti dovranno essere in grado di soddisfare le richieste di navi più ecologiche, compresa la fornitura di energia più pulita e di servizi di manutenzione adeguati.
“Se i porti non sono pronti a mantenere queste navi in base alle nuove norme, ci rimetteranno”, spiega Shamika Sirimanne, direttrice della divisione tecnologia e logistica dell’Unctad.
Il commercio marittimo internazionale ha registrato una significativa ripresa nel 2021, con una crescita stimata del 3,2%, dopo un calo del 3,8% nel 2020, secondo il rapporto.
“Nel 2022, questa ripresa ha perso slancio”, osserva Sirimanne, soprattutto a causa del rallentamento economico globale, delle nuove ondate di Covid che hanno portato alla chiusura di fabbriche in Cina e delle tensioni geopolitiche globali.
Per quest’anno si prevede una crescita moderata, dell’1,4%. Per il periodo 2023-2027, il commercio marittimo mondiale dovrebbe crescere a un tasso annuo del 2,1%, un ritmo più lento rispetto alla media dei tre decenni precedenti (3,3%).
“Negli ultimi due anni, il settore marittimo ha subito enormi disagi. La crisi del 19, la guerra in Ucraina, i cambiamenti climatici e la geopolitica hanno portato alla chiusura di porti e rotte di navigazione e hanno fatto salire i prezzi”, ha dichiarato Grynspan.
Secondo Sirimanne, i noli dovrebbero rimanere al di sopra delle medie pre-pandemia ed essere più volatili a causa dei costi della decarbonizzazione e del consolidamento del settore.
Di fronte a questo forte consolidamento – a livello orizzontale attraverso fusioni e acquisizioni e a livello verticale attraverso investimenti in operazioni di terminal e altri servizi logistici – l’Unctad chiede di salvaguardare la concorrenza, soprattutto per frenare l’aumento delle tariffe e dei prezzi per i consumatori.
Negli ultimi cinque anni, i quattro maggiori vettori hanno aumentato la loro quota di mercato, arrivando a controllare più della metà della capacità globale, rivela il rapporto.
Il sovradimensionamento delle navi, legato al consolidamento del settore, preoccupa anche l’Unctad, che teme che i piccoli porti, soprattutto nei Paesi poveri e insulari, non siano più in grado di accoglierle.
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