Più rinnovabili e meno Cina: l’Unione europea vara il piano per l’industria green
18 Marzo 2023 05:00
Un’Europa Clean Tech e più slegata dalla Cina: in un corposo pacchetto di proposte legislative l’Ue ridisegna ancora una volta se stessa e rilancia, in chiave tutta industriale, il concetto di Green Deal.
Il Net-Zero Industry Act e il Raw Materials Act si presentano come due piani complementari che puntano, da un lato alla produzione di tecnologie pulite e, dall’altro ad evitare, sulle materie prime strategiche cinesi, gli stessi errori fatti sul gas russo.
Il Net Zero Act sarà oggetto di discussione al summit dei leader della prossima settimana. Ed è tutt’altro che scontato che sia ben accolto da tutti. L’inclusione del nucleare o meno tra le tecnologie strategiche, ad esempio, ha già diviso, e a lungo, la Commissione. Che alla fine è giunta ad un compromesso: il nucleare è rimasto fuori dalle tecnologie strategiche ma, quello di quarta generazione che produce scarti minimi, è rientrato nel piano come oggetto di sostegni mirati. Il macro-obiettivo del Net-Zero Act è produrre “in-house” entro il 2030 almeno il 40% della tecnologia pulita necessaria alla svolta verde.
A questo fine l’Ue è pronta ad una serie di agevolazioni per tutti quei progetti che includano, innanzitutto, 8 tecnologie definite strategiche: dall’eolico al fotovoltaico, dal biogas all’elettrico. Permessi più facili, agevolazioni fiscali, sandbox regolamentari dove testare le nuove tecnologie in ambienti ad hoc sono tra i principali strumenti che Bruxelles metterà a disposizione. Il testo, tuttavia, mantiene una certa vaghezza sullo strumento numero uno: i finanziamenti. Certo, c’è il nuovo regime temporaneo di aiuti di Stato varato proprio con gli stessi obiettivi.
C’è la banca dell’idrogeno, lanciata assieme al piano. E ci sono i programmi europei già in funzione, dal Recovery a InvestEu fino al Fondo Innovazione. Ma non basta. Lo sostengono gli industriali europei. Presto, potrebbero sostenerlo anche diverse capitali dell’Unione, Roma inclusa.
Tutte aggrappate ad una frase contenuta nel piano: “Una risposta più strutturale alle esigenze di investimento sarà fornita dal Fondo europeo di sovranità”.
Il Raw Material Act ha, invece, per oggetto un elenco di materie prime critiche la cui domanda è in costante crescita ma che, in futuro, potrebbero scarseggiare. Nichel, tungsteno, magnesio, elementi delle terre rare, litio sono solo alcuni esempi. Il piano è che, entro il 2030 l’Ue non usi oltre il 65% di materie critiche provenienti da un singolo Paese terzo. E, sebbene non sia scritto, si tratta della Cina.
Tra gli obiettivi c’è anche quello di estrarre in Ue, entro lo stesso anno, almeno il 10% delle materie critiche utilizzate. “Oggi finisce l’ingenuità e si passa all’azione”, ha scandito il commissario al Mercato Interno Thierry Breton presentandosi ai cronisti con Frans Timmermans. E il vice presidente dell’esecutivo Ue si è anche soffermato sull’attacco alla direttiva sulle case green arrivato da Giorgia Meloni. “Ho letto sulla stampa italiana cose sbagliate, c’è bisogno di spiegare. E’ nell’interesse di Roma andare avanti”, ha sottolineato Timmermans dicendosi inoltre fiducioso in un accordo con la Germania per sbloccare l’altro dossier incandescente di questi giorni, lo stop alle auto a benzina e diesel dal 2035.
Ma le parole dell’olandese hanno subito innescato la brusca reazione di Fdi e Lega. “Abbiamo le idee molto chiare. Timmermans confonde la realtà con i suoi desideri, si rassegni e si goda gli ultimi mesi da commissario”, è stata la loro replica. E la sensazione è che il botta e risposta sia tutt’altro che finito.
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