Sicura, stabile e green: ecco perché la fusione nucleare
è molto meglio della fissione
14 Dicembre 2022 14:00
Una fonte di energia pulita e potenzialmente illimitata: è questo il sogno della fusione nucleare, ossia la produzione di energia che imita le reazioni che avvengono nel cuore delle stelle. Un passo in avanti storico è stato fatto negli Stati Uniti, come annunciato ieri dal governo americano.
Quello presentato è un processo molto diverso rispetto alla fissione nucleare, che produce energia sfruttando il fenomeno della scissione degli atomi.
Attualmente, le centrali che producono energia nucleare funzionano con la fissione, un processo di disintegrazione durante il quale nuclei pesanti, come quelli dell’uranio o del torio, se opportunamente bombardati con neutroni, si dividono in due frammenti, entrambi di carica positiva, che si respingono con violenza allontanandosi con elevata
energia cinetica. Con la fissione si liberano anche neutroni che possono a loro volta indurre altre fissioni innescando una reazione a catena che, in un reattore, permette di mantenerlo in funzione producendo energia in modo continuo e costante.
Nelle centrali nucleari il calore sviluppato dalle reazioni di fissione permette di scaldare l’acqua fino a produrre vapore. A questo punto, come nelle centrali termoelettriche a combustibile fossile, l’energia liberata sotto forma di calore viene trasformata prima in energia meccanica e poi in energia elettrica. La fissione di un grammo di uranio produce un quantitativo di energia pari a quella ottenibile dalla combustione di circa 2.800 chili di carbone senza la produzione di gas serra caratteristica dei combustibili fossili.
La fusione è invece la reazione nucleare che avviene nel sole e nelle altre stelle, in grado di produrre enormi quantità di energia.
I due nuclei di elementi leggeri, come deuterio e trizio, a temperature e pressioni elevate, fondono formando nuclei di elementi più pesanti come l’elio.
I due nuclei possono fondersi solo a distanze molto brevi ed è necessario che la velocità con cui si urtano sia molto alta: la loro energia cinetica (e quindi la temperatura) deve essere molto elevata.
Per ottenere in laboratorio reazioni di fusione è necessario portare una miscela di deuterio e trizio a temperature elevatissime (100 milioni di gradi) per tempi sufficientemente lunghi.
A temperature molto alte le singole particelle di un gas tendono a dissociarsi negli elementi costitutivi (ioni ed elettroni) e il gas si trasforma in una miscela di particelle cariche, cioè un plasma che è il principale costituente delle stelle e del sole.
Nel sole, che ha una temperatura interna di 14 milioni di gradi, la reazione di fusione di nuclei di idrogeno (reazione protone-protone) è responsabile di gran parte dell’energia che giunge fino a noi sotto forma di calore e di luce.
Per ottenere la reazione di fusione, il plasma di idrogeno deve esser confinato in uno spazio limitato: nel sole questo si verifica ad opera delle enormi forze gravitazionali in gioco.
Per ottenere in laboratorio la fusione controllata, con un bilancio energetico positivo, è necessario riscaldare un plasma di deuterio-trizio a temperature molto più alte (100 milioni di gradi), mantenendolo confinato in uno spazio limitato per un tempo sufficiente a che l’energia liberata dalle reazioni di fusione possa compensare sia le perdite, sia l’energia usata per produrlo.
Ciò può produrre un’enorme quantità di energia e nello stesso tempo dare origine a un atomo molto stabile. Nel caso di un incidente, infatti, il reattore si spegnerebbe spontaneamente. Non solo: la fusione può essere considerata green, perché ha bisogno di acqua come materia prima, non produce scorie né gas serra.
A temperature così elevate il problema diventa come confinare il plasma: non esistendo in natura recipienti che possano resistere in queste condizioni si deve ricorrere al confinamento magnetico. Le particelle sono costrette a seguire traiettorie a spirale intorno alle linee di forza del campo mantenendosi lontano dalle pareti del recipiente: il plasma caldo è racchiuso in una camera a vuoto, e una opportuna configurazione di campi magnetici esterni e/o prodotti da correnti circolanti nel plasma impedisce il contatto con le pareti.
La roadmap europea verso l’elettricità da fusione prevede per la seconda metà del secolo la realizzazione del primo reattore che immetta energia elettrica nella rete.
Fusione nucleare, la prima stella “accesa” 10 mesi fa
Si è accesa dieci mesi fa la prima stella artificiale generata in laboratorio da un esperimento di fusione nucleare. A ottenere quella scintilla era stato il reattore sperimentale europeo Jet (Joint European Torus), in Gran Bretagna, che aveva prodotto una quantità di energia pari a 59 megajoule per cinque secondi, l’equivalente di 11 megawatt. Era stato un risultato straordinario, considerando che fino a quel momento la produzione di energia da fusione nucleare era durata appena poche frazioni di secondo. Quel risultato aveva acceso l’ottimismo in tutto il mondo perché riuscire a mantenere la fusione per cinque secondi significava poterla mantenere per tempi più lunghi: “Per cinque minuti e poi per cinque ore”, aveva dichiarato entusiasta Tony Donnè, responsabile del programma europeo sulla fusione nucleare Eurofusion, del quale fa parte anche il reattore Jet. L’energia ottenuta da Jet nel febbraio 2022 è stata doppia rispetto a quella che era stata ottenuta dallo stesso reattore 25 anni prima. Da allora quella macchina pionieristica è stata modificata in modo da renderla più simile al reattore sperimentale Iter, frutto di un gigantesco sforzo internazionale e in via di costruzione nel Sud della Francia, a Cadarache. Per questo la piccola stella accesa con Jet può essere considerata una sorta di prova generale di quanto potrà accadere con Iter. Per esempio, fra il 2009 e il 2011 il vecchio rivestimento in carbonio della “ciambella” nella quale deve scorrere il plasma era stato sostituito con lo stesso materiale utilizzato in Iter, ossia una miscela di berillio e tungsteno molto resistente alle altissime temperature che vengono raggiunte dal plasma.
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