Lo stop a benzina e diesel potrebbe aprire un buco da 30 miliardi nelle casse statali
17 Febbraio 2023 05:00
Rinunciare alle auto o ai mezzi pesanti endotermici a partire dal 2035 equivale per l’Italia a rinunciare a introiti per circa 25-30 miliardi.
È la cifra che generano le imposte sui carburanti ogni anno nel nostro Paese.
Un numero che rappresenta, di fatto, il valore di una legge di Bilancio.
Già la Norvegia, un paio di anni fa, aveva denunciato un buco di 2 miliardi nelle entrate, dopo il boom di immatricolazioni di veicoli elettrici.
Per il ministero di Via XX settembre, con il voto del Parlamento europeo che mette al bando i veicoli cosiddetti inquinanti entro il 2035, il buco potrebbe diventare una voragine.
A gennaio 2023 – secondo la rilevazione di Unem – con 0,728 euro al litro, la Penisola ha l’aliquota più alta sia sulla benzina sia sul gasolio, che è di 0,617 euro/litro.
La media europea invece si attesta a 0,603 sulla benzina e a 0,479 sul diesel.
Alle accise va poi aggiunta l’Iva.
E così il divario si allarga, come calcola la Figisc-Confcommercio.
Dal gennaio 2011 al mese scorso lo stacco, cioè la differenza, con la Ue per la benzina è passata da +0,096 a +0,224 euro/litro per il prezzo al consumo, da +0,050 a +0,242 euro/litro per le imposte, mentre è scesa da +0,046 a -0,018 euro/litro per il prezzo industriale.
Per quanto riguarda invece il gasolio, dal gennaio 2011 al gennaio 2023 lo stacco con la media dell’Unione è salita da +0,066 a +0,178 euro/litro per il prezzo al consumo, da +0,030 a +0,238 euro/litro per le imposte, nonostante la differenza sia scesa da +0,036 a -0,060 euro/litro per il prezzo industriale.
La voragine per il ministero dell’Economia sarà ancora più grande perché al mancato gettito si aggiungono gli incentivi pubblici per l’acquisto di mezzi elettrici.
A fine ottobre scorso è arrivato il decreto dell’allora ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, ora al Mef: in tutto si tratta di quasi 2 miliardi in tre anni, risorse che fanno parte del Fondo Automotive che ha una dotazione finanziaria complessiva di 8,7 miliardi fino al 2030 per dare un sostegno alla filiera nella transizione verso l’elettrico.
“Il buco inevitabile sui conti pubblici è paragonabile ai danni sociali provocati però dall’inquinamento dei mezzi endotermici, in particolare da quelli vecchi”, sostiene Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima). “L’agenzia Europea per l’Ambiente stima 593.700 anni di vita persi ogni anno solo in Italia a causa delle polveri sottili Pm2.5 a cui se ne aggiungono altri 200.700 dovuti agli ossidi di azoto, con un impatto in termini di costi per anni di vita persi ogni anno nel nostro Paese compreso tra i 24 ed i 34 miliardi di euro”, aggiunge.Un veicolo su 4 in Italia ha oltre 15 anni d’età e il parco auto nazionale continua ad invecchiare passando da 34,3 milioni di veicoli del 2009 con età media di 7,9 anni ai 38,8 milioni di veicoli del 2021 che arrivano ad una età media di quasi 12 anni.
Le auto ibride ed elettriche rappresentino soltanto il 2,9% del totale, quelle solo elettriche si fermano addirittura allo 0,3%.
Miani tuttavia afferma che “il settore dei trasporti privati incide solo per il 23% sull’inquinamento atmosferico”, per cui “non è sufficiente intervenire solo sul mercato delle auto, perché per combattere efficacemente l’inquinamento e tutelare la salute dei cittadini occorre operare sinergicamente su più fronti”, conclude il presidente di Sima.
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